Del: 21 Maggio 2013 Di: Maria C. Mancuso Commenti: 0

Ho incontrato V. B., studente di lettere moderne, e I. F. studente di giurisprudenza, entrambi occupanti della ex-CUEM, per trattare l’argomento “bando”, per molti il nodo centrale della questione. Se avessero partecipato forse avrebbero vinto e avrebbero potuto realizzare il loro progetto. O no?
Resta il fatto che questa controversia è stata causa di incompresione e dissapore e ha gettato discredito su di loro. Chi ha ragione? Chi ha torto? Vulcano sta lavorando per sciogliere i nodi di questa faccenda, ma l’affaire Ex-CUEM si presenta più complicato che mai.

Ciao V. puoi dirci com’è nata l’idea di occupare?

Abbiamo deciso di occupare nel dicembre del 2011, l’idea era perfetta: era vuota da sei mesi e sarebbe rimasta tale per parecchio tempo.
Il nostro lavoro si è subito incentrato sull’analisi della situazione: siamo entrati in contatto con gli ex-dipendenti, i quali si sono detti favorevoli a darci delle dritte, e dopo aver distribuito agli studenti 600 questionari a risposta multipla per valutare la qualità dei servizi dell’ateneo e decidere quali anteporre come priorità in CUEM, abbiamo occupato.
La libreria e l’idea che sottostà al progetto fa riferimento ad un’altra libreria molto famosa, la Calusca, che al momento si trova nel centro sociale Conchetta. La Calusca nasce nel 1972 per opera di un intellettuale, Primo Moroni, che è quello raffigurato nel murales all’ingresso della CUEM.

Come fate a vendere libri a così poco prezzo?

Ai testi che compriamo applichiamo il meccanismo del prezzo sorgente: il prezzo che decide in questo caso l’editore. Questo ci dà la possibilità di vendere testi che normalmente costano 15 euro a 7 euro, senza ovviamente trarre nessun profitto, il che permette di mettere in circolo più facilmente il libro. Il nostro è  un lavoro non retribuito. Diciamo che ci siamo “conquistati” un classico stage gratuito come librai fai-da-te!

 Perché l’ex-CUEM non era frequentata da molti studenti?

In questo ateneo ci sono migliaia di studenti. Sicuramente una nostra mancanza di organizzazione, di spirito e di attenzione ha fatto sì che si  producesse uno scollamento tra noi e i “comuni” studenti. Ci siamo arenati ad un certo punto, come succede spesso in molti spazi occupati. E’ mancata la comunicazione con gli studenti. Il nostro tentativo, pero’, è sempre andato in quella direzione, e spesso siamo riusciti a fare intendere bene le nostre ragioni e la nostra volontà, che siamo sicuri sia simile a quella di molti altri ragazzi e ragazze della nostra età.

Puoi parlarci invece dei motivi politici secondo i quali avete deciso di non partecipare al bando?

Se diventassimo una libreria qualsiasi, con regolare partita IVA, dovremmo sottostare a delle regole al fine di pareggiare il bilancio, non saremmo diversi dalla CUSL o dalla Cortina. Invece noi siamo in una condizione in cui possiamo scegliere liberamente i testi che possiamo pubblicizzare, vendere, presentare, esporre in primo piano. E’ quindi fondamentale mantenere un piano di libertà commerciale per dare la possibilità all’editoria indipendente, alternativa – o semplicemente ai nostri autori preferiti, che di solito non sono quelli che vendono di più – di essere esposti negli scaffali più in vista e di essere venduti con forte sconto.
Se ci fossimo costituiti in cooperativa o in associazione, conditio sine qua non per partecipare al bando, avremmo dovuto piantarla con molte delle attività che costituiscono la spina dorsale della ex-CUEM. Perché si ha la necessità di dare per forza un nome alle cose? A definirle, a delimitarle entro un alveo di legalità?
Legalità significa burocrazia, sicurezza, sistema, meccanicità. A quel punto sei infinitamente ricattabile. Sono gli altri che cominciano a decidere, non sei più tu, insomma, è chi ha scritto quelle stesse leggi, che non è detto siano giuste.
Noi non diciamo: “ciò che illegale è legittimo”. La nostra non è illegalità-per-forza. Noi diciamo che c’è la possibilità che ciò che è legale sia illegittimo. E spesso vengono fatte passare sotto l’egida della legalità le peggiori e inumane schifezze.

