Del: 20 Maggio 2013 Di: Redazione Commenti: 3

Giovanna Fiorentino, avvocato penalista, è nata a Roma ma ha trascorso diversi anni della sua adolescenza tra l’Algeria e il Bahrain, dove i genitori si erano dovuti trasferire. Ritornata a Roma per iscriversi all’università (si è laureata alla LUISS con il massimo dei voti), ha ottenuto l’abilitazione alla professione forense nel 2000. Arrivata a Londra nell’ambito di un progetto di scambio a scopo professionale, ha finito per trasferirsi a tempo pieno nella capitale britannica, dove è una dei più rinomati penalisti italiani: specializzatasi nello spinoso campo dell’estradizione presso un prestigioso studio legale londinese, è stata protagonista in numerose cause di rilevanza internazionale, come i casi di omicidio che videro coinvolti personaggi del calibro di Franco Barone e come quello, celeberrimo, di Danilo Restivo, condannato per l’omicidio di Elisa Claps. Tuttavia è proprio da Roma che Fiorentino sceglie di iniziare a raccontarmi la propria storia, quando le chiedo di spiegarmi la scelta di un’esperienza lavorativa all’estero:

Io non volevo fare pratica a Roma, dove vedevo una mentalità chiusa, la gente concentrata solo su ciò che accadeva in città, senza una prospettiva globale su quanto succede nel mondo; essendo cresciuta in paesi diversi, molto lontani tra loro per cultura e carattere nazionale, volevo un posto dove ci fosse una prospettiva più ampia, una prospettiva che avevo imparato a fare mia dopo aver vissuto immersa in così tante visioni “particulari”. All’inizio dovevo fermarmi solo una settimana per una law firm (una sorta di associazione tra avvocati che fornisce assistenza e consigli legali a privati o ad aziende, ndr) connessa alla comunità italiana di Londra. C’era un caso di estradizione verso l’Italia per omicidio, e da subito fui coinvolta nell’aiutare gli avvocati inglesi a tradurre e comprendere le carte, scritte in italiano. In questo modo mi sono impratichita e ho familiarizzato con il sistema giuridico inglese. Alla fine siamo riusciti ad impedire l’estradizione di quest’uomo – si tratta di un episodio piuttosto famoso, il caso Barone – perché la High Court1 riteneva che l’imputato non avrebbe avuto un giusto processo in Italia. Questo è il motivo mi sono fermata a Londra quindici anni, da una settimana che era inizialmente prevista.

Le capita spesso di lavorare con clienti italiani? E per contro, a Londra sono molti gli italiani che lavorano come avvocati?

Per quanto riguarda i clienti, quando ce ne sono, sicuramente sì. Sono in contatto con il consolato italiano, e se c’è bisogno di assistenza legale o di consiglio per un cliente che non parli inglese mi chiamano, anche per un semplice dubbio. Parlando invece di colleghi che esercitano qua, sicuramente i penalisti sono davvero pochi, mentre abbondano gli avvocati d’impresa.

Ha mai pensato a tornare in Italia?

Sì, ma non per lavoro. Nello specifico, trovo che nell’ambiente forense ci sia generalmente maggior professionalità in Inghilterra di quanto non avvenga in Italia, e inoltre qui a Londra non c’è il problema dei troppi avvocati, che da noi sta invece assumendo proporzioni tragicomiche. Certo,da un altro punto di vista mi piacerebbe poter lavorare nella mia lingua madre: è molto più difficile sostenere una tesi e trovare argomenti validi in una lingua che non è la propria. Per questo amo molto collaborare con avvocati italiani, ma per nulla al mondo lavorerei altrove.

Cos’è dunque che rende la capitale britannica unica nel suo genere?

L’Inghilterra è la porta d’Europa, e Londra specialmente, si trovano così tante nazionalità diverse, ed essere esposto a culture differenti è una delle cose più importanti ed utili che ti possano capitare, qualsiasi lavoro tu faccia. Io ho avuto questa fortuna: sono cresciuta in Algeria, e anche quando ho iniziato a frequentare l’università a Roma i miei genitori vivevano in Bahrain, dove andavo a trascorrere diversi mesi all’anno. Ho imparato ad apprezzare culture diverse, diversi punti di vista e ho capito che, specialmente nel diritto, è assai importante conoscere l’ambiente da cui proviene il tuo interlocutore, il modo in cui ragiona, quale sia la sua cultura d’origine. Il mio passato multiculturale mi rende letteralmente utile qui a Londra, molto più che se non fossi cresciuta in un ambiente culturalmente omogeneo.

Quale consiglio darebbe a un maturando o a un ragazzo che si accingesse a frequentare l’ultimo anno di università e volesse trasferirsi a Londra per studio o per lavoro?

Sicuramente gli direi di studiare qui in Inghilterra. Anche in campo legale, me ne accorgo osservando i miei colleghi avvocati, qui c’è grande attenzione alla crescita e al libro sviluppo delle singole personalità e dei talenti individuali. Molto più che in Italia si mira a sviluppare le abilità argomentative, per mettere in condizione gli studenti di sostenere efficacemente le proprie posizioni, persuadendo l’interlocutore in modo costruttivo, quali che siano le idee che si intendono difendere.
Come avvocato, ritengo che questa capacità sia fondamentale, in campo giuridico ma non solo. In Italia lo studio universitario viene impostato in modo molto teorico, e spesso distaccato dalla realtà, mentre il mondo del lavoro – e il diritto sopra tutto – richiede un approccio estremamente concreto. Per quanto riguarda il mio ambito professionale, io ritengo che il modo italiano di insegnare la giurisprudenza non stia rispettando a sufficienza una materia così nobile, astraendola senza bisogno e sottraendola indebitamente al rapporto con la realtà che è invece intrinseconella sua natura.

Giovanni Masini


1 High Court of Justice, l’Alta Corte di Giustizia di Inghilterra e Galles, ndr

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