Del: 18 Aprile 2014 Di: Francesco Floris Commenti: 0

Andiamo oggi a concludere, per palese smaronamento di coglioni dell’autore, il ciclo mestruale di Extraterrestri digitali dedicato ai galoppini di Santoro e alle loro meravigliose imprese sulla faccia di questo sfortunato pianeta.

Lo facciamo raccontando l’ipertrofica biografia di Corrado Formigli, l’uomo che senz’ombra di dubbio spodesterà dal trono della sinistra massmediatica Michele-pugno-chiuso-bella-ciao-Santoro, oramai anzianotto per portare da solo sulle proprie spalle partenopee il peso dei precari di tutto il mondo conosciuto.

Corrado Formigli

C’erano un tempo e un luogo, nemmeno troppo distanti dalla contemporaneità, nei quali Corrado Formigli era considerato un gran figaccione di reporter: con il termine “reporter” in Italia s’intendono tutti quegli iscritti all’Ordine professionale che almeno una volta in vita loro hanno provato l’ebrezza di assaporare l’olezzo fetido del terminal di Fiumicino, mentre s’imbarcavano verso lidi tropicali dal nome esotico e dalla prostituzione legalizzata; al contrario, con espressioni quali “cronista” ci si limita a descrivere quella folta schiera di editorialisti intimisti e saccenti, che rinchiusi in oscuri antri – avendo ormai deprecato i fotoni solari in nome di più costose abatjour – dibattono dello scibile umano tutto, con un calice nella mano sinistra e la piuma d’oca nella destra.

Corrado Formigli nasce nel marzo del 1968 – in mezzo alle proteste ci rimarrà per l’intera esistenza – e pare che le sue prime parole siano state “Primavera di Praga, Alexander Dubcek”.
Da ricostruzioni successive qualcuno ha ipotizzato che in realtà intendesse dire “prima papa, Ale ciuccio” ma fatto sta che in quelle infantili frasi pronunciate senza cognizione di causa, già si annidava in lui il demone del reportage.

Comincia a lavorare sul finire degli anni Ottanta ma è a partire dal 1994 che il bruco diventa una meravigliosa farfalla policroma: assunto prima in RAI e successivamente a Mediaset documenta con inchieste memorabili i terribili conflitti seguiti alla frammentazione della Jugoslavia, i massacri in Algeria, il Sudafrica post Nelson Mandela.

Per qualche anno lo trasformano in una palla da flipper in costante rimbalzo fra i luoghi più sfigati del globo: dovunque esistesse un bordello, esisteva un Formigli pronto a raccontarlo, tanto da poter ipotizzare un rapporto di causalità diretta fra la sua presenza nei confini nazionali di un Paese e l’improvvisa organizzazione di eserciti rivoluzionari — pronti ad accogliere al suon di piombo e polvere da sparo le sue telecamere eccitate.

È facile immaginarselo al ritorno da questi scenari bellici: silenzioso, annoiato, catatonico, annichilito mentre cammina per Piazza del Plebiscito a Napoli, sognando le allegre notti slave, quando le bombe aleggiavano sopra il cielo di Belgrado ed un milite ignoto era sempre pronto a condividere con il forestiero la propria fiaschetta ricolma di vodka.

Torna in RAI nel 2000 e diventa co-conduttore de Il Raggio Verde e Sciucià — due fra le trasmissioni maggiormente di successo condotte da Santoro.
Ve la facciamo breve: è un nomade dell’informazione, dimentico delle appartenenze aziendali, un girovago irrequieto che in meno di un decennio attraversa in serie Sky Tg24, Rai educational, La7, la BBC, La Zanzara di Radio24, per infine riapprodare – in pieno eterno ritorno dell’uguale – ad Annozero.
Qui nel febbraio 2012 vede quasi svanire i propri sogni di gloria eterna: il Tribunale di Torino lo condanna al pagamento di sette (ARGHHHH) milioni euro per un servizio comparativo fra l’Alfa Romeo MiTo e vetture fabbricate da altre case automobilistiche.

