Del: 1 Giugno 2013 Di: Francesco Floris Commenti: 0

La ex cuem è ridotta ad un groviera. Hanno sgomberato con le bombe a mano.
Non tollerabili in democrazia né ora né in futuro. Ristretto gruppo di individui già ampiamente noti alle forze dell’ordine.
Forti e confuse allo stesso tempo le grida che in queste settimane abbiamo ascoltato uscire da microfoni gracchianti e megafoni, da comunicati scritti in fretta e furia, da sedicenti esperti in materia, da poliziotti ventenni in tenuta antisommossa, dalle colonne di giornali e giornalini, da volantini, dalle bocche di studenti che non c’entrano, dalle bocche di chi odia gli indifferenti e dalle nostre bocche, quelle di chi non aveva un’opinione e si è trovato sommerso, schiacciato dagli eserciti del Si e del No.
Senza cercare di comprendere – perché in fin dei conti non importa – le sentenze sono state emesse dal tribunale della storia e la Ragione, da qualunque parte essa fosse, ha potuto dormire in pace per il resto dei suoi giorni.

Comprendere cosa?

Comprendere che se una cooperativa libraria fallisce per bancarotta fraudolenta, se qualche bandito sparisce con il maltolto, se i bandi o presunti tali per tutte le attività interne all’università sono gestiti con fare clientelare e poco hanno a che spartire con la logica del bene comune, se tutto questo accade e nessuno dice una parola, allora è difficile un anno dopo condannare l’illegalità di trenta sbomballati – argomento molto in voga nelle ultime settimane.
Comprendere che è impossibile denunciare la pratica delle feste dentro l’università per poi parteciparvi alla prima occasione disponibile, nascosti nell’anonimato dell’oscurità.
Comprendere che c’è una bella differenza fra il manganello sulla testa ed un indelebile su di un muro, che non sono due facce della stessa medaglia: la responsabilità di chi rappresenta l’istituzione non sarà mai, da che mondo e mondo, equiparabile a quella di chi rappresenta solo se stesso e la sua ristretta cerchia.

Urlare ai quattro venti che la tua libertà di opinione è messa in discussione da un manipolo di facinorosi antagonisti e, per farlo, inviare migliaia di messaggi alle caselle di posta elettronica di tutto l’ateneo, rilasciare un’intervista a Repubblica, sbraitare su qualunque forum in rete, farebbe sorridere anche il più dadaista fra i lettori di questa rivista.
Alterarsi con un post su Facebook – come spiacevolmente accaduto al professor Andrea Zhok – solo per essere stati chiamati in causa da una lettera polemica dopo aver per giorni assistito inebetiti allo svolgersi “degli sviluppi che mi erano parsi molto spiacevoli, ma in qualche modo, fisiologici” e cogliere al volo l’occasione per avvertire la sinistra italiana dei pericolosi nemici interni che s’è caricata sulle spalle è un altro modo simpatico per fregarsene della situazione – che sarebbe anche legittimo – senza darlo troppo a vedere.

Spedire a distanza di ventiquattro ore precise un comunicato lampo identico a quello inviato il giorno prima dalla lista di rappresentanza avversa, come avvenuto nella mattina del 11 maggio da parte dei rappresentati della Lista Aperta Obbiettivo Studenti, potrebbe indurre i malpensanti a credere che non esista una profonda volontà di riflettere sull’accaduto, ma piuttosto il desiderio di schiacciarsi sulla posizione ufficiale dell’amministrazione per poterne cavare fuori qualcosa al momento della spartizione del “bottino”.
Condannare gli esecutori materiali del pestaggio in chiostro di lunedì 6 maggio (i celerini) senza azzardare nemmeno una parola nei confronti dei mandanti, tutti i mandanti, è una condanna vuota, è una condanna da bon ton, una condanna da mamma pacifista che aspetta i figli al ritorno dalla guerra.

Ricostruzione dei locali Ex-Cuem
Ricostruzione dei locali Ex-Cuem

Tanto per essere chiari: tutti questi brevi spunti non hanno in alcun modo cambiato la posizione di chi scrive (che mantiene dunque le proprie riserve sull’accaduto) e ancora meno aspirano a cambiare la posizione di chi legge; visto però che dopo le prime ore di solidarietà che i ragazzi di ex cuem hanno ricevuto, dovuta allo shock degli scontri con la polizia, s’è andata depositando lungo i chiostri della Statale l’idea strisciante che in fin dei conti se la fossero cercata, che il rettorato avesse ragione in toto, che non ci fosse più da discutere che comunque da quel momento in poi sarebbero sempre stati dalla parte del torto marcio, qualunque cosa dicessero e facessero, si è pensato di provare a dargli una mano, così, anche solo per simpatia nei confronti degli “sconfitti”.

Lo si è fatto proprio per impedire a quelle cosiddette verità ufficiali auto avveranti di sedimentarsi per sempre nel cerebro dell’opinione pubblica, quelle verità sentite e risentite mille volte dalle mille lingue di mille facce ma che per qualche assurda ragione mantengono il fascino dell’originalità. L’idea che Ex-Cuem sia un raduno di pericolosi bombaroli senza pietà, un covo di tossici alla ricerca di un posto caldo dove stare durante il rigido inverno milanese oppure un salotto alternativo per figli della Milano bene che, in attesa di essere sistemati dal padre alla guida di qualche catamarano industriale, si dilettano giocando all’irriducibile invasato, una palestra per anacronistici militanti politici extra parlamentari, residui degli anni che furono.

Che alcuni di questi pensieri si diffondano è nell’ordine delle cose, quando però diventano l’unico occhio con il quale guardare a fenomeni di questo tipo allora c’è qualcosa di malato nella nostra vista.
È giusto pensare che le minacce e le intimidazioni (se ci sono state) sono sempre sbagliate, che la parola infami lungo le mura dell’auletta Pesci (destinata ai rappresentanti di UniSì) sia un rigurgito della decenza verbale – somigliante nella scelta terminologica al gergo mafioso.
È legittimo credere che tutta questa storia non sia altro che l’ennesimo episodio di una grottesca decennale scaramuccia fra forze dell’ordine e studenti, che al mondo esistano milioni di cose più importanti alle quali dedicarsi quotidianamente.
Tutto questo è giusto per il nostro occhio, volevamo solo provare ad aprire anche l’altro.

Francesco Floris

Francesco Floris
BloggerLinkiesta
Collaboratore de Linkiesta.it, speaker di Magma, blogger.

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