Del: 17 Novembre 2013 Di: Sebastian Bendinelli Commenti: 0


1La barba del poliziotto è costruita a metà è il titolo di un libro molto particolare, pubblicato negli Stati Uniti nel 1984 e mai distribuito nel resto del mondo. L’autore non è un essere umano, ma un programma per computer chiamato Racter, creato dai programmatori William Chamberlain e Thomas Etter appositamente per produrre prosa e poesia. La cosa, all’epoca, suscitò clamore e fastidio tra i critici: un computer per la prima volta si intrometteva in una delle arti supreme dell’ingegno umano, la letteratura, e sembrava anche riuscirci piuttosto bene.
The policeman’s beard is half constructed (da qui in avanti, per brevità, TPBIHC) raccoglie infatti brevi “prose d’arte”, poesie, un racconto, interviste, dialoghi immaginari e aforismi, il tutto illustrato magnificamente dall’artista Joan Hall. Ma se le illustrazioni sono innegabilmente bellissime, anche i testi di Racter raggiungono talvolta risultati di una certa raffinatezza, tanto da destare qualche sospetto. Quando la Mindscape distribuì una versione commerciale di Racter per PC, nello stesso anno, i suoi detrattori cantarono vittoria, notando che quel programma rudimentale non poteva aver prodotto da solo un libro del genere. Ma i templates originali scritti e utilizzati da Chamberlain non erano inclusi nella versione commerciale, e perciò rimane un certo mistero sulla reale paternità dell’opera.

Sfogliando TPBIHC oggi, in realtà, non si fa fatica a riconoscere la natura “informatica” dell’autore dei singoli testi. Di sicuro Chamberlain esagerò con il sensazionalismo, presentando il libro – forse provocatoriamente – come “un viaggio bizzarro e fantastico nella mente di una macchina”, quasi Racter fosse dotato di autocoscienza. Sarebbe stata una rivoluzione nel campo dell’intelligenza artificiale, ma se avete mai provato a chiacchierare con un chatterbot online oppure a tradurre frasi complesse con Google Translate, avrete un’idea dello stato attuale della tecnologia “linguistica”: figuratevi nel 1984. Per questo (e anche perché il mercato e la ricerca informatica hanno preso altre direzioni che – pare – non contemplano computer-poeti), Racter e il suo libro sono stati sostanzialmente dimenticati. Tuttavia TPBIHC resta un esperimento letterario interessante, oltreché un pregevole prodotto editoriale. (Una copia nuova su Amazon costa più di 140 dollari, ma si trova disponibile in pdf gratuitamente qui: http://ubu.artmob.ca/text/racter/racter_policemansbeard.pdf).

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Ma come funziona Racter? In sostanza, Chamberlain ha inserito nel programma tutti gli ingredienti che riteneva necessari – un vocabolario ricercato e ricco di termini connessi all’esperienza e alla sfera dell’interiorità umana, regole sintattiche basilari, corrispondenze sinonimiche (che consentono la formulazione di aforismi sentenziosi del tipo x è y), nomi di personaggi ricorrenti associati a certe caratteristiche – e l’ha lasciato semplicemente “cantare”. Poi ha selezionato i testi, non sappiamo con che criteri e in che misura, e li ha disposti nel libro.

Il risultato, come potete immaginare, è dominato dal nonsenso, tanto che TPBIHC potrebbe essere un piccolo capolavoro di surrealismo estremo. Vale la pena di citare come esempio il componimento proemiale (traduzione mia):

«In ogni caso i miei saggi e le mie dissertazioni sull’amore e il suo infinito dolore e perpetuo piacere saranno conosciuti e capiti da tutti voi che leggete questo e ne parlate o cantate o gorgheggiate ai vostri amici preoccupati o nemici nervosi. L’amore è la domanda e l’argomento di questo saggio. Cominceremo con una domanda: la bistecca ama la lattuga? Questa domanda è implacabilmente ardua ed è inevitabilmente difficile trovare una risposta. Ecco una domanda: un elettrone ama un protone, o ama un neutrone? Ecco una domanda: un uomo ama una donna, o, per essere specifici e precisi, Bill ama Diane? L’interessante e critico responso a questa domanda è: no! Lui è ossessionato e innamorato perso di lei. È follemente pazzo di lei. Questo non è l’amore di bistecca e lattuga, di elettrone e protone e neutrone. Questa dissertazione mostrerà che l’amore di un uomo e di una donna non è l’amore di bistecca e lattuga. L’amore è interessante per me e affascinante per te ma è doloroso per Bill e Diane. Questo è l’amore!»