Cosa succederà ora?

Questo come ogni altro sgombero è servito per rafforzarci: la ex-CUEM non solo non chiuderà, ma si espanderà, esattamente come ha fatto fino ad oggi.

***

Ciao I. Dunque, che cosa avete ritenuto illegittimo a livello giuridico del bando?

Di illegittimo nulla. L’autorità amministrativa ha emesso un bando generico, che non indica criteri per l’assegnazione, soprattutto quelli più formali. Occupando, quello che volevamo affermare era che ogni anno gli studenti devono pagare più rette universitarie già molto salate, allora perché si deve pagare per avere uno spazio in università? A maggior ragione se sono pochi e quei pochi vengono dati ad esterni.
Noi stavamo mettendo a costo zero in piedi un modello di costruzione del sapere diverso, che aveva come unico handicap il fatto che fosse autonomo.

Questo avviso pubblico è l’unico documento emesso? Non sembra un vero e proprio bando.

Sì è l’unico documento emesso.

Secondo voi chi l’ha vinto?

Non te lo so dire, però se questa è una procedura pubblica io voglio sapere chi l’ha vinta. Io sono andato il giorno 6 maggio, prima che accadesse tutto il casino che è successo, a parlare con il dott. Maiocchi, responsabile dell’ufficio a bandi, per sapere chi avesse vinto questo bando e lui ha risposto che non è titolato a parlarne. Mi ero presentato come un semplice studente di giurisprudenza.
La questione del bando ruota intorno al primo punto dell’avviso pubblico, cioè il soggetto proponente. Premetto e sottolineo che la nostra non è stata una chiusura aprioristica, ideologica, ma abbiamo riflettuto su che cosa avrebbe comportato assumere quella forma giuridica dal punto di vista anche economico.

La possibilità per voi era quella di diventare un’associazione studentesca o una cooperativa. Qual è la differenza? Perché appunto voi non volevate costituire un’associazione, per quanto riguarda la cooperativa invece?

La cooperativa era da escludere se volevamo assumere un profilo di attività molto fluido, leggero, non commerciale come quello della libreria autogestita, perché ha un costo di attivazione molto elevato, prevede atti notarili, consulenze legali.
Per quanto riguarda l’associazione è una questione ancora più articolata: devi pagare e stabilire profili di natura giuridica. La nostra onestà di dire che deve cambiare la forma giuridica e non la forma di vita l’abbiamo pagata con la violenza legale, di stato: le forze dell’ordine.
Entrando nello specifico, partiamo da ciò che veniva svolto in libreria, ad esempio le fotocopie: erano  a offerta libera, di qualsiasi libro, senza alcun limite. E poi: scannerizzazioni integrali di libri, anche non universitari, e quindi la creazione di un archivio digitale ampio, in continua espansione e ad accesso libero. Non si doveva far parte dell’associazione – che crea problematicità dal punto di vista dell’accessibilità perché devi avere la  tessera- per fare tutto questo, in ex-CUEM passavano anche persone non-universitarie e fior fior di avvocati che dagli studi legali arrivavano a scannerizzare il compendio legislativo x o y. La normativa oggi è un fardello perché non permette ai saperi di circolare, è vetusta e bisogna cambiarla.

I fogli che venivano utilizzati per stampare da dove provenivano?

Venivano portati da casa, comprati o presi dall’università – sempre perché paghiamo molte rette salate. Nota che nel laboratorio informatico hai l’inchiostro ma non hai i fogli, nella stampante a pagamento hai i fogli ma non hai l’inchiostro: servizio che nel nord Europa ad esempio viene garantito.

