L’Unione Europea si trova in questi giorni a fronteggiare un grave scandalo che ha investito EULEX, la più grande e costosa missione europea al di fuori dei confini comunitari, attiva in Kosovo dal 2009. Maria Bamieh, pubblico ministero inglese impegnato in EULEX, ha accusato di corruzione alcuni membri della missione, riferendosi ad episodi avvenuti nel 2012 e nel 2013. Prima che fossero rese note le sue rivelazioni, pubblicate a fine ottobre dal quotidiano kosovaro Koha Ditore, la Bamieh è stata sospesa.
EULEX esiste proprio per combattere la corruzione e la criminalità organizzata in Kosovo e sostenere il cammino del giovane Stato verso l’integrazione europea. Pienamente operativa dal 2009, con un budget annuale di 111 milioni di euro, la missione si muove come una sorta di potere giudiziario ausiliario, facendosi carico dei processi più delicati — come quelli riguardanti crimini di guerra, terrorismo e traffico di esseri umani. All’epoca del suo insediamento fu salutata favorevolmente dagli stessi cittadini kosovari, nella speranza che i giudici e i pubblici ministeri dell’Unione Europea perseguissero i “pesci grossi” (come era stato annunciato) e liberassero il Paese dalla corruzione endemica.
A cinque anni di distanza regnano la disillusione e lo spiacevole sospetto che EULEX, compromettendosi con le élite politiche kosovare, si sia adattato allo stesso sistema criminale che era chiamato a sradicare. Le accuse della Bamieh, nello specifico, riguardano due giudici, l’italiano Francesco Florit e la ceca Jaroslava Novotna, accusati di aver percepito tangenti da alcuni imputati di grosso calibro, in cambio di una riduzione di pena.
I due negano ogni imputazione, ma le rivelazioni della stampa kosovara lasciano intravvedere un quadro ancora più complesso e inquietante. La Bamieh, citando come prova alcune conversazioni telefoniche registrate, dice di essere stata più volte ostacolata e minacciata durante le proprie indagini; parla di inefficienze da parte di EULEX nella protezione dei testimoni, processi condotti sommariamente, tentativi di insabbiamento e informazioni passate illegalmente ai servizi segreti serbi. A ciò si aggiungono le minacce che avrebbe ricevuto uno dei giornalisti di Koha Ditore, fermamente negate dai vertici di EULEX ma fatte oggetto di un duro rimprovero da parte di Reporter Senza Frontiere.
Critiche al funzionamento della missione e dubbi sulla sua reale efficacia erano già stati avanzati alcuni anni fa. Andrea Capussela, a capo dell’unità economica della missione internazionale che ha vigilato sulla transizione del Kosovo verso l’indipendenza, definiva EULEX un “brillante simbolo di incompetenza” in un articolo apparso sul Guardian nel 2011: pochi processi, poco importanti, e spesso gestiti male. Su quindici casi rilevanti analizzati da Capussela, solo quattro si sono risolti con sentenze di condanna. Quasi mai vengono indagati personaggi di primo piano della politica kosovara, come dimostra il caso del primo ministro Hashim Thaci, indicato da un rapporto del deputato svizzero Dick Marty per il Consiglio d’Europa come responsabile di crimini legati al traffico di organi nel corso del conflitto del 1999: EULEX ha annunciato indagini solo dopo forti pressioni internazionali, salvo smentire all’occorrenza che Thaci fosse ufficialmente oggetto di inchiesta.
Gabriele Meucci, a capo della missione dal 15 ottobre, ha dichiarato che le accuse della Bamieh sono al vaglio di un’indagine interna sin dal 2013. La procuratrice britannica ha espresso scetticismo sulla serietà di queste indagini e ha salutato con favore la promessa, da parte di Federica Mogherini, della nomina di un ispettore esterno per fare luce sul caso. Il 3 novembre si è tenuta un’audizione a porte chiuse di fronte al Parlamento Europeo, in cui sono stati ascoltati Fernando Gentilini, responsabile estero dell’Unione Europea per i Balcani occidentali, e Kenneth Deane, che si occupa delle missioni civili, ma pare che non sia emersa alcuna informazione aggiuntiva.
Lo scandalo è un duro colpo per la credibilità delle operazioni dell’Unione Europea e della comunità internazionale in una regione così delicata e difficile da stabilizzare politicamente.
In Kosovo opera dal 1999 l’Unmik, l’amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite, di cui EULEX ha raccolto l’eredità delle funzioni giudiziarie. La posizione di Unmik si è fatta spinosa dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo nel 2008, perché da un lato limita la sovranità nazionale delle istituzioni kosovare, dall’altro non sembra riuscire ad ottenere risultati definitivi nel processo di “normalizzazione” del paese, dopo quindici anni di presenza sul territorio. La partita più importante si gioca proprio contro la corruzione, una vera piaga per la nazione più giovane d’Europa.
Il caso EULEX è stato trattato con incredibile negligenza dalla stampa italiana, nonostante molta Italia – come abbiamo visto – sia coinvolta. Le stesse istituzioni europee si stanno muovendo con una certa reticenza, che traspare dalle poche dichiarazioni ufficiali rilasciate e dalla tiepidità delle reazioni. Di fronte alla gravità delle accuse e dello scenario prospettato, ci si augura che, almeno fuori dalla luce dei riflettori, le indagini procedano speditamente e arrivino a fare chiarezza sulla vicenda il più in fretta possibile.
Sebastian Bendinelli
@se_ba_stian