La politica iraniana è un fottuto casino. E questa cosa detta in italiano rende bene quanto è complicato parlare delle elezioni che si sono svolte questo fine settimana in Iran e che contro ogni pronostico hanno visto trionfare (ha vinto al primo turno, con il 51% dei voti) il moderato Hassan Rouhani. Io però ho una grande fortuna: mio padre è fidanzato con una donna iraniana (ciao Bahareh!). Quindi ho approfittato del loro amore e ho passato tutto un pomeriggio a bere Coca Zero e a farmi spiegare la situazione politica iraniana, una cosa a metà tra Game of Thrones e George Orwell. E ad essere onesto non ci ho capito moltissimo.
I.
La Repubblica Islamica dell’Iran è un posto dove la divisione dei poteri è totalmente priva di logica. C’è un capo supremo di tutto, che è il leader religioso Khamenei, che in pratica decide chi e cosa è conforme alla dottrina e chi e cosa è un pericolo per la Rivoluzione. Lui approva i candidati a Presidente della Repubblica, il che significa sostanzialmente che il Presidente della Repubblica non sarà mai un uomo sgradito a Khamenei né tantomeno un riformista “contro il sistema” – il che a sua volta significa che al Fatto Quotidiano possono prendere questo articolo e buttarlo nella spazzatura.
Poi c’è il Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo – fino al 3 agosto sarà ancora Ahmadinejad – che è il volto dell’Iran sul piano internazionale e in teoria è quello che prende le decisioni, anche se in realtà la sua politica è fortemente influenzata dalla volontà dei vari gruppi e gruppetti a metà tra lobby e mafie che controllano ogni aspetto della vita in Iran.
C’è un Consiglio di Esperti che coadiuva il Supremo Leader nel prendere le decisioni, c’è un Consiglio di Guardia che lo coadiuva nell’approvazione dei candidati alla Presidenza e poi ci sono il Parlamento (eletto dal popolo) e i vari ministri (scelti dal Presidente e approvati dal Parlamento) che in pratica non contano nulla.
Complesso, vero? È spiegato in modo più carino in questa infografica:
II.
La fidanzata di mio padre ha ritenuto che un buon modo per spiegarmi le elezioni iraniane fosse mostrarmi questo video:
È uno speciale di English News Today (la tv iraniana in inglese) sulle elezioni. ENT è in tutto e per tutto una tv di propaganda. Se la macchinosa spiegazione dei meccanismi elettorali in Iran vi ha convinti che si tratti di un paese democratico – o se semplicemente volete farvi due risate – vi consiglio di vedere il video. La cosa interessante è che la propaganda non è rivolta ad un osservatore esterno, che ne è il destinatario apparente, ma mentre finge di essere rivolta all’esterno in realtà è rivolta agli iraniani stessi. E nemmeno a tutti gli iraniani: alle nuove generazioni iraniane che sono cresciute con internet e che parlano inglese. Ovvero, i principali oppositori del regime. Ovvero, persone che sanno benissimo che tutto quello che ENT gli racconta sono stronzate.
Nel video sono spiegati i requisiti che il Presidente deve avere perché la sua candidatura sia giudicata conforme: deve essere di nazionalità e di origine iraniana, deve possedere una buona capacità amministrativa e buona reputazione, deve essere degno di fiducia, pietoso e deve “credere nei principi della repubblica islamica e della sua religione”. A me personalmente la cosa ha iniziato a suonare comica al “degno di fiducia”
Quel video ci regala molte perle che vale la pena di citare, come:
la critica alle modalità di elezione del Presidente/PM nelle varie democrazie occidentali giudicate “poco democratiche” in rapporto all’Iran;
un professore “in collegamento da Teheran” (fa ridere perchè, mi ha spiegato Bahareh, gli studi di ENT sono anch’essi a Teheran e con ogni probabilità il professore è solo in un’altra stanza);
Enrico Letta che appare a caso a 3.26.
Avrei voluto parlare anche di un altro video, che durava tipo un’ora, ed era un confronto in diretta tra i vari candidati a queste presidenziali, ma non sono più riuscito a ritrovarlo su YouTube perchè era in farsi. O in arabo. Insomma, si scriveva in quel modo strano e da destra a sinistra. Era abbastanza emblematico del fatto che in Iran tutti sappiano che le elezioni sono una farsa.
Il sunto è – dalla traduzione simultanea che mi faceva Bahareh – che il “dibattito elettorale” consisteva in un conduttore che poneva domande come “secondo voi il prossimo presidente dovrebbe: a) essere onesto; b) essere un buon amministratore; c) non rubare” a cui tutti i candidati si rifiutavano di rispondere.
