Del: 7 Maggio 2014 Di: Stefano Colombo Commenti: 0

Il concorso che, nel Luglio 2011, doveva individuare più di 300 nuovi presidi per gli istituti superiori lombardi, buono (e trasparente) non lo è stato. I presidi novizi o presunti tali non si sono ancora seduti dietro le proprie scrivanie. Abbiamo fatto un po’ di ordine nella vicenda insieme a due di loro — preferiscono rimanere anonimi — che si sono visti prima promossi, poi bocciati, infine impelagati in una palude di ricorsi giudiziari insieme a decine di altri colleghi. Questa è la loro storia.

Nel Luglio 2011, dopo 7 anni di attesa, viene finalmente indetto un nuovo concorso per presidi in Lombardia. L’affluenza è alta e serve una preselezione — solo in 1000 dei 4000 aspiranti riescono ad accedere al concorso vero e proprio. A questi viene chiesto prima di cimentarsi in due distinte produzioni scritte e poi a una prova orale; a valutarli, una commissione formata da presidi e capeggiata da un docente universitario. I temi sono valutati in trentesimi, con la sufficienza al 21: la raggiungono in 470 e di tutti questi al successivo orale ne viene bocciato solo uno; tutti gli altri sono promossi. È il Luglio del 2012 e i giochi sembrano fatti — fumata bianca, di corsa a scuola che sta per suonare la campanella.

Invece, cominciano i guai. Alcuni dei bocciati presentano ricorso al TAR (tribunale arbitrale regionale), sostenendo che le buste in cui sono stati raccolti i temi sarebbero troppo trasparenti e che le garanzie legali di anonimato verrebbero a cadere. La trasparenza delle buste per questi concorsi, stabilisce la legge, deve essere almeno del 90%. Dopo una serie di perizie, il TAR riconosce che la trasparenza delle buste usate in questa tornata è del 96%, dunque regolamentare, ma, sostenendo che “in astratto” sarebbe stato violato il principio dell’anonimato necessario al concorso, ordina che i temi vengano reimbustati e ricoretti.

È un discorso di una cavillosità folle, plausibile solo in una contesa tra Paperino e Gastone, ma è anche una questione centrale: significa che tutti i successivi (e incresciosi) eventi si baserebbero su un comportamento giudiziario a dir poco enigmatico, per non dire su un pretesto.

Il TAR infatti convoca una nuova commissione per correggere i temi.
I risultati vengono stravolti. Dei precedenti promossi, ne vengono confermati solo 310; in più, dei precedenti bocciati, ne vengono promossi 270.

In molti casi, le nuove valutazioni destano perlomeno qualche perplessità, elaborati che avevano ottenuto una valutazione di 4/30 o 5/30 rivalutati a un decoroso 21/30 — addirittura, un candidato è passato da 0/30 fino a 25/30.

Ma, si sa, negli affari giudiziari, il dubbio di assolvere un colpevole è di gran lunga meno odioso di condannare un innocente. In questo caso, il sospetto che siano stati promossi degli immeritevoli è meno inquietante del sospetto che siano stati bocciati dei meritevoli. 96 professori in precedenza promossi e virtualmente già seduti sulla poltrona di preside sono stati respinti dalla seconda commissione, i criteri di correzione possono essere davvero così oscillanti? Molti, come il nostro testimone, si sono visti ridurre il proprio punteggio da una piena sufficienza a un risultato inferiore al 21. Non si può parlare di malafede di chi ha corretto i temi finché questa non viene dimostrata, ma qualche domanda pare lecito porsela.
Tra i promossi al secondo giro, si mormora, ci sono personaggi “con le spalle coperte”, due parlamentari — uno autore di un controverso emendamento a un decreto legge sui concorsi pubblici di qualche anno fa e un altro ex portaborse di un ex ministro dell’istruzione; ex provveditori di Lodi, Pavia e Monza.

I promossi che si sono visti bocciare dalla nuova commissione presentano dunque un controricorso, contestando l’eccessiva oscillazione della griglia di valutazione e l’illegittimità del presidente della seconda commissione. Questa, di norma, avrebbe dovuto essere presieduta da un docente universitario, ma, a quanto pare, non se n’è trovato nemmeno uno disponibile allo scopo. Discorso che suona un po’ una foglia di fico — in tutta la Lombardia non un docente disponibile a coprire questo ruolo temporaneo? La scelta di testa della commissione è caduta quindi su un dirigente tecnico — una di quelle figure ombrose ma potenti che gestiscono le casse degli istituti — che inoltre era stato già coinvolto in una vicenda parimenti paludosa in un concorso dedicato appunto ai dirigenti tecnici.

In questa palude nessuno ha vinto, nessuno è ancora diventato preside, dopo la pubblicazione della graduatoria il 23 Febbraio, gli attuali promossi avrebbero dovuto prendere servizio il 10 Marzo. Il 7 dello stesso mese si erano recati a firmare i contratti, ma si sono visti interrompere proprio sul più bello direttamente dal ministero, la firma era stata decisa dall’autorità locale, e lo Stato centrale ha rivendicato un suo diritto di prelazione. Dunque, i novizi prenderanno possesso delle cattedre a partire dal 30 Giugno.

Immaginiamo sia solo per puro caso che la nuova sentenza del TAR, chiamato a giudicare il controricorso dei respinti dalla seconda commissione, sia stata fissata il 1 Luglio. Per loro potrebbe esserci un’altra via d’uscita: proprio in queste ore, il governo sta varando il decreto sul lavoro e uno degli emendamenti è inerente al reintegro di alcuni presidi toscani coinvolti in una vicenda simile a quella lombarda, di sangue e di concorsi — un’altra commissione in odore di illegittimità e altri professori già promosi presidi che corrono il rischio di vedersi sottrarre l’incarico. Se l’emendamento dovesse essere votato potrebbe profilarsi una soluzione ricalcata su quella toscana anche per i presidi del limbo lombardo, e avrebbero il posto i promossi della prima e della seconda ora.

Per ora tuttavia, non resta che sperare nel TAR, e il morale non è alto. Si tratta di persone che hanno servito la scuola pubblica per anni, con convinzione, e che non meritano tutta questa grettezza. Vi lasciamo con una frase pronunciata da uno di quelli con le spalle coperte che invece al secondo giro è stato promosso, “È meglio un buon ricorso di un buon concorso”.

Stefano Colombo
Photo credit Sofiadelmare
Stefano Colombo
Studente, non giornalista, milanese arioso.

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