Del: 20 Dicembre 2011 Di: Gemma Ghiglia Commenti: 4

Quante volte vi è capitato di leggere sui giornali degli scandali di sfruttamento ad opera delle marche dei vostri prodotti preferiti? Scommetto che avete perso il conto. È un dato di fatto che il Nord del mondo prosperi speculando sul lavoro del Sud, e non è prevista un’inversione di rotta. Tuttavia è possibile fare qualcosa per combattere il lato peggiore della globalizzazione. Un modo semplice ma efficace è quello del boicottaggio: scegliete uno o due prodotti, magari di quelli presentati in classifica, e impegnatevi a non comprarli più. Boicottare tutte le aziende poco virtuose è assai improbabile, meglio allora attenersi ad una lista limitata. Sarebbe un piccolo, ma comunque significativo, atto di protesta e contributo per il cambiamento. Le multinazionali che vi proponiamo sono state scelte in base agli utili, alla diffusione sul territorio italiano e al grado di “boicottabilità”del prodotto. Buona lettura (e buona fortuna)!

10) Hennes&Mauritz (utili 1,5mld €) Tutti abbiamo comprato qualcosa da H&M almeno una volta nella vita, soprattutto per i prezzi vantaggiosi. Peccato che questi prezzi siano dovuti alle gravi condizioni di sfruttamento nelle aziende fornitrici: in Cambogia, per esempio, il salario di un operaio tessile ammonta a 37€ mensili, che non bastano per sopravvivere, figuriamoci per mantenere una famiglia. Visto il sistematico intralcio all’attività sindacale da parte dell’impresa, è poi difficilissimo dar vita a una protesta organizzata. Ma le cose non finiscono qui: alla fine del 2007, infatti, un reportage della televisione svedese accusò H&M di trarre profitto dal lavoro minorile, specialmente per la coltivazione del cotone.

9) Nike (utili 1mld €) É una delle aziende di moda più criticate al mondo, e a ragione: in media, lo stipendio di un operaio tessile (uomo, donna, bambino) di un’azienda fornitrice cinese si aggira intorno ai 17 centesimi l’ora. Secondo il rapporto We are not machines in alcune ditte appaltatrici indonesiane le donne erano costrette a spogliarsi di fronte ai medici dell’azienda per dimostrare di essere nel periodo mestruale e, se aderivano a sindacati indipendenti, correvano il rischio di essere licenziate, finire in prigione o subire violenze fisiche.

8) Siemens (utili 5,9mld €) Tra le maggiori aziende di elettronica ed elettrotecnica, si distingue per la partecipazione alla costruzione di pericolose centrali atomiche insieme al leader mondiale del nucleare Areva NP e per aver forzato ad evacuare, in Cina, 1,4 milioni di residenti in vista della costruzione della diga delle Tre Gole (la più grande centrale idroelettrica al mondo). A questo vanno aggiunti, ovviamente, i danni all’ambiente naturale che la costruzione della diga ha portato con sé.

7) Disney (utili 6,0mld €) Abbiamo imparato ad amare i personaggi Disney dall’infanzia, ci hanno fatto ridere e divertire, ma possiedono un lato oscuro: alcuni pupazzi sono prodotti in Asia in condizioni tali da farci sperare che si tratti di un film. Ma la verità è un’altra, fatta di lavoro minorile, sfruttamento, violenza fisica e molestie sessuali. Per questa volta niente lieto fine.

6) McDonald’s Corporation (utili 3,0mld €) Non so se siano peggio il lavoro minorile e le condizioni di lavoro drammatiche in Inghilterra e nelle aziende fornitrici cinesi oppure l’uso eccessivo di carne con effetti negativi dal punto di vista ecologico (vaste zone di foresta pluviale immolate per il bisogno di pascoli della multinazionale) e sociale (vengono importate, in Europa, tonnellate di mangime coltivato in Paesi dove la maggioranza della popolazione soffre la fame).

5) Procter&Gamble Company (utili 9,0mld €) Pringles, Lines, Gillette, Oil of Olaz, Pantene, Duracell, Dash, Mastro Lindo e ancora molti altri marchi appartengono a questa multinazionale colossale che può vantare tante accuse quanti prodotti. Si passa infatti dal classico sfruttamento del lavoro minorile per il reperimento di materie prime, al più originale commercio con la dittatura militare del Myanmar, passando per il solito inquinamento ambientale, con annessa distruzione dell’habitat naturale delle popolazioni indigene ad opera delle aziende fornitrici cinesi. E non manca di far testare i suoi prodotti sugli animali.

…Continua su…

http://vulcanostatale.it/2011/12/top-10-delle-multinazionali-il-peggio-del-peggio-seconda-parte/

Gemma Ghiglia

Gemma Ghiglia
Classe 1990, studentessa di Relazioni Internazionali. A metà strada fra Putin e la Rivincita delle bionde.

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