Qual è l’origine dell’universo?
Alla questione metafisica su cui gli uomini si sono interrogati per millenni, oggigiorno quasi chiunque risponderebbe inconsciamente, associandovi due semplici parole: Big Bang.
Conosciuta anche col nome di Modello Cosmologico Standard, l’idea che una violenta “esplosione” abbia dato origine al cosmo come lo conosciamo oggi è la certezza più solida dell’astronomia moderna.
Tra le prove schiaccianti a favore della teoria del Big Bang vi è l’esistenza della radiazione cosmica di fondo (CMBR: Cosmic Microwave Background Radiation).
Generata dal Big Bang all’istante zero, questa radiazione, che si presenta approssimativamente come una microonda, da allora si è propagata in ogni direzione del cosmo, permeandolo tutt’ora.
Si può pensare ad essa come una sorta di “eco del Big Bang”, che contiene nel proprio spettro elettromagnetico informazioni riguardo le energie e le masse che si sono sviluppate e hanno interagito tra loro nei primi istanti di vita dell’universo, perciò costituisce un prezioso oggetto di studio per gli astrofisici.
Chiunque può rendersi conto dell’esistenza della CMBR: si pensi infatti che parte del rumore o del disturbo visivo prodotti da una radio o da una televisione sintonizzate su un canale che non trasmette, non sono nient’altro che le rappresentazioni sonore e visive della radiazione di fondo.
Le analisi scientifiche indicano che tale “rumore di fondo universale” ha la proprietà intrinseca di propagarsi allo stesso modo (o quasi) in tutte le direzioni dello spazio (isotropia).
Di conseguenza, ci si aspetterebbe che, effettuando delle “registrazioni” della CMBR provenienti da diverse regioni del cosmo, il suo segnale risulti sempre identico.
Non è così, perché durante il suo viaggio nello spazio e nel tempo, questa perturbazione ha interagito con particolari fenomeni che ne hanno lievemente distorto la forma.
Proprio su tale fatto si basavano le ricerche del team di scienziati del progetto BICEP (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), che tramite un telescopio a microonde ha scandagliato il cielo del Polo Sud per captarne la CMBR.
Il successo delle ricerche sta nell’aver rilevato, in una certa regione dello spazio, un segnale della radiazione cosmica di fondo che risulta polarizzata di modo B (B-mode polarized) di primo tipo.
Un segnale affetto da queste caratteristiche è una possibile prova dell’esistenza dell’inflazione cosmica— un concetto che è stato introdotto nel Modello Cosmologico Standard solo per supposizione, al fine di risolvere alcune conflittualità della teoria, ma di cui finora non si era mai avuta una prova diretta.
L’ipotesi dell’inflazione cosmica prevede che, durante una delle ere dell’universo immediatamente successive al Big Bang, l’Era dell’Inflazione (da 10-43 secondi a 10-32 secondi dopo il Big Bang), il cosmo abbia improvvisamente iniziato ad accelerare la propria espansione, aumentando le sue dimensioni in modo esponenziale.
Per avere un’idea dell’abnorme accelerazione di cui si sta parlando, si pensi che in molto meno di un secondo, l’universo è cresciuto ben di più di quanto non abbia fatto dal termine dell’Era dell’Inflazione fino ad oggi, un lasso di tempo che corrisponde a circa 13,7 miliardi di anni.
Questo evento separa ancora di più l’immagine del Big Bang da quella di una comune esplosione (infatti il termine “esplosione” non è scientificamente corretto per indicare un fenomeno come il Big Bang, ma noi lo useremo lo stesso).
Nell’ultimo caso infatti, i frammenti degli oggetti esplosi si allontanano dalla propria posizione originaria a velocità costante, al limite rallentano a causa di eventuali attriti.
Il cosmo invece, comincia la sua espansione a velocità costante (almeno così si ipotizza, poiché si hanno poche informazioni riguardo le ere dell’universo precedenti a quella dell’inflazione), quindi accelera sempre di più, gonfiandosi violentemente, “come un air bag”, e solo al termine dell’Era dell’Inflazione rallenta bruscamente.
In seguito riprenderà ad accelerare (come sta facendo ancora) ma lo farà in maniera molto minore di prima.
