
Dopo anni di costante monitoraggio delle acque del Lambro, per la prima volta nel 2007 si è registrato un significativo calo dell’inquinamento. In nessuna delle stazioni si raggiunge più il livello 5, il più grave, per cui fino a qualche anno fa il Lambro era considerato un fiume morto, per l’assenza di “ampie porzioni delle comunità biologiche normalmente associate al fiume in condizioni inalterate”.
É quanto emerge dagli ultimi dati forniti da ARPA Lombardia, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che monitora l’inquinamento delle acque lombarde servendosi di parametri chimici e biologici. I risultati più critici (livello 4, scadente) si registrano nelle stazioni più urbanizzate, in primo luogo la provincia di Milano, dove però il funzionamento dei depuratori in città e i controlli sugli scarichi effettuati dalle autorità producono i primi benefici.
E anche alla foce la situazione è migliorata: per la prima volta l’ IBE (Indice Biotico Esteso, che misura la qualità biologica dell’acqua) raggiunge il livello 3, sufficiente, nell’ultima stazione a Orio Litta. Ma ancora oggi qui il corso del fiume è un serpentone molto scuro che si infila nelle acque più chiare e scorrevoli del Po, tanto che è visibile una riga nera di demarcazione, quasi che il Po tentasse di arginare il torbido proveniente dal Lambro. Alcuni pescatori raccontano di pesci macchiati, oppure ricoperti di funghi. Il letto del fiume è intriso di plastiche sfilacciate.
Dal 2005 intanto, quando sono entrati in funzione i depuratori di Milano (Nosedo, San Rocco e Peschiera Borromeo), tutte le acque della città vengono finalmente scaricate in fiume regolarmente, dopo che per trenta anni (nel 1976 la legge Merli stabilì che ogni città dovesse dotarsi di depuratore) nessun progetto elaborato dalle varie Giunte milanesi è stato mai realizzato, mentre i nostri scarichi casalinghi inquinavano le acque del Lambro fino a compromettere oggi l’integrità del fondo.
Arriva il censimento.
Entro pochi anni sarà realizzato, anche per il Lambro, il censimento di tutti gli scarichi in fiume. Lo conferma Mario Clerici, dirigente della Regione Lombardia e promotore del Contratto di Fiume Lambro, “uno strumento che permetterà ai Comuni che aderiranno di superare la frammentazione delle politiche ambientali attraverso la nozione di bacino del fiume, che comprende tutti i territori litorali”. Il censimento favorirà il perseguimento dei comportamenti illeciti. Per legge infatti le Province rilasciano l’autorizzazione a scaricare in fiume solo entro certi limiti quantitativi, che sono più incisivi per le sostanze pericolose. Ma spesso i controlli sono molto difficili, ammette il Commissario di polizia provinciale Gennaro Caravella, che opera nel territorio di Monza: “in un caso, dopo un controllo risultato negativo, ci siamo resi conto solo successivamente che in realtà l’industria aveva differenziato gli scarichi, per cui sotto un condotto sano, a qualche metro di profondità, era installato un altro condotto che raccoglieva le sostanze più inquinanti oltre i limiti consentiti”. Evidentemente costa di meno nascondere un condotto abusivo che smaltire lecitamente le sostanze inquinanti in eccesso. Mentre “in altri casi è bastato diluire gli scarichi. In questo modo i limiti venivano rispettati”. Spesso la presenza di scarichi anomali è rivelata anche da indizi posteriori, come accade d’estate, quando le morie di pesci sono più frequenti: “capita d’estate che, quando il letto del fiume è quasi secco e arriva una piena improvvisa, si verificano vaste morie di pesci. Dalle analisi successive emerge allora che si tratta di ipossia dovuta all’eccessiva presenza di saponi e detergenti industriali”.
Il Contratto di Fiume dovrà servire anche a prevenire i disastri naturali. Per limitare i danni provocati dalle piene “occorre coordinare gli interventi oltre i confini comunali perchè spesso un’ esondazione a valle può essere contrastata costruendo un’opera idraulica a monte. E bisognerà incidere sulle politiche di sviluppo perchè non si può riversare acqua nei fiumi dagli scarichi e intanto restringere gli argini”. A distanza di sei anni dall’alluvione di Monza che causò l’esondazione del Lambro in città, i ricordi dei cumuli di fango e di rifiuti solidi riversati per le strade convinceranno i Comuni del Lambro ad aderire?
Una superficie interessata di 50000 mq, 170000 tonnellate di rifiuti e altrettanti di terreni contaminati. Per Studio Tedesi, che sta curando la bonifica del sito,”il costo delle operazioni è stato valutato in 150 milioni di euro. Una cifra che rende la bonifica di Cerro la più importante in assoluto in tutto il panorama nazionale”.
Quando nel lontano 1962 iniziò lo smaltimento illecito di melme acide, lo scenario del Lambro, in quel tratto di Cerro al Lambro, a sud di Milano, era diverso: le melme depositate sulla sponda destra nel tempo hanno deviato il corso del fiume, creando un’ansa maggiore a sinistra di circa 50 metri.
Dal lato opposto del fiume, nel territorio di San Zenone, sono visibili i cantieri che si spingono fin dentro le acque attraverso scavi artificiali. Gli abitanti della comunità che sorge proprio di fronte a Cascina Gazzera confermano che fino a qualche mese il traffico di ruspe era intenso e frequente, mentre ora sembra tutto fermo.
Il Lambro si posiziona nel 2007 al quarto livello. Scadente.
Ratti, sporco e cattivi odori: sono termini che ricorrono descrivendo il polmone verde della zona 3 a est di Milano. Quando si parla del Parco Lambro i commenti non sono mai dei più positivi. Il fiume viene ormai esplicitamente definito una “fogna a cielo aperto” e la colpa non è solo dei rifiuti scaricati nelle acque o degli insufficienti interventi dell’AMSA, ma anche dell’inciviltà di chi lo frequenta: durante i fine settimana si assiste all’occupazione di chi allestisce grigliate e bivacca lasciando una gran quantità di rifiuti. A partire dagli anni ’60 il Lambro ha subito una trasformazione continua. Le persone che vivono in questo quartiere, da Città Studi a Cimiano, da più di quarant’anni, ricordano bene le metamorfosi. Vulcano ha raccolto alcune testimonianze.
Ma in questo contesto il fiume non è cambiato. Avvicinandoci alle sponde ritroviamo l’inconfondibile odore di fogna, topi e sporcizia. Il Lambro resta uno dei fiumi più inquinati d’Italia. I cittadini del quartiere non ricordano, in decenni di trasformazioni “urbanistiche”, un reale intervento per migliorare lo status del fiume. Gli argini e il letto sono colmi di sostanze inquinanti, depositatesi negli anni, che non permettono il naturale sviluppo biologico. Tuttavia, il Parco Lambro non è incurabile. Impegno e senso civico sono punti di partenza essenziali per il rilancio. Un recupero necessario, per restituire un pezzo di storia milanese alla memoria dei suoi cittadini.