Del: 20 Febbraio 2015 Di: Jacopo Musicco Commenti: 0

Jacopo Musicco
@jacopomusicco

La notte del 22 febbraio prenderà il via l’86esima edizione degli Academy Awards, tutti i riflettori saranno puntati su vestiti pomposi, sorrisi scolpiti e aplomb da far invidia ai salotti rinascimentali, il tutto per una serata all’insegna dello show. State bene attenti, la notte degli Oscar non va mai paragonata alle serate di premiazione dei festival del cinema, la notte delle statuette d’oro non è altro che un grande spettacolo mediatico – di risonanza mondiale – utile a consacrare quella massiccia economia che è il cinema hollywoodiano.
Vediamo allora quali pellicole e chi fra i talentuosi attori di Hollywood si contenderà l’ambita statuetta.

BEST PICTURE

American Sniper/Birdman/Boyhood/The Imitation Game/Selma/The Theory of Everything/The Grand Budapest Hotel/Whiplash.

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La categoria principale vede quest’anno un interessante assortimento di generi. Su tutti il biopic, rappresentato da ben quattro pellicole: The Theory of Everything, il controverso American Sniper, The Imitation Game e la via di mezzo Selma. Due black commedy, Birdman e The Grand Budapest Hotel, e due drammi, Boyhood e Whiplash.

Selma è probabilmente il film che parte più svantaggiato nella corsa alla statuetta. Con un Oscar l’anno precedente a 12 Anni Schiavo – storia di un afroamericano libero reso schiavo nel 1850 – sarà difficile che l’Academy decida di porre nuovamente l’attenzione sulla stessa tematica, a questo si aggiunge la poca incisività della pellicola rispetto agli altri contendenti.
Il duo The Theory of Everything e The Imitation Game si collocano anch’essi nelle retrovie causa la ridondanza delle storie raccontate e la poca affinità con i gusti dell’Academy: infatti dobbiamo risalire al 2002 per ripescare la vittoria di A Beautiful Mind, storia di John Nash genio brillante e dannato.
A metà strada fra l’oblio e il successo si collocano Whiplash e The Grand Budapest Hotel, il primo successo di pubblico e critica al Sundance Film Festival, il secondo vincitore del Gran Premio della Giuria a Berlino. Entrambi forse troppo caratterizzati da quell’hipsteria cara al Festival di Robert Redford per poter essere apprezzati dai giudici dell’Academy — e quindi lontani dalla possibilità di vincere.

Arriviamo al grande punto di domanda che si è posato sopra la notte del 22 febbraio: sei nominations, 315 milioni d’incasso al botteghino e critica spaccata in due, American Sniper. Il film di Clint Eastwood si colloca in un contesto di ambiguità – film propagandistico/film contro il sistema dell’indottrinamento militare (?) – creando una sensazione di imbarazzo per l’Academy, basta ricordare Schindler’s List di Spielberg. Un’alternativa potrebbe essere quella di premiare Bradley Cooper come Miglior Attore Protagonista e, in qualche modo, dare un contentino agli sforzi, già ripagati dall’incasso, dell’ex cowboy.
Infine rimangono i due veri concorrenti: Birdman e Boyhood.

Accomunati da particolarità registiche – il primo girato interamente in piano sequenza e il secondo con una lavorazione attraverso dodici anni nella vita di un ragazzo – i due titoli sono i più promettenti per quanto riguarda la vittoria dell’omino d’oro. Il quesito è: chi riceverà il premio per miglior film e chi invece dovrà accontentarsi di quello per la miglior regia?
L’ipotesi è quella della vittoria di Boyhood, il film che ha fatto incetta di Golden Globes e che sicuramente farà colpo sui giudici dell’Academy, grazie agli elementi di crescita e sviluppo giovanile da una parte e l’innovativa tecnica registica dall’altra. Ci si augura non solo un premio alla pellicola, ma anche a Linklater – qua al suo diciassettesimo film – che finalmente vedrebbe riconosciuto il suo lavoro di regista eclettico.

BEST ACTOR IN A LEADING ROLE

Michael Keaton/Steve Carell/Bradley Cooper/Benedict Cumberbatch/Eddie Redmayne.

Benedict Cumberbatch e Eddie Redmayne, pur regalando ottime interpretazioni, si collocano tra gli sfavoriti. Il motivo in questi casi è sempre lo stesso: migliori concorrenti. Keaton, Carell e Cooper nel 2014 hanno dato prova di saper rivestire ruoli complessi: Keaton e il meta cinema (Batman/Birdman), il comico Carell e il rapporto con i drammi (basta andare a vedere il trailer di Foxcatcher) e Cooper – la faccia buona dell’America – alle prese con il dilemma crimine o dovere.
Tra questi tre nomi quello su cui puntare è Bradley Cooper, mai premiato fino ad ora dall’Academy e incarnazione cinematografica dell’american soldier. Come già accennato, la sua vittoria potrebbe rappresentare una scappatoia mediatica per premiare American Sniper come pellicola senza sollevare il polverone di polemiche. Lo sapremo, ovviamente, il 22 sera.