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Davanti al giudice che lo condannò, quel sorrisetto da Gioconda che vedete ben ripreso in questo spezzone di Annozero, era decisamente meno inarcato.
Fortunatamente viviamo un Paese civile e la nostra Costituzione e il sistema giudiziario post-fascista permette ai condannati di appellarsi – più che altro alla clemenza della Corte – nelle sedi preposte: nel 2013 Formigli viene assolto dalla Corte d’Appello di Torino, la quale stabilisce che il servizio non era affatto diffamatorio.
Anche i giornalisti manettari hanno talvolta bisogno del garantismo per continuare a esercitare con serenità la professione.

Due anni prima, nell’estate del 2011 si consuma il triste divorzio fra i gemelli napoletani del goal Santoro-Formigli: la Guerra di Troia scoppia perché Orlando Bloom è un metrosessuale con i ferormoni in mobilitazione perenne, le guerre contemporanee fra eroi omerici si combattono a suon di contratti per La7 — vince chi arriva in paradiso con il tallone intatto e lo share alle stelle.
Le voci girano, le malelingue schizzano veleno da tutte le parti: qualcuno sostiene che mentre Santoro vedeva definitivamente sbrindellarsi in pezzi il suo incestuoso rapporto pluridecennale con la RAI —e difficilmente il suo staff storico non ne avrebbe risentito— Formigli stesse già tramando nell’ombra con La7 per un suo personale programma.
Lo ha sostenuto quel simpatico bonaccione di Travaglio durante uno scazzo fra giornalisti megalomani dell’anno scorso, nel quale Marco da Torino è arrivato addirittura a sostenere che non entrerebbe mai negli studi di Piazza Pulita per ragioni igieniche. Che penna stilnovista signori!

Formigli ha sempre negato di aver agito da traditore bastardo, tuttavia è raro incontrare qualcuno che ammetta di essere fin dentro il midollo un traditore bastardo ladro, giusto? In ogni caso non pare che la categoria della “fedeltà” sia la più abusata nei manuali di diritto del lavoro, quindi datevi tutti una rasserenata — la Storia non vi ricorderà certo per qualche inutile screzio estivo.

Finita la tempesta i due concorrenti hanno trovato una loro naturale dimensione co-abitativa: Formigli il lunedì sera al posto dello spazio che fu di Gad Lerner e Santoro con Servizio Pubblico il giovedì sera in compagnia dei suoi centomila sostenitori piccolo-borghesi.
La guerra d’ascolti abbia inizio, non si fanno domande, non si fanno prigionieri.

Piazza Pulita di base mantiene inalterate – pur inseguendo un finto rinnovamento – tutte le caratteristiche del talk show politico santoriano — gli ospiti sono gli stessi venti riciclati in loop nell’arco di una stagione: come giornalista grandmaster mainstream di qualche testata economico-finanziaria che smonta l’ultima conferenza stampa del Ministro dell’Economia, Santoro si è preso Dragoni de Il Sole 24 Ore – che sembra un maestrino infastidito dall’ignoranza degli alunni – mentre Formigli si è comprato sull’unghia Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, i due fondatori di thefrontpage.it, giornalisti ultra-liberisti-viva-le-spiagge-di-Chicago dal faccione simpatico ma leggermente malvagio: sembrano Cip & Ciop dopo essere stati sfondati in culo da Kissinger con la fiaccola della Statua della Libertà.

Quando gli ascolti proprio non vanno, la soluzione è sempre la stessa: “All you need is Sgarbi” cantavano i Beatles — e Sgarbi arrivò a bordo di un cavallo bianco con il suo magico scettro dell’Auditel.
Mezz’ora di casino totale incomprensibile, sull’Euro, sui ghiaccioli rinascimentali, su quello che gli pare, ed ecco ricomparire quegli inserzionisti pubblicitari considerati una specie in via di estinzione — riemergono in massa dalle tenebre dell’anonimato, come un’orda barbarica che non vede l’ora di depredare il consumatore italico di contenuti impegnati.

Il look di Formigli suscita qualche perplessità nell’occhio attento di chi vuole a tutti costi irriderlo: quelle camicette grigie in tinta unita, sempre uguali ogni settimana che Dio manda sulla Terra, un po’ compagno di Lotta Comunista che cerca d’abbordarti e propinarti a modiche cifre la rivista di cui è redattore unico, un po’ filosofo nichilista che parla ai cavalli.
Queste però fanno a pugni con la barbetta finto incolta (in realtà più curata di un prato inglese) da stronzacchiotto designer hipsterlover mentre sorseggia un soft drink in attesa del main event su un rooftop di New York.