Quali sono gli altri servizi garantiti invece dalla ex-CUEM oltre alle fotocopie e all’archivio digitale?

Un’altra attività era la vendita di libri usati e non: anche qua si entrava in un’area illecita in quanto non si pagavano i contributi, non si faceva lo scontrino o la fattura, ma questo permetteva però a chiunque di comprare un libro a suo reddito. E poi la cucina: per fare i pranzi ad offerta libera si avrebbe avuto bisogno di autorizzazioni da parte dell’ASL e di altre autorità amministrative che sarebbero state negate in caso di attività <<bandizzata>>. Ma questo permetteva a tantissime persone che non si possono permettere i costi del servizio mensa di mangiare in base al proprio potere d’acquisto. In più il cibo che ci si porta da casa non lo si può consumare in mensa, mentre noi abbiamo messo a disposizione un microonde: dunque la libreria nell’ora di pranzo diventava anche zona pranzo.
Poi la famosa macchinetta del caffè: il fatto che fosse disponibile solo un distributore automatico di caffè per tutta l’università di festa del perdono era una penuria.

Qual era il messaggio che volevate mandare agli studenti?

La ex-CUEM voleva solo mostrare un assunto teorico che è diventato poi anche pratico: i ritmi di vita non hanno bisogno dei tempi della burocrazia, della rappresentanza: si possono autonomamente autoregolamentare. Tutta quella forma, quella sovrastruttura decisionale, verticale, è una zavorra inutile. Tutto questo è illegale, però risponde ad un bisogno reale di una comunità universitaria e non.
Queste risposte che noi abbiamo organizzato a un livello 2.0 sono già presenti nella società a livello diffuso ma individuale: se tu hai uno scanner a casa tua e scannerizzi, o se tu vai nella copisteria – che è una forma giuridica ma soprattutto economica – a farlo in maniera individuale, il sistema chiude un occhio perché rimani solo. Appena ti organizzi con qualcun altro diventi un pericoloso criminale, un nemico pubblico da abbattere e demonizzare.
In epoche in cui la crisi aumenta, la differenza tra ricchi e poveri diventa inaccettabile, salta il contratto sociale. A me piacerebbe che con i professori si potesse discutere di questo e non della scritta o della sporcizia , perché questi sono momenti di eccedenza ed effervescenza e l’atteggiamento di chi tratta questi momenti come un problema di ordine pubblico è da burocrate del sapere. E molti di questi docenti che oggi si strappano i capelli per la sporcizia e i famosi e spregevoli festini, che non ci sono mai stati fortunatamente, erano anche presenti in ex-CUEM alle conferenze, presentazioni di libri ecc…

Torniamo alla questione del bando…

Sì, dunque, l’unica soluzione che ci si profilava era la soluzione che definiamo classica all’italiana: li accontento, mi prendo quella forma giuridica, sacra, intoccabile e poi di fatto faccio quello che voglio e mi distacco da quella norma. E’ questa la soluzione che molte persone con il ghigno sulla bocca ci hanno detto che avremmo dovuto adottare, avremmo potuto assumere una forma di facciata e poi avremmo continuato a fare ciò che ritenevamo giusto fare. Il problema è che non finiva lì. Ci saremmo rimessi, diventando forma giuridica e partecipando al bando, continuamente a quella discrezionalità amministrativa riguardo alla concessione di quello spazio su quella forma e ciò avrebbe portato la perenne e costante minaccia di revoca della concessione per ogni minimo illegalismo. Che cos’è la norma? La nostra progettualità esprime una diversa normatività, che è in antinomia con la normatività costituita.

Maria Catena Mancuso

Maria C. Mancuso
Scrive di agricoltura, ambiente e cibo. Mal sopporta chi usa gli anglicismi per darsi un tono.

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