BEST ACTRESS IN A LEADING ROLE

Marion Cotillard/Felicity Jones/Julianne Moore/Rosamund Pike/Reese Witherspoon

Molto più interessante della categoria maschile quest’anno è quella femminile, dominata da attrici di altissimo calibro alle prese con ruoli legati alla vita di tutti i giorni e ai problemi che ne conseguono. Lontane dalle bipolari Lawrence e Blanchett (Il lato positivo/Blue Jasmine) o dalla Iron Lady della Streep, nel 2014 abbiamo avuto donne di cinema che non hanno esitato ad affrontare le difficoltà (cinematografiche) legate a lavoro o malattia.
Tra le nominate risaltano: la Cotillard che, grazie alla sceneggiatura dei fratelli Dardenne, esplora la dura realtà del lavoro in tempo di crisi (inutile dirlo, attraverso gli occhi di una donna); la mantide religiosa Pike, da moglie perfetta ad assassina spietata, mette in dubbio le sicurezze maschili(ste); infine la Moore – fresca di Golden Globe – mai premiata dall’Academy e con Still Alice al suo 59esimo film per il cinema, si delinea come la più favorita, complice la complessità della tematica (il film vede la protagonista affetta da una forma presenile di Alzheimer). Nel caso di vittoria dunque non solo un premio al ruolo, ma anche all’attrice che a cinquantacinque anni continua a sorprenderci con potentissime interpretazioni.

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BEST SUPPORTING ACTRESS/ACTOR

Patricia Arquette/Laura Dern/Keira Knightley/Emma Stone/Meryl Streep.
Robert Duvall/Ethan Hawke/Edward Norton/Mark Ruffalo/J.K. Simmons.

La categoria femminile si rivela ancora una volta più interessante. La sfida sarà sicuramente generazionale: da una parte la giovane – ma piena di talento – Emma Stone, che in Birdman riesce a parlare attraverso due occhi profondi (e azzurri) come il mare, dall’altra Patricia Arquette, anche lei come la Moore uscita vincitrice dai Golden Globe. E sebbene a parità di recitazioni dovrebbe vincere la giovane, sarà più plausibilmente l’attrice di Boyhood a portare a casa la statuetta. Perché? Per il semplice motivo che grazie al film di Linklater l’Arquette ha la possibilità di dimostrare non una, ma ben tre interpretazioni nel corso di tre diversi periodi temporali; un’occasione che non capita tanto spesso.
Per la categoria maschile basta un nome: J.K. Simmons. Pregi e difetti di Whiplash a parte, l’attore di Detroit ha eseguito una delle migliori interpretazioni dell’anno. È dunque lui la vera sicurezza di questi Oscar 2015; con il rigore ferreo di un generale e il cuore che batte a ritmo di jazz, Simmons si avvia quasi certo sul palco per il discorso della vittoria.

BEST DOCUMENTARY FEATURE/FOREIGN LANGUAGE FILM

Niente previsioni per queste due categorie, ma solo speranze. Un po’ la differenza tra la visione americana e quella europea, un po’ l’imprevedibilità dell’Academy, in queste particolari sezioni risulta difficile capire quali sono le vere propensioni dei votanti.
Per la prima ovviamente il mio augurio va a Il sale della terra, l’ultimo documentario di Wim Wenders su Sebastião Salgado, che però dovrà vedersela con il blasonatissimo Cizitenfour, il documentario su Edward Snowden, ex collaboratore dell’NSA.
Per quanto riguarda il miglior film straniero – che non vede italiani in gara – mi piacerebbe da parte dell’Academy un po’ di coraggio e quindi la premiazione di Leviathan, aspra critica alla società russa odierna — un bel dito medio a Putin. Forse è chiedere troppo, probabilmente il premio andrà all’altrettanto impressionante Ida, già vincitore del Golden Globe.

All’imprevedibilità dei festival europei e indipendenti si contrappone, anche quest’anno, la leggera monotonia degli Oscar. Ma va presa così, come una notte all’insegna dello spettacolo e del divertimento, più interessati ai discorsi dei vincitori che alle vittorie stesse.
Come ricordava Dustin Hoffman nel discorso di premiazione per Kramer vs. Kramer, «He has no genitalia and is holding a sword».

Jacopo Musicco
“Conosco la vita, sono stato al cinema."

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