Del: 13 Giugno 2014 Di: Redazione Commenti: 1

Il movimentato ’68 era passato da poco quando si stagliavano all’orizzonte gli Anni di Piombo e —nel pieno di quel periodo di incredibile fervore non solo politico, ma anche musicale e artistico — nel 1973 venne alla luce uno dei più grandi capolavori che la musica italiana abbia prodotto: Arbeit Macht Frei, album d’esordio degli Area che, nati solo un anno prima con la formazione che li consacrerà, si apprestavano a diventare uno dei gruppi più significativi del periodo.
In piena corrente progressive, ma spaziando in più generi d’avanguardia, gli Area proposero un sound personale ed elaborato, mai banale e ripetitivo, rifuggendo il concetto di “canzone” come siamo abituati a concepirla, essenzialmente mettendo nei propri brani la musica come elemento centrale. Inoltre li distingueva la forte matrice politico-sociale presente nei testi, il loro costante tentativo di creare una rivoluzione che prendesse forma inizialmente in ambito culturale, inseguendo il sogno di un mondo nuovo tanto presente nelle menti di quei ragazzi che manifestavano giorno dopo giorno nelle piazze.

Prima ancora di uscire sugli scaffali, il disco fece scalpore per via della copertina su cui campeggiava un’opera di Edoardo Sivelli rappresentante delle statuine incatenate con una chiave in mano, immagine di forte allusione politica a cui si aggiunse – oltre al titolo – la provocazione di collocare nel disco una pistola di cartone.

Area PicMonkey Collage

Il progetto si apre con” Luglio, agosto, settembre (nero)”, brano tra i più celebri del gruppo, che si scaglia contro la borghesia benpensante e falsa, figlia di un tempo intento a distruggere le singolarità in favore di una totale omologazione. Un testo in arabo schiude il brano, costituendo un incipit storico, a cui fa seguito la voce inconfondibile di Demetrio Stratos che danza su un sound spaziante dal prog alle canzoni popolari gitane. Ad impreziosire il brano già si aggiunge una sezione ispirata al free-jazz, con il sax di Busnello a fare da padrone sui continui cambi ritmici.
Il secondo brano – title track dell’album– lo apre un ispirato Giulio Capiozzo, batterista del gruppo, con poliritmie ricercate sempre più vicine al jazz che indicano la strada alla melodia principale, seguita nella seconda strofa da un riff di basso e chitarra degno di nota. La voce di Stratos si muove qui da potente a sinuosa —raggiungendo livelli eccezionali su di un brano in continua evoluzione— arrestata solo dalla sua conclusione
“Consapevolezza” è l’emblema della fusione tra progressive e jazz-rock tanto ricercata dal gruppo, con un sound molto vicino agli anni ’60 a fare da sfondo in un testo che incita sempre più chiaramente alla ribellione contro il sistema. Anche qui è chiara la fusione tra Occidente ed Oriente, soprattutto nell’arpeggio crescente su cui si incastrano le improvvisazioni di Fariselli.

Il Lato B dell’album è affidato al capolavoro “ L’abbattimento del Tempo” — una melodia vocale accompagnata dal sax tiene le fila del brano nella prima parte, a cui si aggiunge una sezione ritmica che riesce a far convivere l’improvvisazione di tutti gli strumenti in un continuo crescendo che, senza perdere coesione, ha il suo apice nell’imperioso “ IO HO “ di Stratos, per poi viaggiare senza più freni in una conclusione da brividi.
“250 Chilometri da Smirne” è senza dubbio il pezzo più tradizionale del progetto, ma non per questo inferiore agli altri brani in esso contenuti. Un pezzo interamente strumentale in cui, su una rete dal sound free-jazz, gli strumenti si alternano in singoli soli.
Chiude l’album “L’Abbattimento dello Zeppelin”, brano di pura sperimentazione in cui Stratos dà degna prova di sè, con un canto a tratti nervoso e sincopato, su continue fughe strumentali.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=kUg6keKtJc4[/youtube]

Tracce
Lato A
Luglio, agosto, settembre (nero) – 4:27
Arbeit Macht Frei – 7:56
Consapevolezza – 6:06
Lato B
Le labbra del tempo – 6:00
240 chilometri da Smirne – 5:10
L’abbattimento dello Zeppelin – 6:4

Formazione
Demetrio Stratos – voce, organo Hammond, steel drum
Victor Edouard Busnello – sassofono, clarinetto basso
Giulio Capiozzo – batteria, percussioni
Yan Patrick Erard Djivas – basso elettrico, contrabbasso
Patrizio Fariselli – pianoforte, piano elettrico
Paolo Tofani – chitarra elettrica, EMS VCS3, flauto


Federico Arduini

Redazione on FacebookRedazione on InstagramRedazione on TwitterRedazione on Youtube
Redazione

Commenta