
La ghigliottina di cui tanto abbiamo sentito parlare negli ultimi tempi si era già abbattuta – molto prima e in altra forma – anche sul settore sanitario pubblico. Diverse strutture ne hanno risentito, alcune in misura maggiore; tristemente interessante e tuttavia esemplare è il caso dell’odontoiatria dell’Ospedale Luigi Sacco, situato al confine Nord-Ovest di Milano. Ho avuto il piacere di parlare con la Dott.ssa Antonella Sparaco, primario dell’ambulatorio. Di seguito, ciò che è emerso; oltre l’amarezza, oltre lo sconcerto, che pure rimangono al fondo.
L’ambulatorio
La struttura comprende cinque poltrone odontoiatriche, ma solo tre di queste restano al momento operative. Tra dicembre e gennaio ben cinque persone si sono ritrovate senza stipendio. L’organico attuale si compone dunque di soli tre medici a tempo pieno, di un odontoiatra per poche ore settimanali e di cinque assistenti alla poltrona. Nel corso degli anni, è stato affidato un certo numero di ore ad alcuni collaboratori e consulenti assunti mediante contratti atipici: sono loro le prime vittime dei tagli operati a seguito della spending review, delle decisioni prese dal Consiglio regionale lombardo, dell’arrivo del nuovo Direttore Generale Pasquale Cannatelli (prima alla guida dell’Ospedale Niguarda).
L’attività – ad oggi drasticamente dimezzata – è sempre stata riservata per più del 90% a pazienti “fragili”: malati di Alzheimer, AIDS, sieropositivi, cardiopatici gravi; tutte persone che altrove non vengono facilmente prese in cura.
HIV+ – Malati di AIDS
Nonostante il contributo annuale di ANLAIDS, tra i pazienti dell’ambulatorio milanese ad aver risentito maggiormente dei tagli vi sono proprio i sieropositivi ed i malati di Aids. Le liste d’attesa in odontoiatria continuano ad allungarsi; chi non può permettersi cure in studi privati è costretto a rinunciarvi. Sappiamo inoltre che non solo Milano, ma anche in altre città lombarde ed in altre regioni (nel Lazio in particolare), soggetti affetti da HIV recatisi in uno studio odontoiatrico si trovano spesso di fronte ad un rifiuto, proprio perché sieropositivi: “Non possiamo curarla, non abbiamo gli strumenti adatti”. Forse non tutti i medici sono a conoscenza – e dovrebbero – del fatto che non necessitano di alcuno “strumento adatto”: è fondamentale infatti trattare ogni paziente come fosse sieropositivo; egli stesso potrebbe non sapere di aver subìto il contagio, o decidere comunque di non comunicarlo al medico.
Progetto Croce Rossa Italiana
Un altro progetto che ha subìto una forte battuta d’arresto è quello attivato più di dieci anni fa con la Croce Rossa Italiana, in collaborazione con la sezione femminile. Ogni anno l’associazione dona 60.000 € all’ambulatorio, di cui una metà da destinarsi alla realizzazione di protesi per quei cittadini collocati sotto la soglia di povertà dalle misere pensioni percepite, mentre la metà rimanente a retribuire un medico ed un assistente. Fino all’anno scorso anche l’ospedale contribuiva all’iniziativa, retribuendo in parte il personale impiegato. Quest’anno, invece, sottratto anche questo finanziamento, l’ambulatorio si è trovato costretto a ridurre i giorni di attività da cinque a due. Ci sono pazienti della CRI in attesa di protesi e cure da quasi due anni; protesi che potrebbero essere realizzate, ma per installare le quali manca il personale retribuito.
Il Carcere di Bollate, il servizio a domicilio
Oltre ai progetti sopracitati, l’ambulatorio era anche impegnato in una collaborazione durata circa due anni con il Carcere di Bollate, per il quale aveva presentato il prospetto di una nuova odontoiatria carceraria. Ora, nonostante tutte le carceri di Milano siano state affidate all’Ospedale San Paolo, l’ambulatorio garantisce ai carcerati tornati in libertà o semilibertà la possibilità di portare a termine o proseguire le cure iniziate in passato.
A tutt’oggi è invece attivo il servizio a domicilio riservato a quegli anziani spesso soli, affetti da demenza o da altre gravi patologie per via delle quali è loro impossibile raggiungere l’ospedale autonomamente. Non è presente —pare, in tutto il territorio nazionale— nessun altro centro odontoiatrico pubblico che offra cure a domicilio, sebbene anche questi pazienti abbiano pieno diritto all’assistenza del SSN. Inutile precisare che naturalmente sono stati azzerati anche i fondi destinati a questo servizio.
Cosa è stato fatto
Su proposta del rappresentante sindacale della UIL Ciro Mangione, sono state raccolte 1500 firme, protocollate e consegnate ad inizio gennaio all’Assessore alla Salute al fine di sottoporgli il problema; ad oggi, non è stata ottenuta risposta. Il primario dell’ambulatorio odontoiatrico, la Dott.ssa Antonella Sparaco, si è inoltre recata dal Direttore Generale della sanità della Regione Lombardia, ma l’incontro non ha sortito alcun effetto. Il silenzio diffuso della stampa nazionale certo non ha aiutato a sbloccare una situazione che pare ormai definitivamente approdata a tristi lidi.
Tra i pochi ad essersi pronunciati a riguardo, il Presidente della III Commissione Sanità Fabio Rizzi (Lega Nord), espostosi favorevolmente in merito: l’ambulatorio di odontoiatria andava potenziato, o comunque mai e poi mai impoverito, giacché i pazienti trattati appartengono a categorie che non trovano facile collocazione altrove, e non solo per ragioni di ordine economico.
Altre iniziative sono giunte dai Cinque Stelle della Regione Lombardia e da Sara Valmaggi (PD), vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, ma non hanno portato alcun risultato.
I fondi per consulenti e collaboratori, di fatto, sono stati tagliati anche in altri reparti; tuttavia, quello odontoiatrico è stato il primo a risentirne ed il più penalizzato: era molto forte – molto più che altrove – la componente di persone non assunte, bensì collaboratrici.
I pazienti che ora hanno la priorità sono quelli affetti da tumore, sieropositivi, malati di AIDS, quelli colpiti da demenze, Alzheimer, i cardiopatici, coloro che hanno problemi di coagulazione sanguigna. In totale, comunque, costituiscono solo il 50% dei soggetti prima in cura presso l’ambulatorio. L’altra sfortunata metà, purtroppo, risente di tutti questi assurdi provvedimenti. Dal momento che i tempi di attesa sono ormai raddoppiati, molte patologie – che il più delle volte si presentano ai medici già in stadi più o meno avanzati – degenerando ulteriormente, provocano danni irreparabili al cavo orale. Dimenticate il comune mal di denti: mi riferisco a piaghe, leucoplachie, carie destruenti, afte e stomatiti croniche, ascessi egranulomi; col tempo, possono dare terribili esiti, soprattutto se HIV-relati.
La situazione in cui versa l’ambulatorio è gravissima, ma dovrebbero spaventare ancor più l’indifferenza ed il silenzio generali. Se, da una parte, mi consola ingenuamente che tra quelle 1500 firme protocollate-consegnate-ignorate figuri anche la mia, dall’altra mi rende così triste e mi abbatte la consapevolezza che nessuna tra quelle 1500 voci sia stata ascoltata. Il rispetto e la cura della salute, la tutela della vita, della qualità della vita dovrebbero essere valori imprescindibili.
Marta Clinco
@MartaClinco