“Viaggiatore lascia parlare la follia!”. È solo un piccolo sussurro, una sensazione, una voce profonda e lontana che attraversa ogni riga e strada percorsa da questo viaggio sentimentale; e come nel Sentimental Journey quello vero, a dominare la scena sono due concetti: caos e ricchezza.
C’è il caos calmo, attutito, quello del rumore costante emesso dal motore di una sgangherata motocicletta anni Sessanta, c’è il caos di un cervello in modalità collegamento ipertestuale e annesso salto nel vuoto, il caos tipico degli elenchi – la vertigine della lista: cos’è la Qualità? Cosa s’intende per Bello? Come sei fatto? Hai paura di qualcosa? C’è il caos di un fraintendimento che ha nome Fedro e che giustifica le centinaia di lettere inviate all’autore dopo il successo editoriale; ma quale Fedro? Il retore, il narratore di fiabe o forse il Fedro che ha combattuto la guerra di Corea e viaggiato in lungo e in largo per l’India, il Fedro che ha insegnato all’Università del Montana proprio mentre nello stato nasceva e cresceva imperterrito l’odio di destra? Chiedersi tutto ciò è come essere Chris, il dodicenne che pone insistentemente le domande al padre a cavallo di una motocicletta immaginaria e non si accontenta mai della risposta: “i fantasmi non esistono”.
C’è la ricchezza che è quasi enthousiasmos: piena di Dio; c’è la ricchezza ritrovata dentro la “cattedrale della ragione”, nei libri di un Aristotele sorpassato e nella citazione di un Coleridge che lo tiene in vita, la ricchezza di un prontuario a basso costo per la manutenzione della propria salute mentale.
C’è l’inno alla techne, quella stessa che ti si appiccica al cuoio capelluto e ti attraversa con un lampo di ferocia il corpo intero, al solo scopo di renderti normale e uguale e sano, quella stessa che i greci non distinguevano concettualmente dall’arte o dalla manifattura e che tanto la modernità fatica a comprendere – come lo schiavo che non capisce le ragioni del sovrano.
L’America è una scusa, il Midwest un pretesto, ogni collina è una vetta intellettuale, un’intuizione, ogni canyon un istante di buio, profondo e scuro come solo la memoria sa essere; ogni radura è l’oasi, tanto agognata nei deserti spirituali o materiali che siano, con vivaci ruscelli presso i quali accamparsi in attesa del prossimo rovescio estivo. L’isomorfismo fra natura e pensiero del viaggiatore sonda la nostra dipendenza dal mondo, trasforma la parola da mezzo di comunicazione ad arma di difesa, la parola apotropaica.
La vicenda è ridicola, quasi inutile e pur necessaria: la parabola della vite racconta dell’importanza del tenerci, racconta la comprensione dell’umana complessità, delle umane vite.
Il diario di bordo della schizofrenia non va assimilato alle pratiche ortodosse del buddhismo Zen, non conosce date, non legge le mappe, sente ma non ascolta, guarda al futuro voltandosi indietro proprio perché non ha la più pallida idea di cosa sia cronos.
La gazzetta ufficiale della ratio si basa su fatti realmente accaduti ma non va associata strettamente con la realtà pratica delle motociclette; essa pensa logicamente e agisce retoricamente, non definisce il Chautauqua pur conoscendolo, parla a Platone e a Poincarè, parla di molecole proteiche e fiamme ossidriche, di Qualità e di spettri, di vetri trasparenti che ammutoliscono le grida, guarda al passato voltandosi indietro e quindi a Omero e ai bistrattati sofisti, e ancora più indietro – laggiù – dove dimora ancora il mythos, laggiù nel Nord e Sud Dakota, dove la gente è sparpagliata ma è la distanza psichica che conta.
Questo libro non parla e se lo fa è per i sordi, e se lo fa è nella lingua dei muti, nel linguaggio armonico dei gesti posseduto dall’inchiostro che si posa sulle pagine, delicato, come il camion che potrebbe investire il vostro bambino mentre dondola autistico nel bel mezzo di un’autostrada.
Questa trama racconta solo cose note, ovvie, come il dolore dell’elettricità e dei farmaci, la scoperta che ogni scoperta ha vittime sulla coscienza ed un suo debito di sangue.
Questa storia narra del classico e insensato roteare della Terra nello spazio, narra della tragica morte di Chris; questa storia narra del romantico e avventuroso celarsi e mostrarsi di una palla infuocata lungo il proscenio della volta celeste, narra la meravigliosa nascita di una bambina chiamata Nell.
Il sole sorge a oriente e tramonta ad occidente; ogni Viaggiatore lo sa.
Francesco Floris