Un paio d’anni fa, qualcuno sosteneva che ”i ristoranti sono sempre pieni, quindi in Italia va tutto bene”. In effetti la ristorazione è uno dei pochi settori che si barcamena nella crisi: i ristoranti sono spesso pieni. A essere sempre piene invece sono le carceri: quelle italiane straripano. Questo non solo è un pessimo segnale e una ferita sul piano umanitario, ma anche un rilevante danno economico: un detenuto costa allo stato circa 300 euro al giorno. Ecco perché lo stato stesso cerca di svuotare i suoi penitenziari – supportato, ovviamente, dalla scarsa voglia dei condannati a popolare le patrie galere e dalle mille sensuali sinuosità dei codici legali, che offrono rifugi e cavilli a chi li sa cogliere. Molti, infatti, si chiedono: ma perché vari indagati & condannati riescono sempre a evitare un soggiorno al fresco? Ecco qualche basilare via, rigorosamente legale, che stato e rei usano per annacquare il motto dura lex, sed lex.
LA PRIMA VOLTA. Una legge consente di tenere fuori dalle sbarre chi, incensurato, venga condannato a una pena inferiore ai tre anni, magari assegnandogli pene sostitutive. Non solo, un recente disegno vorrebbe corroborare tale legge, portandola in atto addirittura per le pene fino ai quattro anni. Inoltre, singolare è il fenomeno delle ”porte girevoli”: chi viene arrestato, passa una settimana in carcere e il resto della custodia cautelare ai domiciliari, fino al processo. Insomma, la verginità penale (non ridete) può essere persa una prima volta senza preoccuparsi troppo. Ma poniamo che un imprenditore venga condannato non per concussione, ma per corruzione e non a uno, bensì a sette anni di reclusione. Che fare per evitare il gabbio?
FACCIAMO L’APPELLO. Facile. In Italia esistono vari gradi di giudizio: primo grado (oridnario), appello, cassazione – intendiamoci, sacrosanti per garantire la limpidezza e il rigore della giustizia. Si va in appello e si punta a uno sconto sulla pena.
SI METTA IN LISTA. Nell’antica Roma non si facevano prigionieri con le liste di proscrizione. Oggi non se ne fanno con quelle di prescrizione. Ma mentre il proscritto latino aveva i giorni contati, il prescritto odierno non sconterà mai nemmeno un giorno in carcere per il reato commesso: ecco perché oggi le liste di prescrizione sono così lunghe – molti avvocati cercano un sacco di cavilli (vedesi ”legittimi impedimenti”) per protrarre il processo ”fino a decorrenza termini”. Questi termini si allungano in base alla gravità del reato. Attenzione: il prescritto non viene riconosciuto innocente. Semplicemente, anche se è colpevole, il suo reato viene considerato troppo lontano nel tempo per essere punito. E’ il caso di Giulio Andreotti. Il Divo non venne mai assolto dall’accusa di collusione con la mafia, come spesso si legge. Bensì, venne riconosciuto colpevole del reato ”fino alla primavera del 1980”: ma la sentenza arrivò nel 2003, troppo tardi perché Belzebù espiasse la sua colpa in carcere. Riposi in pace.
NON RICORDO, HO UN’AMNISTIA. O un Indulto? Attenzione: l’amnistia sopprime l’esistenza stessa del reato (quindi: niente reato, niente colpa, niente pena); mentre l’indulto riconosce in ogni caso la colpevolezza del reo, ma lo grazia dalla pena. Entrambe delle forme di amnesia giudiziaria, attuate ciclicamente dallo stato per sgonfiare il numero di carcerati. Memorabile l’indulto del 2006: dopo cervellotiche valutazioni giudiziarie, le prigioni vennero purgate di un sacco di indesiderati – del resto, anche se tutti erano colpevoli dei crimini più disparati, nessuno di loro pagava l’affitto. Chissà, se gli avvocati del nostro imprenditore non sono stati abbastanza sagaci da arrivare alla prescrizione, può sperare in un nuovo indulto – e magari anche in una pacca sulla spalla. Se proprio l’indulgenza non arriva a sfiorarlo, può affidarsi al presidente della Repubblica, e provare liberarsi..
GRAZIE ALLA GRAZIA. Non si creda che il Quirinale sia poco affollato da tali richieste: dal 1948 al 2006, è stata concessa la grazia a 42293 detenuti, 3650 per reati militari. Grazie alla grazia, la pena può essere annullata del tutto, in parte, o ad alcune condizioni poste dal presidente: ad esempio, al nostro imprenditore potrebbe chiedere un finanziamento a dieci istituti di pena nuovi di zecca, visto che la domanda è crescente e pressante…
SE NAPOLITANO NON CI SENTE, il nostro può fuggire all’estero; scagliarsi contro le toghe rosse, nere o technicolor; richiedere legittimi impedimenti o illegittimi favoreggiamenti; candidarsi al senato col Popolo delle Libertà; affidarsi a San Gennaro e Sant’Antonio – ma non a San Vittore! -; rifugiarsi all’ambasciata dell’ Ecuador, anzi no a quella russa, anzi no, se proprio non sa più che pesci pigliare..
VENGA IN FESTA DEL PERDONO: come suggerisce il nome, sappiamo essere clementi, e accogliamo cristianamente un po’ tutti. Cosa aspetta, caro imprenditore? Qui a Vulcano necessitiamo di nuove risorse e nuove leve. Al lavoro.
Stefano Colombo