Sebastian Bendinelli
@se_ba_stian
Domenica 25 si voterà in Grecia per il rinnovo del Parlamento. Le elezioni anticipate sono state indette, come prevede la Costituzione, dopo il fallimento di tre votazioni consecutive per la nomina del nuovo Presidente della Repubblica.
Ampiamente preannunciate dalla fragilità della maggioranza su cui si reggeva il governo uscente, le elezioni colgono il Paese in un momento delicatissimo, dopo oltre cinque anni di recessione e un commissariamento di fatto da parte della troika (Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale), che, in cambio di due serie di prestiti, erogati nel 2010 e nel 2012 per un totale di 240 miliardi di euro, ha imposto al governo pesanti misure di austerità per il risanamento dei conti pubblici.
La ricetta economica della troika ha permesso finora alla Grecia di rimanere all’interno dell’Eurozona, scongiurando un default incontrollato, ma ha portato le condizioni sociali del Paese al limite dell’emergenza umanitaria. Il tasso di disoccupazione generale è al 25,5% (anche se in lieve diminuzione rispetto al 2013), quello giovanile tocca il 50%. Proprio quest’anno è attesa la sesta revisione del piano di aiuti finanziari (bailout) varato nel 2012 per coprire le esigenze di bilancio 2013-2014: il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che attenderà l’insediamento del nuovo governo prima di riprendere i negoziati.

Il sistema elettorale
L’attuale legge elettorale, in vigore dal 2004 e modificata nel 2008, prevede un sistema misto, ma fortemente orientato al proporzionale: sono assegnati su base proporzionale, con una soglia di sbarramento al 3%, 250 dei 300 seggi parlamentari (in Grecia il Parlamento è costituito da una sola camera). I restanti 50 seggi sono assegnati, come premio di maggioranza, al primo partito. Le circoscrizioni elettorali sono 56 ed eleggono 288 parlamentari, mentre 12 seggi sono ripartiti su base nazionale.
Una curiosità: il voto è obbligatorio fino all’età di 70 anni, ma le sanzioni penali per chi si astiene (da un mese a un anno di reclusione) non sono mai state applicate; quelle amministrative (mancato rinnovo della patente e del passaporto) sono state abrogate nel 2000. Alle ultime elezioni politiche l’affluenza è stata del 62,47%, inferiore di quasi otto punti percentuali rispetto al 2009.
Nonostante la lieve modifica in senso maggioritario varata nel 2008 — premio di maggioranza di 50 seggi anziché 40 — la natura del sistema elettorale fa sì che sia difficile garantire un governo stabile. Per ottenere 151 seggi è necessario infatti il 40% dei voti.
L’attuale governo uscente, presieduto da Antonis Samaras, si è insediato a giugno 2012, dopo un anno travagliato che ha visto la caduta del governo socialista di George Papandreu sotto i colpi della crisi (novembre 2011), la parentesi del governo tecnico presieduto da Lucas Papademos (novembre–maggio 2012), e una prima tornata elettorale senza vincitori (maggio 2012): falliti i negoziati fra i primi tre partiti, il popolo greco è stato richiamato alle urne nel giro di un mese.
Le elezioni di giugno 2012 hanno registrato una considerevole rimonta (dal 19 al 29%) del partito di centrodestra di Samaras, Nea Dimokratìa, probabilmente sull’onda della paura generata dallo spettro dell’ingovernabilità, dalla pressione dei mercati finanziari e dalla possibile uscita dall’Euro, paventata da numerosi analisti finanziari ed esponenti politici dell’Eurozona. ND non ha comunque ottenuto la maggioranza assoluta, ma è stato possibile formare un governo di coalizione con il partito di centrosinistra PASOK e il piccolo partito socialdemocratico DIMAR, nato da una costola di SYRIZA. Quest’ultimo ha ritirato il proprio appoggio un anno dopo, a giugno 2013, in seguito alla decisione unilaterale di chiudere l’emittente televisiva statale ERT. Al governo è così rimasta una maggioranza di appena 153 seggi, dai 179 iniziali (già progressivamente ridotti nel corso della legislatura per l’espulsione dai rispettivi partiti di alcuni parlamentari che si sono rifiutati di votare le misure di austerità).
