Del: 20 Ottobre 2013 Di: Gemma Ghiglia Commenti: 1

Oriana Fallaci non è mai riuscita a intervistare Marilyn Monroe. I sette peccati di Hollywood (libro che consiglio a tutti i cinefili) prende spunto proprio da una serie di mancati incontri tra la giornalista e l’attrice. Con tutte le debite differenze del caso, cominciavo a temere che la stessa sorte sarebbe toccata a me e Zerocalcare. E invece, dopo un paio di occasioni bruciate —ad esempio a Ferrara, dove avrei potuto fargli due domande solo facendomi largo tra i fan assedianti a colpi di machete—finalmente il 17 ottobre sono riuscita a intervistarlo alla fumetteria Alastor di Milano, mentre autografava le copie del suo nuovo libro a fumetti, Dodici.

zerocalcare ed ioZero [all’anagrafe Michele Rech ndr], com’è nato lo scarto tra disegnare fumetti per piacere personale e poi diventare non solo un fumettista, ma un fumettista di successo. Insomma, com’è iniziato tutto e come vivi adesso la “celebrità”?
Io in realtà roba per piacere personale ne ho fatta poca nella vita. Anche prima di farne un quasi mestiere l’ho sempre fatto per quella che era la mia comunità—spazi occupati e centri sociali— quindi per 10 anni ho disegnato fumetti per campagne politiche e locandine di concerti. Il passaggio al mondo del lavoro è arrivato per sottrazione, perché mi facevano abbastanza orrore tutti i lavori che avevo fatto, dall’areoporto al call center, e alla fine l’unica cosa che rimaneva era il disegno. Ho pensato “già che disegno, proviamo a pagarci l’affitto, non può essere peggio delle cose che ho fatto finora”.
Vivo il successo con un equilibrio molto fragile. Sono molto contento di campare coi fumetti, però è una cosa che magari tra poco tempo finisce, infatti continuo a fare traduzioni come paracadute per quando tutto questo finirà.

Da un punto di vista tecnico ormai hai maturato un tuo stile. Ci sono dei tratti che vorresti ancora migliorare? A che modelli ti sei ispirato per i tuoi disegni?
Spero di migliorare ancora un po’ ma ho capito che alcune cose non riuscirò mai a farle—tipo le anatomie. Ho raggiunto uno stlile che mi soddisfa: è abbastanza sintetico, riesco a disegnarci un sacco di cose e mi sembra abbastanza comprensibile per chi lo legge.
Non tanto lo stile di disegno, ma la struttura narrativa l’ho copiata da un sacco di persone che hanno fatto blog a fumetti prima di me— per esempio da un blog francese, Boulet.

Qual è il processo tipico che ti porta alla creazione di una striscia?
Siccome ho pochissima memoria a breve termine, scrivo tutto quello che mi succede su un documento word e me lo tengo in cassaforte per quando mi servirà fare una storia. Quando arriva il momento di scrivere, apro il documento e scelgo qualcosa che mi ha fatto ridere, poi inizio a disegnare e procedo in modo automatico raccontando quello che è successo, finché la storia non si esaurisce da sè e allora smetto.

zerocalcare dodiciIn Un polpo alla gola ti cimenti col genere giallo mentre in Dodici dai sfogo alla tua passione per la fantascienza; un netto cambio di stile rispetto ai tuoi lavori precedenti, soprattutto se si pensa che non sei tu il protagonista nell’ultimo libro. Questo cambio di stile è voluto? Stai cercando di capire se può avere successo anche un altro tipo di storia?
Dodici l’ho fatto per puro divertimento. Però sia Dodici sia Un polpo alla gola sono esperimenti, un banco di prova per un altro un fumetto molto più complesso ed impegnativo che non c’avrei mai avuto il coraggio di fare senza aver provato prima a fare altre cose.

