Quanti di noi, in Occidente, si sono indignati i fronte al golpe militare compiuto in Egitto? Ben pochi. Qualcuno ha taciuto, qualcuno ha applaudito – molti l’hanno fatto turandosi il naso, pensando di essere di fronte al male minore. Ammettiamolo: abbiamo avuto torto. Nulla può giustificare le centinaia di morti sulle strade del Cairo. I loro cadaveri meritano almeno un nostro esame di coscienza.
Dove abbiamo sbagliato?
Siamo stati ipocriti. Ci siamo detti: questo non è un colpo di stato vero e proprio. Abbiamo messo a tacere l’evidenza nei nostri occhi, negato la realtà dei fatti, sollevato perfino dubbi se si potesse catalogare questo colpo di stato come colpo di stato. E’ un colpettino. Un colpo al cerchio e un po’ di botte agli oppositori. E’ un colpo di stato voluto dal popolo.Questo non è un vero golpe, pensavamo, e l’esercito si è solo limitato ad esprimere la volontà popolare.
Siamo stati ingenui. Quando mai una truppa golpista è stata sincera, e invadendo un parlamento ha avuto la coerenza di proclamare ”sì, stiamo sequestrando il potere a nostro uso e consumo; e prima che voi possiate imbracciare i fucili, noi vi punteremo i nostri alla tempia”? Mai e poi mai, e lo sapevamo benissimo: quando muore una democrazia, la prima vittima è la verità.
Videla, Than Shwe in Birmania, e per certi versi Mussolini, hanno sempre cercato protezione sotto la presunta ala della ”volontà popolare”, condendo i loro proclami con nebulosi riferimenti ad essa e a non ben identificati nemici da cui difenderla. I militari hanno i fucili: quello che cercano è una legittimazione a usarli. Noi, che nella nostra costituzione aborriamo la guerra come metodo di risolvere le contese, siamo stati prontissimi ad appoggiare in cuor nostro un manipolo di colonnelli.
E non certo in ossequio alla volontà popolare egiziana – della quale non ce ne può fregare di meno: ma alla volontà nostra. Il verdetto delle urne, l’anno scorso, non ci aveva soddisfatto. Come un bambino sconfitto a un gioco che di solito vince, abbiamo preteso un cambio delle regole, in modo che il verdetto girasse a nostro favore.
Siamo stati arroganti: in noi, è emersa la mentalità coloniale occidentale, secondo la quale tutto ciò che non rientra nei nostri piani e nei nostri schemi è indice di barbarie. Abbiamo pensato che gli egiziani fossero degli stupidi incapaci perché, alla loro prima scelta, non hanno scelto ciò che volevamo noi: ”è una democrazia giovane, hanno sbagliato”. Ora, alla prima occasione, abbiamo perfino la faccia tosta di far passare un colpo di stato come un regalo alla democrazia: mi raccomando, stavolta fate i bravi e scegliete la cosa giusta.
Siamo stati superficiali. Non ci siamo ricordati che l’esercito ”libero” egiziano è direttamente finanziato dagli Stati Uniti, quegli stessi Stati Uniti hanno sempre sostenuto Mubarak e gli altri tirannucci mediorientali secondo il loro tornaconto – salvo poi scaricarli al momento opportuno. Siamo stati disposti ad apprezzarlo, l’esercito, in quanto alfiere della laicità: ma l’uomo forte al suo comando è un soggetto che l’anno scorso propose di istituire un test di verginità alle manifesanti di piazza Tahrir. A proposito: noi, il primo capo del governo laico dopo la guerra, l’abbiamo avuto con Spadolini nel 1981.
Ma soprattutto, la nostra colpa più grande (perché è fuori di dubbio una colpa) è aver implicitamente convalidato una teoria causa di ogni atrocità nella storia umana: esiste una violenza legittima e una violenza illegittima. E’ la base di ogni guerra, genocidio o pestaggio da stadio— e del vortice di morte che si sta abbattendo sull’Egitto.
Stefano Colombo