Del: 26 Agosto 2014 Di: Gemma Ghiglia Commenti: 0

Da un articolo uscito il 24 agosto sul sito del New York Times, firmato John Eligon:

Michael Brown, 18, due to be buried on Monday, was no angel, with public records and interviews with friends and family revealing both problems and promise in his young life. Shortly before his encounter with Officer Wilson, the police say he was caught on a security camera stealing a box of cigars, pushing the clerk of a convenience store into a display case. He lived in a community that had rough patches, and he dabbled in drugs and alcohol. He had taken to rapping in recent months, producing lyrics that were by turns contemplative and vulgar. He got into at least one scuffle with a neighbor.

Micheal Brown, 18 anni, la cui sepoltura si terrà lunedì, non era un angelo: documenti pubblici e interviste con amici e familiari rivelano sia speranze che problemi nella sua giovane vita. Poco prima del suo incontro con l’ufficiale Wilson, la polizia dichiara che Brown fosse stato ripreso da una telecamera di sicurezza mentre rubava una scatola di sigari, spingendo la commessa del negozio contro un espositore. Viveva in una comunità difficile, e aveva avuto problemi con alcool e droghe. Negli ultimi mesi aveva cominciato a rappare, producendo testi a volte ispirati altre volte volgari. Almeno in un’occasione ha fatto a botte con un vicino.

Micheal Brown è il ragazzo di colore ucciso a Ferguson (Missouri) il 9 agosto, dopo essere stato raggiunto da sei colpi di pistola sparati dall’agente Darren Wilson.

L’articolo di Eligon prosegue tracciando un lungo ― e anonimo ― ritratto della vita di Brown che vuol essere toccante e comprensivo verso l’adolescente che “non era un angelo”.

Tutto ciò è irrilevante.

Altrettanto irrilevanti sono i commenti che descrivono Wilson come “una persona educata, relativamente pacata, che semmai sembrava voler tenere un profilo basso”.
Se anche Darren Wilson fosse stato l’agente di polizia più corretto e rispettoso dei diritti civili di tutto il Missouri, e sei colpi contro un ragazzo disarmato dicono il contrario, si troverebbe dalla parte del torto comunque, anche se avesse tolto dalle strade il più pericoloso spacciatore della contea di St. Louis. Se Micheal Brown fosse il più pericoloso spacciatore della contea di St. Louis non ci è dato saperlo; quello che sappiamo è che in nessun caso avrebbe dovuto trovare la morte crivellato per strada. Anzi, in nessun caso avrebbe dovuto trovare la morte.

L’opinione pubblica non è rimasta in disparte e ha criticato fortemente l’accaduto —nonostante questo articolo, e altri simili, non lo facciano pensare.
Tutti hanno espresso sconcerto e preoccupazione; a cominciare dal Presidente Barack Obama, il quale ha chiesto una revisione dell’equipaggiamento in dotazione alla polizia, che si preannuncia essere ― in mancanza di provvedimenti più rigorosi sull’uso e l’accesso alle armi ― un cerotto su una ferita da granata.

Obama non ha quindi rilasciato commenti sul problema più difficile da risolvere, quello culturale e di società, per il quale in una cittadina a vasta maggioranza afroamericana (il 67%), sia normale che il corpo di polizia conti solo 3 neri su 53 (meno del 6%). Un rapporto che ci riporta indietro agli anni della segregazione razziale, e testimonia quanto razzismo serpeggi ancora negli Stati Uniti, dove persino un giornale come il New York Times non riesce a condannare con decisione la morte di un adolescente nero disarmato per mano di un poliziotto bianco.

L’America resta un Paese di contraddizioni, dove un uomo nero è a capo del cosiddetto mondo libero e un altro muore per strada.

Gemma Ghiglia
@g_ghiglia
Foto CC Light Brigading
Gemma Ghiglia
Classe 1990, studentessa di Relazioni Internazionali. A metà strada fra Putin e la Rivincita delle bionde.

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