Ovviamente non mancano i collegamenti da qualche call center del sud ovest milanese, per sentirsi raccontare ciò che tutti conoscono ormai da anni: ci sono diverse decine di migliaia, forse centinaia di migliaia di persone in Italia, che percepiscono paghe orarie che se proposte qualche secolo fa a un servo della gleba avrebbero suscitato la sua incontenibile ilarità.
Lo sanno tutti, è ovvio, è scontato, ma poniamo anche per un istante che sia giusto ripeterlo a oltranza senza mai azzardare soluzioni a questa piaga biblica che deriva dal fato infame: tuttavia se l’intera trasmissione è stata incentrata sulla riforma del mercato del lavoro nel senso della flessibilità —con Delrio che pacatamente sbraita sul fatto che gli italiani hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità— che senso ha concedere cinque minuti conclusivi di celebrità a tre precari (categoria ormai assurta alla dimensione metafisica delle Idee) durante i quali non possono mai essere interrotti, salvo venire rispediti alla propria miserrima professione trenta secondi dopo la buona notte del conduttore?

Si parla di precariato, di donne che non possono prendere la maternità al nono mese di gravidanza, di disoccupazione giovanile, immigrazione clandestina e mille altre amenità che abbiamo imparato a conoscere, esattamente come si potrebbe discutere nel dopo partita di un derby romano:

“Allora dicce gentile precario com’ è annata?”
“Mah, no ho so e arbitro e banche ce stanno a rovina’…”
“Ok, bello de zio mo’ devo manna’ a pubblicità – se sentimo fraté!”.
Dopo la pubblicità
“Buona notte a tutti i nostri telespettatori, ci ritroveremo settimana prossima per sentire altre voci di drammi che colpiscono la gente comune – quella vera – della nostra nazione, perché qui, a Piazza Pulita, un microfono non si nega a nessuno – grazie ancora e buona notte!”
E grazi’ ar cazzo.

Concludiamo finalmente quest’immenso parto con l’ultimo vanto di Formigli: da qualche mese, lui come tutti gli altri esseri umani, sta enormemente sulle balle a quegli accomodanti deputati e senatori del Movimento Cinque Stelle.
Questo perché è stato il primo giornalista a lanciare il famoso fuori-onda di Giovanni Favia, nel quale il militante emiliano dei Cinque Stelle, definiva Grillo un padre-padrone —con un tempismo politico che lascerebbe di stucco anche Trenitalia.
Da quel giorno Formigli se la mena come un disperato perché anche lui come tutti i giganti dell’infotainment ha un nemico giurato di razza —un cazzuttissimo avversario contro cui combattere: Santoro vs Berlusconi, Belpietro vs l’ostetrica di sua madre, Cristo vs Ponzio Pilato, Oriana Fallaci vs Kissinger, Gainpaolo Pansa vs la pace nel mondo e Formigli vs Grillo&Casaleggio.

Tanti nemici, tanto onore —diceva un massmediologo piuttosto noto al grande pubblico.

Ci avviamo alla conclusione ringraziandovi per la cortese attenzione –tanto è gratis– e vi avvisiamo sin da ora che fra qualche anno partirà il ciclo dedicato ai galoppini di Formigli, tutti quei finti amici che lo tradiranno (perché vi giuro lo tradiranno) in nome di un più cospicuo conto corrente, un po’ di fama e qualche amante —insomma le uniche ragioni per le quali la vita ha ancora un senso.
E in questo futuro Formigli sbraiterà invece che godere e anche Santoro continuerà a sbraitare ma con motivazioni pregresse. Griderà: «Mannaggia a quella volta che m’hanno censurato nel 5000 a.C. – stavo per inventare la ruota e svoltare la mia sumerica carriera – la RAI mi deve ancora un botto di arretrati».

Del resto la vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale – e chi guarda spiaggiato sul divano.

Francesco Floris
@Frafloris

Francesco Floris
BloggerLinkiesta
Collaboratore de Linkiesta.it, speaker di Magma, blogger.

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