Le principali forze in campo
SYRIZA
Fondata nel 2004 come coalizione di diversi partiti di sinistra, dal 2012 è un partito unitario (pur mantenendo l’acronimo, che significa appunto Coalizione della Sinistra Radicale), guidato da Alexis Tsipras. Tutti i sondaggi la danno attualmente per vincitrice, attorno al 35%, con tre o quattro punti di vantaggio su Nea Dimokratìa. Resta aperta l’incognita delle alleanze che dovrà necessariamente cercare di stipulare, in mancanza della maggioranza assoluta. Capisaldi del suo programma sono la fine delle politiche di austerità, un ambizioso piano di investimenti pubblici, unito a politiche sociali a sostegno delle fasce più deboli della popolazione, e la rinegoziazione dei termini dei prestiti erogati dalla troika.

NEA DIMOKRATIA
Partito conservatore fondato nel 1974 da Konstantinos Karamanlis, primo presidente del Consiglio della Grecia repubblicana e democratica, ha guidato il Paese per oltre quarant’anni, in alternanza con il PASOK. Nonostante gli scandali legati alla corruzione, la responsabilità di aver lasciato crescere incontrollatamente il debito pubblico nel periodo 2004-2009, e il rapido cambio di rotta del suo leader Samaras, che da fiero oppositore della troika si è fatto principale esecutore delle sue politiche, ND si è ripresa dal tracollo di maggio 2012 e secondo i sondaggi è assestata attorno al 30%.
TO POTAMI
Fondato nel marzo scorso dal giornalista televisivo Stavros Theodorakis, To Potami (Il Fiume) è la novità di questo giro elettorale. Nato espressamente dalla frustrazione nei confronti degli schieramenti politici tradizionali, ha esordito alle elezioni europee di maggio con un sorprendente 6%. Il suo orientamento politico è da centrosinistra moderato, e il leader Theodorakis non ha escluso una possibile alleanza tanto con Tsipras quanto con Samaras.
ALBA DORATA
Nonostante l’operazione di polizia che a fine settembre 2013 ha portato all’arresto di nove parlamentari, incluso il leader Nikos Michaloliakos, i neonazisti di Alba Dorata hanno ancora la forza di contendersi il terzo posto con To Potami. Per quanto sembrino lontani dall’exploit che ha permesso loro di guadagnare 18 seggi in Parlamento nel 2012 (caso unico in Europa per un partito di ispirazione esplicitamente nazista) e dal 9% ottenuto alle europee, restano un elemento inquietante e da non sottovalutare.
KKE
Storicamente terzo partito dopo Nea Dimokratìa e PASOK, i marxisti-leninisti del KKE (Partito Comunista Greco) viaggiano oggi poco oltre il 5%. Vedono con favore l’uscita della Grecia dall’Eurozona e dall’Unione Europea ed escludono la possibilità di un’alleanza con SYRIZA, nonostante la volontà di quest’ultima di cercare una maggioranza parlamentare prima a sinistra che al centro.
PASOK
L’altro grande partito tradizionale insieme a Nea Dimokratìa, ma quello che indubbiamente ha pagato il prezzo più grande della crisi economica e delle politiche di austerità varate in coalizione con il centrodestra. Il crollo dei suffragi del PASOK (acronimo che sta per Movimento Panellenico Socialista) è stato recentemente aggravato dalla scissione del precedente segretario (e primo ministro nella bufera tra 2009-2011) George Papandreu, che, in rotta con l’attuale leader Evangelos Venizelos, ha fondato un proprio partito (il Movimento dei Socialisti Democratici). Il PASOK si è dichiarato disposto a collaborare sia con SYRIZA che con ND, ed è dato dai sondaggi intorno al 5%.