III.
A queste elezioni i candidati erano otto: tre “riformisti”, un indipendente e quattro uomini “vicini al regime”. Anche se questa distinzione non ha granché senso considerando che tutti i candidati devono essere approvati dal Supremo Leader Khamenei.
Dunque da una parte c’erano:
Ali-Akbar Velayati, uno che è talmente vicino a Khamenei da esserne il consigliere per le questioni di politica estera;
Mahammad Baqer Qalibaf, il superfavorito. Sindaco di Teheran in carica, vicino ad Ahmadinejad e – come Ahmadinejad – visto piuttosto male dal clero iraniano. Negli anni ottanta ha fatto la guerra contro l’Iraq, comandava uno dei tanti gruppi di pasdaran. Era quello per cui tifavo io perchè ha una faccia tenera.
Gholam-Ali Haddad Adel, uno che è talmente vicino a Khamenei che sua figlia ne ha sposato il figlio. Pare che sia considerato molto vicino agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, perché – così mi ha riferito la fidanzata di mio padre – in Iran gira una battuta sul fatto che il suo lavoro perfetto sarebbe l’ambasciatore americano a Londra. Non so quanto questo sia vero però. Comunque sia, si è ritirato qualche giorno prima delle elezioni.
Saeed Jalili, uno che mi fa paura solo a vederlo in foto. È un veterano della guerra con l’Iraq e ha coordinato i negoziati sul nucleare.
Dall’altra parte, tra i cosidetti “riformisti” approvati dal regime c’erano l’ex Ministro delle Poste Reza Aref (che si è ritirato qualche giorno prima delle elezioni pure lui), l’ex Ministro del Petrolio Gharazi e quello che poi le elezioni le ha vinte: Hassan Rouhani.
Poi c’era anche Rezaee, candidato come indipendente. Non so perchè ma mi ricorda vagamente La Russa. È stato comandante dei Corpi di Guardia della Rivoluzione per 16 anni. Nel 1999 suo figlio è scappato negli USA e lo ha accusato pubblicamente di essere stato il mandante dell’attentato all’ambasciata israeliana di Buenos Aires del 1992 e dell’attentato all’AMIA del 1994 (il peggior attentato nella storia dell’Argentina, 85 morti).
Nel 2011 suo figlio è stato trovato morto in un albergo di Dubai.
IV.
Alla fine alle elezioni ha vinto Rouhani. Ora, io non ho la più pallida idea del perchè abbia vinto Rouhani visto che gli ultimi sondaggi qualche giorno prima del voto non lo menzionavano nemmeno (davano Bagher Ghalibaf al 27%, Jalili all’11.7% e Velayati all’11.3% con un probabile ballottaggio tra loro tre). Posso azzardare due ipotesi:
1) Rouhani ha vinto perchè era appoggiato da Rafsanjani. Rafsanjani, che a dire il vero si era candidato a queste elezioni ma che non è stato accettato (ufficialmente perchè troppo vecchio, in realtà per un vecchio litigo con Khamenei) è uno dei padri della patria dell’Iran e ne è stato anche il quarto presidente. È l’uomo a cui Khamenei deve il ruolo che occupa ora. È considerato “anti” regime (per quanto possa essere “contro” un dei fondatori del regime stesso), riformista e moderato e soprattutto ha un grande supporto popolare – è stato Presidente subito dopo la guerra con l’Iraq e ha ricostruito il paese. Certo, facendolo si è arricchito oltre ogni immaginazione, ma il popolo gli riconosce comunque il merito di aver fatto qualcosa per il paese.
2) Rouhani ha vinto perché gli iraniani desideravano dare un segnale forte al regime dopo la contestatissima rielezione – quattro anni fa – di Ahmadinejad. Perchè alla fine di questo si tratta, mandare un messaggio, visto che non ci si può aspettare chissà che cosa da un candidato approvato da Khamenei.
Comunque sia, la cosa più bella che si potesse scrivere a proposito delle elezioni iraniane l’ha scritta il Guardian in questo articolo. Quindi ora la riporterò in modo tale da rendere omaggio al Guardian e contemporaneamente evitarmi la fatica di dare a questo articolo una conclusione decente:
WHAT TO SAY AT A DINNER PARTY
“It’s very much a battle between the principlists and the deviants but whatever happens,
Khamenei will still be pulling the strings.” But remember not to say: “Won’t the ayatollah win?”
@mttslv