Del: 19 Gennaio 2014 Di: Jacopo Iside Commenti: 1

Finalmente, viene da dire.
Dopo lo “sgarbo” di Cannes, con il trionfo di Kechiche e il suo Vita di Adele, sembra quasi di risvegliarsi completamente guariti dopo una notte di febbre; nella mente si accalcano immagini di trionfo e di grandezza, soprattutto grazie ad una platea ben disposta alla standing ovation che con la presenza di artisti del calibro di Martin Scorsese, Robert Redford o Meryl Streep, certifica l’avvenuta trasformazione e consacrazione: erano anni che Sorrentino inanellava riconoscimenti formali e non anche fuori dall’Italia, e si può dire apertamente che forse avrebbe meritato lo stesso apprezzamento già dieci anni fa con Le Conseguenze dell’Amore.

Questo decisivo salto di qualità non avviene soltanto per una questione di esperienza professionale ma soprattutto per una maturazione di contenuti: se il film del 2004 citato sopra o il meraviglioso esordio de L’uomo in più, possono risentire dell’essere la rappresentazione di un universo tematico tipico dello Stivale – e rendere quindi difficile l’immedesimazione per un pubblico internazionale –, ne La Grande Bellezza il regista è riuscito a rendere particolare e universale il racconto. Sorrentino ora non parla più solo agli italiani, ma li ricorda giustamente nel discorso di ringraziamento come appartenenti a un Paese “pazzo e meraviglioso”.

Il film è il racconto di un viaggio, più vicino al Satyricon che all’Odissea, in cui la ricerca del protagonista è soprattutto di carattere interiore in una società che di interiorità non si occupa più; ed è in questo modo che Sorrentino ha stregato gli americani e, con un po’ di malignità, non avrebbe mai potuto sedurre i francesi: parla di una società sopra le righe che, come il Don Giovanni di Kierkegaard, immemore del passato si sente intoccabile dal futuro perché la vita è oggi, hic et nunc; tutto viene mescolato come un cocktail esplosivo in cui sono fondamentali il politicamente corretto, l’apparire e l’essere socialmente accettati. Hanno avuto la sensibilità di capire come questo film non fosse solo una citazione de La Dolce Vita ma ne fosse il proseguimento ideale. Oggi come ieri il vuoto pervade la vita, opacizzata dalla rincorsa a un ricordo di vera bellezza per sempre perduto.

Dopo la vittoria ai Golden Globe, senza troppe illusioni perché è noto il carattere (anche) politico della premiazione dell’Academy —si consiglia il meraviglioso e straziante The Missing Picture—, la statuetta degli Oscar sarebbe la degna quadratura del cerchio.

Jacopo Iside
@JacopoIside

Jacopo Iside
Appassionato di Storia e di storie. Studente mai troppo diligente, ho inseguito di più i sogni

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