Del: 2 Gennaio 2008 Di: Redazione Commenti: 0

La location non poteva essere diversa. Piccolo palco, tetto basso, dietro le quinte fumoso. I Marta Sui Tubi, band indipendente allergica ad ogni classificazione, sono una piccola pietra preziosa densa di fascino. La Casa 139 di Via Ripamonti ha ospitato per diverse notti le scorribande del trio siciliano, ma questa volta tocca solo al chitarrista Carmelo Pipitone accompagnare le melodie di un altro performer indipendente, il cantautore Moltheni. A metà fra il pubblico e il bancone del bar la voce dei Marta, Giovanni Gulino, ha ascoltato bevendo. E’ molto diverso il sound di Moltheni rispetto a quello dei Marta Sui Tubi. “Certamente – dice Carmelo – suonare con lui è decisamente meno impegnativo. Si tratta di stili completamente diversi.”
E difatti l’energia degli MST emerge da ogni nota. L’ultimo album, “C’è gente che deve dormire”, sprigiona intensità anche dai brani apparentemente meno lambiccati. Il virtuosismo di chitarra e lingua sembra essere il filo rosso della produzione della band, nata e cresciuta nell’entroterra siculo, in seguito forgiatasi fra Bologna e Milano.
La vena ironica e scapestrata dei testi non è artefatta, e l’intervista, che procede fra tante freddure e qualche nonsense, lo dimostra.
All’appello manca il batterista Ivan Paolini. Dove l’avete lasciato?
“Non sappiamo. Forse dorme oppure è morto. Di solito resuscita come Nosferatu, però ultimamente non era messo bene. Un po’ troppo pallido. Magari fra due o tre mesi saremo costretti a cambiare batterista.”
Allora sbrigatevi a pubblicare un nuovo album!
“In effetti è nei programmi. Ci stiamo già lavorando”.
Come nasce un vostro brano?
“Per organizzazione aziendale – spiega Giovanni – io ho l’appalto dei testi e Carmelo della musica. Tuttavia, periodicamente, qualcosa si può accavallare. Si, ogni tanto ci accavalliamo…metaforicamente parlando. Prima viene fuori un giro di chitarra, poi io scrivo le parole con molta fatica e sofferenza. A volte possono passare anni prima che un brano venga ultimato”.
“E infatti – interviene Carmelo – il nostro primo album Muscoli e Dei è stato scritto nel ‘75”.
È terminato un 2007 intenso per i MST, caratterizzato da esibizioni in giro per l’Italia. Le prossime tappe del trio marsalese saranno Festivalbar e San Remo?
“Abbiamo fatto tanti festival suonando pure sopra un bar. Vale lo stesso? Per quanto riguarda San Remo il problema è che non siamo cattolici. Però tentiamo quotidianamente di avvicinarci alla dottrina.”
Nonostante molti vi definiscano ancora gruppo “emergente” voi suonate da un bel po’ insieme…
“Infatti “emergente” è un termine del cazzo! In Italia ti definiscono così solo perché non entri in classifica, ma ciò non significa che non suoni da tanto tempo. Del resto, si sa, questo è un Paese provinciale. Al massimo siamo emergenti perché stiamo ancora a galla!”
Cosa pensate quando notate che il main stream discografico è zeppo di musica molto discutibile?
“In realtà credo sia giusto che ognuno sfrutti i propri contatti. Del resto la qualità non è oggettiva e il giudizio finale spetta sempre al pubblico – intanto Carmelo si è allontanato accendendo quella che, in apparenza, sembra essere una lunga sigaretta – Oggi la scena italiana è piena di buona musica, basta saperla cercare. E’ sufficiente citare Cesare Basile, Paolo Benvegnù, Teatro Degli Orrori, Disco Drive. L’essere o meno indipendente ha, in fondo, poco significato. L’importante è fare della musica che piaccia. Noi ascoltiamo anche autori del main stream: apprezziamo brani dei Black Eyed Pease o di Fabri Fibra.”
L’anno scorso vi siete esibiti in condizioni molto singolari: dentro un igloo, in montagna, a migliaia di metri d’altezza. Come è nata l’idea?
“L’idea è della nostra agenzia di promozione. Si trattava di una vera e propria gabbia di ghiaccio ed è stato molto difficile suonare. Tuttavia, ci siamo divertiti parecchio. Inoltre, il concerto sul ghiaccio sarà documentato nel nostro ultimo DVD, prossimo all’uscita nei negozi. Una parte verrà dedicata ai live del tour, un’altra ai video delle canzoni ed una proprio all’esibizione sulla neve. Ed in più sarà Tamburi Usati, la nuova casa discografica fondata direttamente da noi, a pubblicare il DVD”.
L’originalità è un vostro marchio di fabbrica. I testi, molto particolari, delle canzoni spesso resistono anche oltre la musica. Giovanni, ti verrà mai in mente di pubblicare un libro?
“In effetti io ho sempre scritto. Molte cose che penso non diventano canzoni e restano chiuse nel cassetto. Tuttavia non le apprezzo molto, anche perché sono decisamente critico rispetto a quello che faccio. Chissà, magari un giorno… Del resto, per quanto scrivere abbia sempre fatto parte delle mie fantasie, ora mi sento decisamente più musicista che scrittore.
Ultima domanda di banalissimo taglio: cosa consigliereste ad un giovane che nella vita intende fare il musicista?
“Deve solo comporre belle canzoni. L’ultima parola spetta al pubblico. E’ necessario chiedersi sempre: la gente ha bisogno di quello che sto facendo? Sono sufficientemente originale? E’ troppo facile innamorarsi delle cose che si fanno, ma a quel punto si tratta di una sorta di masturbazione. Bisogna produrre delle idee che diventino di tutti. Questo è il senso dell’artista.
Gregorio Romeo
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