Del: 24 Novembre 2014 Di: Ilaria Guidi Commenti: 0

Siamo a Vittoria, un comune della provincia di Ragusa. Qui ha luogo una delle attività agricole più proficue, se non d’Italia, almeno di tutta la Sicilia. Ma come viene portata avanti questa attività?

Non solo i prodotti vengono trattati con sostanze chimiche nocive per i consumatori e per chi ci lavora; non solo, quindi, le schiave – perché è di schiave che si tratta – rischiano di ammalarsi sul posto di lavoro senza avere nessuna tutela poiché lavorano in nero; non solo vivono nel totale isolamento delle campagne e nella totale dipendenza dal padrone; non solo sono sfruttate sul lavoro, queste donne sono sfruttate anche sessualmente.

Si tratta di donne romene trasferitesi in Italia con la famiglia, nella speranza di trovare un lavoro e una condizione migliore rispetto a quella in cui vivevano prima — hanno trovato tutt’altro. Anche le case in cui i padroni concedono loro di vivere sono indecenti, con le pareti logorate dall’umidità e cartoni al posto dei materassi.

Perché accettano questa vita? Come leggiamo sull’inchiesta del L’Espresso del 15 settembre 2014, qui hanno la possibilità di vivere con la loro famiglia, con i loro figli; se facessero le badanti non potrebbero portare con sé mariti e figli nelle case di anziani signori.

Prostituzione

Spesso, inoltre, queste donne rimangano incinta: «5 o 6 interruzioni [volontarie di gravidanza] alla settimana sono il numero che emerge parlando informalmente con gli addetti ai lavori di Vittoria», leggiamo su un articolo del Quotidiano di Sicilia (QDS) pubblicato il 7 novembre 2014.

Un numero di aborti estremamente elevato che a volte gli stessi ospedali gestiscono con difficoltà, anche perché molti dei medici di Vittoria sono obiettori di coscienza, e questo crea ulteriori conseguenze: alcune donne sono costrette a tornare in Romania per abortire, oppure si rivolgono a persone che praticano aborti clandestini senza avere competenze nel campo e a prezzi elevatissimi.

Questi fatti sono stati per molto tempo trascurati a causa della cecità delle istituzioni e del silenzio di chi sapeva, tra cui altre aziende della zona che lavorano rispettando la legge e non vogliono rovinarsi la reputazione. Le poche denunce presentate sono poi cadute nel vuoto.

Recentemente, però, si stanno prendendo i primi provvedimenti: «i Carabinieri della Compagnia di Vittoria ci hanno assicurato che sono in atto dei controlli per contrastare “il fenomeno del lavoro nero e favorire la tutela della dignità dei luoghi dove si presta attività lavorativa” ma anche per “appurare l’esistenza, sui luoghi di lavoro, e in particolare presso serre e campi agricoli, di forme di schiavitù e di sfruttamento sessuale di donne extracomunitarie, specie romene”. Anche la Polizia sta mettendo in atto azioni utili per “fare chiarezza senza generalizzare. Non bastano denunce generiche – dicono dalla Polizia – occorrono fatti circostanziati, testimonianze, prove per assicurare alla giustizia i responsabili […]”», leggiamo ancora sul QDS.

Escludendo i medici obiettori di coscienza, la Chiesa collabora, in particolare attraverso Padre Beniamino Sacco, il quale si impegna nella denuncia dello sfruttamento di lavoratori e lavoratrici, e degli abusi sessuali sulle donne. Ed è sempre disposto ad accogliere le donne incinte che non vogliono abortire o non ne hanno la possibilità: «Noi abbiamo avuto delle donne che sono venute in parrocchia che hanno poi gestito la gravidanza per mesi».

Ilaria Guidi
@ilovemingus

Ilaria Guidi

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