Del: 13 Settembre 2012 Di: Redazione Commenti: 0

Due uomini in giacca e cravatta si stringono la mano, uno dei due è in fiamme. L’idea di base è la condizione dell’uomo moderno incapace di aprirsi all’altro per paura di rimanerne scottato, bruciato, spianando la strada ad una serie di rapporti fondati sull’impersonalità. Sullo sfondo, gli studi della Warner Bros (dove è stato eseguito lo scatto): un non-luogo dove registi e sceneggiatori perdono la concezione della vita reale per riversarsi in una fittizia.

E’ la copertina dell’album Wish you were here, tributo all’amico ed ex componente del gruppo Syd Barrett. In realtà non esiste una dedica specifica, ma questo è un disco sull’ “assenza”, sulla condizione alienata dell’uomo nella società moderna e industriale, e per il gruppo tutto ciò significava Syd.

Siamo nel 1974 e i Pink Floyd devono confrontarsi col successo epocale di The Dark Side of the Moon. Con la fama che grava su di loro, inizia un periodo di stallo creativo che dura oltre nove mesi, dopo i quali riescono infine a registrare Wish you were here, uscito nel ‘75. Wish you were here ha una doppia faccia. Da una parte è un’opera che con le sue note malinconiche può definirsi sentimentale, dall’altra possiede la forza evocativa per urlare contro il sitsema dell’industria musicale.

L’alienazione è tema centrale in tutta la discografia dei Pink Floyd, ma qui ne troviamo una lettura in chiave esistenziale: Syd Barrett, linfa creativa dei primi Pink Floyd, sempre in anticipo sui tempi, al punto da aver creato un solco incolmabile tra sè e il reale, “è solo un pretesto, l’esempio vivente di tutti quegli estremi cui la gente è costretta ad abbandonarsi come unico modo possibile per far fronte alla maledetta alienazione provocata dalla vita contemporanea: ritirarsi completamente nel proprio guscio”. Così dichiara Roger Waters, bassista e principale lyricist della band, poco dopo la pubblicazione dell’album. Barrett, cofondatore dei Pink Floyd, li abbandonò nel ‘68 in seguito ad un crollo psicologico i cui segni erano evidenti già da tempo. Il suo abbandono è stato più che altro una scelta del gruppo, non più in grado di reggere la situazione. Sguardi vuoti, concerti in cui dopo aver scordato la chitarra Syd si ritirava in un angolo del palco, una presenza non presente negli studi di registrazione; finchè un giorno il resto della band fece cadere nel vuoto la domanda di uno di loro “Non dobbiamo passare a prendere Syd?”. Il doloroso distacco di Syd Barrett dai Pink Floyd ebbe inizio così.

L’idea di partenza di Wish you were here non era l’assenza di Syd. Egli diventa emblema dell’estraniamento dell’uomo in un mondo dominato dalla Macchina, dagli interessi. Questo concetto viene sviluppato a partire dal brano Welcome to the machine. La canzone si apre con un rumore di porte, a simboleggiare l’avanzamento del progresso, e si chiude con un brusio di folla, in un luogo dove le persone si trovano insieme senza però riuscire a comunicare realmente. Viene descritto il passaggio dall’infanzia all’età adulta, segnata dal potere della Macchina, che poi rappresenta anche il potere dei media e l’industria discografica, all’interno della quale l’artista viene immolato in nome del profitto dei manager. Il meccanismo della Macchina in azione lo si trova invece in Have a cigar, dove il protagonista è uno stereotipato boss discografico. Questo è il punto di collegamento con Syd: in Have a cigar leggiamo tutto il disprezzo dei Pink Floyd nei confronti dello show business, e in questo mondo dominato da una macchina trasportatrice, il mondo paranormale in cui l’amico si era “rifugiato” diventa quasi un simbolo di libertà, di purezza. L’uinco modo per uscirne è la follia, come ha fatto Syd.

“You reached for the secret too soon, you cried for the moon”. Il leit motiv di Shine on you crazy diamond, diviso in 9 parti che iniziano e concludono l’album, è un chiaro riferimento a Syd, considerato un “seer of vision” che ha colto troppo presto il significato dell’utopia, senza riuscire a sopportarla. “Fai presto a impazzire”, è Mason che parla, “quando ti ritrovi completamente isolato, quando non vedi più nessun filo conduttore tra te e il mondo che ti circonda”. Waters racconta di non sapere esattamente perchè avesse cominciato a scrivere su Syd il testo di questo brano, è una cosa che gli è venuta naturale data la malinconia intrinseca nella musica, che solitamente scrivevano prima dei testi. Fa eccezione Wish you were here le cui liriche furono scritte in precedenza. E spiccano per la loro capacità di toccarci: è una canzone d’amore, una delle poche sentimentali che il gruppo ha scritto. Ma è un amore in senso ampio, è una canzone che parla di amicizia. Waters invoca l’amico che si è perso nei meandri della follia, lì dove reale e surreale non hanno confini (“Do you think you can tell?”). E’ qui che risiede il cuore pulsante dell’intero album, nell’ultima strofa: alla fine i due restano insieme, “two lost souls swimming in a fish bowl”, sullo stesso suolo, con le stesse paure.

Ludovica De Girolamo

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