Ma perchè aver trovato una traccia di “radiazione cosmica di fondo polarizzata di modo B di primo tipo“ prova l’esistenza dell’inflazione cosmica?
Ebbene, secondo l’astrofisica, solo particolari eventi gravitazionali possono indurre nella CMBR una polarizzazione di tipo B: le lenti gravitazionali (gravitational lensing) e le onde gravitazionali.
Le prime sono fenomeni, abbastanza comuni, per cui radiazioni transitanti in prossimità di grandi masse vengono distorte dal campo gravitazionale.
In generale, la cosmologia prevede che le polarizzazioni del secondo tipo siano provocate dalle lenti gravitazionali, in un contesto temporale molto più recente rispetto all’Era dell’Inflazione.
Le onde gravitazionali, invece, sono oscillazioni del tessuto spazio-temporale causate da masse in particolari condizioni di movimento.
Anche se la loro esistenza è provata, individuarle è un’impresa ardua, in quanto i loro effetti sono osservabili solo all’interno di eventi che coinvolgano energia e masse di enorme entità; eventi molto rari per i nostri telescopi.
Difatti gli astrofisici non dispongono ancora di tutte le informazioni per poter descrivere accuratamente le onde gravitazionali, di conseguenza non riescono a identificare con certezza i loro effetti.
Nello specifico, la teoria dell’inflazione cosmica impone che le polarizzazioni del primo tipo possano essersi prodotte solo durante l’Era dell’inflazione, in seguito all’interazione tra la radiazione di fondo e le potenti onde gravitazionali generate dal Big Bang.
Ebbene, proprio una CMBR polarizzata di primo tipo era già stata rilevata dalla strumentazione del progetto BICEP a inizio marzo 2014.
Ma è probabile che gli scienziati, a causa delle lacune della fisica nell’identificare gli effetti delle onde gravitazionali, non fossero del tutto sicuri della veridicità dell’informazione.
Dunque preferirono continuare a scandagliare lo spazio, nella speranza di trovare un segnale di CMBR polarizzato di modo B che si discostasse sufficientemente dal primo; successivamente un confronto tra i due avrebbe permesso di trarre le conclusioni.
Il 17 marzo 2014 il National Science Foundation’s South Pole Telescope rileva un segnale della CMBR che appare molto diverso da quello acquisito in precedenza: è una radiazione cosmica di fondo polarizzata di modo B del secondo tipo.
Stavolta le analisi danno un esito preciso: la causa dell’alterazione sono le lenti gravitazionali, perciò si tratta di una polarizzazione di secondo tipo, e quindi il segnale registrato in precedenza, data la sua differenza rispetto al presente, è effettivamente del primo tipo.
Perciò, siccome sono state scoperte sia la polarizzazione prevista dalla cosmologia generale, sia quella prevista esclusivamente dalla teoria dell’inflazione cosmica, si può affermare la veridicità di quest’ultima.
In conclusione, l’inflazione cosmica risolve alcune incongruenze del Modello Cosmologico Standard (assenza di curvatura, eccessiva omogeneità, assenza di difetti topologici) e lo proclama ancora una volta come il miglior descrittore della natura dell’universo.
Inoltre, essendo state confermate le ipotesi sull’Era dell’Inflazione, la scienza può continuare il suo cammino a ritroso nel tempo verso la conoscenza ultima dell’origine dell’universo: l’istante zero, quando tutti i fattori del cosmo erano unificati in un solo principio fisico.
Va detto, infatti, che il grande interesse degli scienziati verso il Big Bang non ha finalità puramente cosmologiche.
Comprendere il meccanismo cui rispondeva l’universo nel suo primo attimo di vita (Era di Planck: da zero a 10-43 secondi dopo il Big Bang) potrebbe portare alla risoluzione di praticamente tutti gli odierni interrogativi della fisica.
In questo caso saremmo in possesso di una scienza onnipotente: completa e infallibile.
Perciò, il tentativo di descrivere sempre più accuratamente l’origine del cosmo equivale ad andare alla ricerca del sacro Graal della fisica: una Teoria del Tutto che sia in grado di descrivere e di mettere in relazione tra di loro tutte le componenti e i fenomeni dell’universo, in termini matematici.
Una teoria che molti considerano solo un seducente miraggio.
Tommaso Sansone