Douglas, Isola di Man.
«Dì un po’, la conosci la storia della mangusta parlante?»
Siamo gli ultimi rimasti nel locale, questo tipo visibilmente ubriaco si è appena seduto al mio tavolo senza che io ce lo invitassi e questa è soltanto una scusa per farsi offrire un giro, ma decido di stare al gioco.
«Negli anni Trenta c’era una famiglia che viveva in una fattoria da queste parti: padre, madre e figlia, persone semplici e riservate, abbastanza isolate dal resto della comunità. Lui si chiamava Jim. Un giorno Jim e sua figlia sentono dei rumori e vedono questo animaletto giallo e peloso che somiglia a una mangusta che si aggira per il giardino, ma non ci fanno tanto caso. Finché l’animaletto non decide di andare a stabilirsi dietro le pareti della casa, dove grugnisce, sputa e soffia e in pratica fa un casino bestiale che la famigliola non riesce a chiudere occhio. E fin qui non è una questa gran storia, insomma basta chiamare la disinfestazione.»
«Già»
«Poi però succede che l’animaletto inizia a parlare. Prima ripete soltanto qualche parola, poi intere frasi, poi si mette a cantare le ninnananne alla figlia di Jim. A un certo punto l’animaletto smette di ripetere quello che sente e inizia proprio a fare conversazione, al che Jim e famiglia credono di essere impazziti. Provano a chiedergli cosa sia e da dove venga, ma lui li prende in giro e dà sempre risposte diverse – una volta dice di essere uno spirito, un’altra volta è un mostro orrendo, un’altra volta ancora dice di essere soltanto una povera mangusta troppo intelligente per questa misera esistenza, e così via.
Alla lunga Jim e famiglia si abituano alla mangusta e la mangusta si affeziona a loro, diventando sempre più socievole, pettegola e burlona. Ormai è a tutti gli effetti un membro della famiglia, al punto che si sente in dovere di contribuire all’economia domestica e inizia ad andare a caccia e a far trovare a Jim dei conigli strangolati sul pavimento della cucina. Inizia anche a mostrare di tanto in tanto un lato autoritario e aggressivo che spaventa gli altri abitanti della casa: quando perde la pazienza li insulta, bestemmia e impreca, rompe piatti e vasi, dà colpi contro le pareti e cose del genere. Ma comunque nella maggior parte dei casi a Jim basta minacciare di cambiare casa e la mangusta torna subito docile.
E insomma, la storia è questa. Questi hanno convissuto per tutta la vita con una mangusta parlante, o qualsiasi cosa fosse quell’essere. Una volta sono addirittura riusciti a convincerla a mettersi in posa per una foto di famiglia.»
«Uhm»
«All’inizio tutti pensavano fosse una truffa, se non che questa storia della mangusta parlante gli rovinò la vita, a quella famiglia. Che truffa è se gli esecutori non ci guadagnano niente? La figlia di Jim, evitata e presa in giro da tutti, non si sposò mai. Alla sua morte la fattoria dovette essere venduta a un prezzo bassissimo perché aveva fama di essere maledetta.»
Il tizio finisce la birra, si passa il dorso della mano sulla bocca, si accende una sigaretta. Lo seguo.
«E dimmi, questa mangusta ce l’aveva un nome?»
«Certo che ce l’aveva»
«E come si chiamava?»
Il tipo mi guarda e pronuncia piano: «Matteo Renzi.»
Mattia Salvia