Scroscio di applausi a Strasburgo, la renzimania, come amano definirla simpatici scribacchini della propaganda senza grassi saturi, è una malattia che sta infestando con ritmo pestilenziale l’intero continente.
In questo clima da sospensione dell’incredulità si apre il discorso programmatico di Matteo Renzi al Parlamento Europeo per il semestre a guida italiana dell’Unione.
Dopo i convenevoli d’obbligo, con tanti saluti, abbracci fraterni, ringraziamenti e lacrime di gioia, il Presidente del Consiglio entra nel vivo del proprio discorso.
E Renzi parlò:
Che cos’è oggi il dibattito sulla politica europea, dopo la crisi che tutti abbiamo vissuto e anche la crisi politica che stiamo vivendo?
Lasciatemelo dire con una battuta: se oggi l’Europa facesse un selfie, che immagine verrebbe fuori?[…] Emergerebbe il volto della stanchezza, in alcuni casi della rassegnazione, se dovessi dirla in modo sintetico direi che l’Europa oggi mostrerebbe nel selfie il volto della noia.
Sembrava troppo bello per essere vero: uno statista illuminato, un padre costituente, un Bismarck dal faccione scoiattoloso si affacciava alle porte dell’Europa con il suo piglio decisionale, da artigiano fiorentino che non aspetta tempo perché il tempo è denaro.
E invece Matteo Renzi va subito a sbattere a mille all’ora, citando la più insulsa delle pratiche modaiole che infestano il mondo occidentale.
L’effetto che suscita, celato dietro il silenzio dei colleghi all’Europarlamento, è lo stesso del noto “Kapò” di Berlusconi: imbarazzo misto vergogna suicida, un risolino nervoso e compulsivo al limite dell’attacco cardiaco.
L’espressione “il volto della noia” sembra un titolo degno dell’ultimo romanzo di Margaret Mazzantini – storia di una prostituta di Belgrado che conosce e s’innamora di un parrucchiere triestino che non la soddisfa sessualmente.

[…] Avete chiuso il semestre greco, quindi c’è un passaggio di consegne fra la Grecia e l’Italia. […] Immaginiamo qual è il testimone tra la Grecia e l’Italia, pensiamo a cose straordinariamente affascinanti e ricche di suggestioni. Qualcuno potrà pensare al rapporto fra Anchise e Enea, qualcuno tra Pericle e Cicerone, l’Agorà e il Foro, il Tempio e la Chiesa, il Partenone e il Colosseo.
Fra il litorale di Rimini e le discoteche di Mykonos, Alba Dorata e Casapound, il gyros e gli spaghetti all’amatriciana.
Un po’ di bordello pseudo-letterario per far capire ai tecnocrati europei che non si parla più solo di figa, qui si viaggia ad alti tassi di scolarizzazione forzata, fra mitologia, discorsi agli ateniesi e piani regolatori delle polis.
[…] E non pensiamo nemmeno alle domande sul senso della vita, nonostante Aristotele e Dante Alighieri, Archimede e Leonardo da Vinci. Noi pensiamo alla crisi finanziaria, allo spread, alle valutazioni economiche, alle difficoltà finanziarie.
Il senso della vita alla Monty Python verrà inserito nel piano di riforma della BCE per avvicinarla ai cittadini: più che Eurobond ci servono buone azioni.
La mamma di Renzi è così fiera del suo figliuolo, che davanti a una platea ben più ostica che non quella della commissione di maturità, sa districarsi con la facilità di un contorsionista minorenne fra Aristotele e Dante Alighieri – suoi amici immaginari d’infanzia con i quali s’intratteneva, rotolandosi per ore in un mare di aletheia.
In economia i risultati non sono così eclatanti: prova quasi goduria nel pronunciare ogni cinque secondi la parola “finanziario”, nemmeno fosse un feticista dell’ultima lettera dell’alfabeto.
[…] L’Italia sostiene che la grande sfida del semestre europeo […] è ritrovare l’anima dell’Europa, il senso profondo del nostro stare insieme.
Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola sta comodo anche tu.
Un po’ di retorica sullo “stare insieme”, scambiarsi vini e pagnotte alla tavola imbandita della convivialità europea. Più che sbattere i pugni sul tavolo si levino i calici in segno di sbronza molesta.
Un Renzi in formato Indiana Jones promette di organizzare mastodontiche spedizioni nella Valle del Nilo o nel Mar dei Sargassi, alla ricerca di quell’anima europea trafugata dai pirati.