Puoi dirmi qualcosa di più su questo progetto? Di cosa parla? Sai già quando uscirà?
Sarà un fumetto autobiografico ed emotivamente molto impegnativo su un pezzo della mia famiglia, in cui andrò a riprendere elementi sia dal blog sia da La profezia dell’armadillo— quindi non considero quelle cose archiviate, anzi. Ci sto lavorando già da prima di Dodici ma visto che coinvolge familiari eccetera c’è bisogno di una delicatezza, nello scegliere cosa raccontare, che richiede una gestazione molto lunga. A me piacerebbe farlo uscire in tempi relativamente brevi, ma è ancora tutto da vedere.

Ne La profezia dell’armadillo, sembra che tu abbia voluto raccontare la storia di Camille per esorcizzare l’accaduto piuttosto che per spunto narrativo.
Sicuramente non l’ho fatto per spunto narrativo, ma non si trattava nemmeno di esorcizzare. Avevo il terrore di ritrovarmi tra dieci anni a non ricordarmi più nulla di questa persona, come se fosse stata una meteora nella mia vita, quando in realtà è stata molto molto importante. Avevo paura che se non avessi fissato questo ricordo su carta si sarebbe annacquato col tempo— purtroppo non è la prima persona che perdo in vita mia, ed è così che succede, il tempo annacqua il ricordo—e invece per me era importante che rimanesse vivido. L’ho voluto fissare nel fumetto.

zerocalcareLa figura dell’Armadillo, invece, come nasce?
Molto banalmente: visto che le storie che racconto sono molto autistiche—spesso so’ io, da solo, in casa—avevo bisogno di qualcosa per fare una rappresentazione della mia coscienza e rendere le tavole più vivaci, con dialoghi e controcampi, e non solo con le didascalie dei miei pensieri. Cercando una rappresentazione della mia coscienza, la scelta è ricaduta sull’armadillo perché è il più sociopatico di tutti gli animali, si chiude a guscio [mentre dice queste parole mima il gesto, smettendo di disegnare per una frazione di secondo]—impenetrabile al mondo esterno. Alla fine quelle che racconto sono storie di sociopatia.

Questo libro ha come protagonista il tuo vero grande amore, Rebibbia.
Sono legato al mio quartiere in maniera un po’ morbosa, come si evince anche dal libro. Però non voleva esserne il tema principale: era cominciata come una storia di zombie, poi mi sono reso conto che mi risultava molto difficile non scrivere un fumetto autobiografico, così ho sublimato la mia biografia nella narrazione del quartiere— in cui ci stanno le mie emozioni, il mio rapporto con quel territorio, eccetera. Non so come parlarne, secondo me è un posto meraviglioso; non è solo il quartiere del carcere, c’è anche un mammuth, e non potrei mai vivere da qualche altra parte: ho cambiato sei case, tutte a Rebibbia. È un pezzo di Roma Est che per me è un’oasi.

zerocalcare 2Ho approfittato della coda per un fare un breve sondaggio.
Mi hanno chiesto di domandarti innanzitutto se uscirà mai un fumetto sul G8, che non sia “A.F.A.B.”, il racconto incluso in Ogni Maledetto lunedì su due.
Io in realtà ho fatto un sacco di storie sul G8, che magari non hanno direttamente me come protagonista. Mi piacerebbe farne una storia più corposa, più completa. Però non vorrei farlo da solo: io posso raccontare la mia visione parziale, nello specifico le botte dalla forestale, ma mi piacerebbe che fosse un progetto collettivo con altre persone che sono state a Genova, raccogliere esperienze diverse da persone diverse.

E infine un po’ di sano “ZeroTrivia”. Se Zerocalcare fosse un film, una serie televisiva, un libro e una canzone, cosa sarebbe?
Film L’odio oppure Guida per riconoscere i tuoi santi; serie Tv, The Shield; un libro, Cecità di Saramago e una canzone First Night Back dei Clash.

E se fossi una frase?
Guarda, ho un tatuaggio che dice “I fumetti ti spezzeranno il cuore”…

…Beh speriamo proprio di no.

Gemma Ghiglia
Foto CC BY-NC-SA Internazionale
Gemma Ghiglia
Classe 1990, studentessa di Relazioni Internazionali. A metà strada fra Putin e la Rivincita delle bionde.

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