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Questo nonsenso risulta talmente esagerato da sembrare studiato, e così si dà l’illusione di un autore in carne ed ossa. La domanda “la bistecca ama la lattuga?”, così improvvisa e inaspettata dopo un esordio apparentemente serio, potrebbe essere interpretata come uno scherzoso e irriverente aprosdoketon, persino raffinato. Un altro esempio divertente sulla stessa linea:

«Bill sings to Sarah. Sarah sings to Bill. Perhaps they will do other dangerous things together. They may eat lamb or stroke each other. They may chant of their difficulties and their happiness. They have love but they also have typewriters. That is interesting.»

Non mancano poi anche momenti di maggiore “elevazione poetica”, in cui Racter sembra dimostrare profondità, ispirazione, addirittura lirismo:

«More than iron, more than lead, more than gold I need electricity. I need it more than I need lamb or pork or lettuce or cucumber. I need it for my dreams.»

«Blissful quiet, the rocking of a recent love is both repose and anguish in my fainting dreams.»

Non ci si deve troppo stupire: già secondo il celebre Teorema della scimmia instancabile, battendo a caso su una macchina da scrivere per un tempo infinitamente lungo una scimmia potrebbe produrre qualsiasi testo prefissato (per esempio l’opera omnia di Shakespeare). Racter si comporta in maniera simile, con una differenza importante: non abbina parole a caso, ma mescola contenuti pre-ordinati sulla base di regole stabilite, e per questo non richiede tempi infiniti. I suoi componimenti sono sempre perfettamente grammaticali, e talvolta capita anche che abbiano “senso” e coerenza interna. Qui, se vogliamo, risiede il fascino e la piacevolezza di TPBIHC.

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Inoltre la nostra tendenza a cercare significati nascosti, specie di fronte a un testo poetico, favorisce una certa empatia anche quando è del tutto ingiustificata. Non era evidentemente intenzione di Chamberlain prendersi gioco delle tendenze oscure e concettuali di certa poesia contemporanea, altrimenti avrebbe pubblicato TPBIHC a proprio nome. Chissà, magari sarebbe stato salutato come un grande poeta, a cavallo tra surrealismo e simbolismo. Considerate l’aforisma:

«Le riflessioni sono immagini di aspirazioni annerite.» (Reflections are images of tarnished aspirations)

Può voler dire tutto oppure nulla. Ma se l’autore fosse umano, tenderemmo a vederci profondità e allusività (oppure penseremmo di avere tra le mani un libro di Fabio Volo).

In ogni caso, la “letteratura computazionale”, come quella di Racter, non è – paradossalmente – nata con i computer. Un precedente importante è nell’attività del gruppo Oulipo (Ouvrir de la littérature potentielle), fondato nel 1960 dal geniale scrittore e matematico Raymond Queneau, autore dei Cent mille milliards de poèmes: 10 sonetti costruiti con lo stesso schema di rime e con una struttura sintattica tale che ciascun verso sia intercambiabile con ogni altro verso situato nella stessa posizione. Totale: 1014 poesie diverse generabili automaticamente dalle 10 iniziali. In campo musicale seguiva procedimenti analoghi il compositore americano John Cage, che studiava l’inserimento di piccoli oggetti tra le corde del pianoforte per interferire con il suono in maniera imprevista.

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Racter, Queneau, Cage… Il denominatore comune di queste esperienze artistiche (su cui ci sarebbe molto altro da dire) è l’estromissione quasi totale di ciò che consideriamo “volontà”. È un attacco diretto e violento all’idea tradizionale di arte, così come si è radicata in occidente fin dall’antichità (poiesis, creazione) e rafforzata nel nostro immaginario dal romanticismo, con il suo culto del genio creatore.
L’arte computazionale può definirsi “creata”? Al massimo lo sono le regole e gli algoritmi da cui automaticamente scaturisce. Istintivamente riteniamo freddi e sterili gli esperimenti di questo genere, giochi virtuosi ma fini a se stessi, ben distinti dall’arte vera e propria, che non può prescindere dall’individualità dell’artista. In definitiva, che ragion d’essere può avere un libro come TPBIHC? Le risposte possono essere diverse. Qualcuno potrebbe apprezzare unicamente il prodotto, a prescindere dal produttore, e quindi considerare belli in se stessi anche testi scritti da un algoritmo privo di coscienza. Oppure potremmo riconsiderare alla radice i nostri concetti di originalità e creatività. Finché non siamo in grado di chiarire esattamente cos’è per noi il “significato”, e in generale come si svolge la nostra comprensione di simboli e segni, non possiamo veramente escludere che la nostra mente, in fase creativa, funzioni secondo uno schema simile a quello di Racter o dei Cent mille milliards de poèmes, solo in scala più complessa: un insieme di regole, nel nostro caso innate (o programmate?), che operano su un vasto inventario di simboli e immagini. Anche per questo la lettura di TPBICH può essere suggestiva.

 Sebastian Bendinelli

 

Sebastian Bendinelli
In missione per fermare la Rivoluzione industriale.

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