[…] Abbiamo il desiderio o no di essere all’avanguardia? Sull’ICT, sull’Information and communications technology, investimento sul Climate change […] Sull’importanza strategica della questione legata al capitale umano […] Non ci sarà nessun tipo di spazio per l’Europa se noi accetteremo di restare soltanto un puntino su Google Maps.
Parte il pippone in inglese “maccherone mo’ te magno”, laurea allo IED in un qualunque corso dall’acronimo filo-Nato. “Dobbiamo investire sul change del future investment human rights climate Confederations cup. Do you Renzi baby?”.
Per non parlare dell’importanza strategica del film di Paolo Virzì nell’educazione dei nostri bambini.
Listen and repeat: non siamo un puntino su Google Maps, ma un quadrato su Tuttocittà.it.
Per qualche minuto Renzi placa il proprio delirio di onnipotenza, ma proprio mentre l’intervento volge al termine dà il meglio di sé.
Se di fronte a una donna, Miriam, che partorisce in Sudan, in carcere per la sua fede, o alle ragazze della Primavera araba, noi continuiamo soltanto a utilizzare frasi fatte, slogan vuoti, parole retoriche, continuiamo a rinchiuderci nelle nostre frontiere, senza avere il coraggio di affermare i nostri valori, noi non andremo da nessuna parte e perderemo la dignità del nostro essere politici europei.
A parte il riferimento un po’ oscuro alle “ragazze della Primavera araba”, come se si riferisse a una confraternita di un college, abbiamo davanti un maestro dell’illusionismo verbale: il suo è un appello contro certa retorica semplicistica, che si conclude esattamente con la stessa retorica da telefilm hollywoodiano. Ci mancava solo un’inquadratura con alle spalle la Statua della Libertà in fiamme e una colonna sonora trionfale a fare da contorno.
[…] L’Italia vuole vivere questo semestre immergendosi.
Tranquillo, ci siamo già dentro fino al collo e nuotare non è affatto facile.
[…] C’è anche, lasciatemelo dire, una generazione nuova, se dovessi concludere con un riferimento da cui sono partito nel rapporto Grecia-Italia, direi che non è che la generazione Telemaco. […] C’è un’epopea bellissima nella letteratura su Ulisse, perché Ulisse è il grande personaggio che affascina e emoziona, e poi perché Ulisse ha animato non soltanto la letteratura antica, ma anche da Dante a Joyce […] Però nessuno parla di Telemaco. La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco.
Lo dobbiamo ai nostri figli e a tutti coloro che sono morti nel corso dei secoli per far si che l’Europa non fosse solo un’espressione geografica, ma un’espressione dell’anima.
In bocca la lupo a tutti noi.
Aridaje con Omero, se ci fossero parenti all’ascolto sappiano che i diritti d’autore ereditari scadono dopo settant’anni, non si avanzino dunque pretese economiche nei confronti del nostro Premier di Itaca.
Povero Telemaco, snobbato dalla critica mainstream, con il suo nome da compagnia telefonica sull’orlo della bancarotta, che non affascina nessuno solo perché era meno palestrato di Ulisse.
Posto che siamo un’espressione dell’anima, forse faremmo meglio ad occuparci dell’aldilà invece che delle sporche questioni mondane.
Il punto è sempre lo stesso: fino a quando Renzi si muove nel campo della letteratura spiegata ai poveri, dei buoni sentimenti e dei fioretti per Pasqua, è un ottimo incantatore di serpenti, ma non appena ci si sposta nel campo del concreto, ovvero della politica, non fa altro che blaterare scemenze astratte.
In politica economica ha detto ciò che ripete ossessivamente da mesi:
“Rispetteremo gli impegni, senza rispettarli” – bentornato ossimoro, sentivamo la tua mancanza.
In politica estera non si va oltre uno starnazzare impazzito di “viva Ucraina, viva Primavera araba, abbasso Boko Haram”. La complessità non è di casa.
La standing ovation a conclusione del discorso non si risparmia a nessuno, il Parlamento Europeo è una sorta di applausometro schizofrenico.
Aspettiamo con ansia le lodi sperticate degli editorialisti italici, i titoloni di domani non si sprecheranno in quanto a “coraggio” e “rivoluzione”.
Più che Ulisse, Renzi è Ettore – non finì proprio benissimo.
@Frafloris