Del: 31 Marzo 2015 Di: Maria C. Mancuso Commenti: 0

Maria C. Mancuso
@MariaC_Mancuso

Secondo una ricerca condotta da 17 studiosi per conto della IARC, l’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità specializzata sul cancro, la Monsanto avrebbe messo in commercio un insetticida probabilmente cancerogeno.

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La ricerca, pubblicata il 20 marzo scorso nella sezione Oncology del Lancet, ha preso in esame cinque insetticidi. Tetraclorvinfos e parathion sono stati classificati come “potenzialmente cancerogeni per l’uomo” e nonostante i risultati ottenuti dagli studi condotti sugli esseri umani siano da considerarsi inadeguati, alcuni roditori sottoposti ai test hanno mostrato un aumento del rischio di sviluppo di tumori.
L’Unione Europea vieta l’utilizzo di tetraclorvinfos, mentre negli Stati Uniti continua ad essere impiegato in vari ambiti – lo si trova persino nei collari antipulci degli animali domestici. Quanto al parathion invece, il suo utilizzo è soggetto a severe limitazioni dagli anni ‘80.
Come probabilmente cancerogeni per l’uomo, seppur con prove limitate, sono invece stati classificati malathion, diazinon e il glifosato, quest’ultimo alla base di Round up, l’erbicida più diffuso al mondo, prodotto dalla multinazionale americana Monsanto.
Malathion è utilizzato in agricoltura, nella sanità pubblica e per il controllo delle popolazioni di insetti in zone residenziali; diazinon in agricoltura, in ambito domestico e per la cura dei giardini.
Venire a contatto con questi tre pesticidi comporta il rischio di sviluppare il linfoma non-Hodgkin, una forma di cancro del sangue.

Il glifosato è un diserbante di cui la Monsanto ha posseduto il brevetto fino al 2001, poi scaduto. E’ contenuto in 750 prodotti agricoli, ma anche in altri destinati alla cura del giardino o per il trattamento degli spazi urbani. La sua fortuna è stata segnata dopo l’introduzione di colture OGM di soia, mais, cotone e colza resistenti all’erbicida, conosciute come RoundUp Ready.

La sua presenza è stata rilevata nell’aria, nell’acqua e nel cibo. Ma soprattutto nel sangue e nelle urine di agricoltori, segnale che l’erbicida viene assorbito dal corpo umano.
Già nel 1985 l’Agenzia statunitense per la Protezione dell’Ambiente lo aveva definito come possibile cancerogeno umano, cambiando idea sei anni più tardi.

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L’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica si è espressa con energia: “L’Italia e l’Unione Europea considerino immediatamente le misure necessarie per proteggere agricoltori e consumatori dal glifosato.”
Il presidente dell’Aiab, Vincenzo Vizioli ha dichiarato: “Che il glifosato faccia male alla salute dell’uomo e dell’ambiente, che si accumuli nei cibi e nell’acqua, lo sappiamo da anni e da anni combattiamo contro questo e gli altri pesticidi, spacciati per innocui”.

Monsanto ha definito quella della IARC “scienza spazzatura” e ha dichiarato “We are reaching out to the World Health Organization to understand how, despite the wealth of existing science on glyphosate, the IARC panel could make a classification that disagrees with scientific and regulatory reviews.”

Di glisofato e più in generale di pesticidi tratta il Position Paper della International Society of Doctors for Environment Italia, pubblicato qualche giorno fa, dal titolo “Pesticidi, pratiche agricole, ambiente e salute”.
Il documento evidenzia le problematiche riconducibili all’utilizzo in diversi ambiti – agricoltura e industria in testa – dannose per la salute degli ecosistemi e quindi anche dell’uomo.
Viene confermato nel documento che la contaminazione da agenti chimici di sintesi coinvolge ad oggi l’intera biosfera: tutta la terra, l’acqua e l’aria e dunque di conseguenza anche l’intera popolazione umana.
Non esistono dati certi su quali e quante siano le sostanze chimiche tossiche o potenzialmente tali utilizzate nel mondo. Secondo UNEP (United Nations Environment Programme) sarebbero all’incirca 150.000.
Le quantità di pesticidi rilasciate ogni anno nell’ambiente sarebbero circa 2,5 milioni di tonnellate, soprattutto per usi agricoli, di cui il 40% erbicidi, molto più utilizzati di fungicidi e insetticidi.
Nel documento risulta che l’Italia è il paese in Europa che utilizza di gran lunga più diserbanti: sia in termini assoluti (61.890 tonnellate), sia in termini di consumo per quantità di superficie coltivata (5,6 kg per ettaro di terreno). Facendo riferimento all’annata 2006, in Italia sono state adoperate 81.450 tonnellate di pesticidi, contro le 71.612 della Francia, le 31.819 della Germania e le 21.151 del Regno Unito. Il Trentino Alto Adige è la regione che più ne fa uso, 42,33 Kg per ettaro, poi il Veneto con 12,62 Kg/ha, la Campania con 10,9 Kg/ha, a cui seguono Liguria, Sicilia con circa 9 Kg/ha, Emilia Romagna e Friulia Venezia Giulia con circa 7Kg/ha. La regione a consumarne meno è il Molise, con 1,07Kg/ha.

L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) si è occupato di monitorare le acque italiane, documentando la presenza di pesticidi nelle acque superficiali e in quelle profonde. Qui vi si troverebbero 175 sostanze chimiche diverse, con un aumento quantitativo significativo registrato negli ultimi anni.
Nel 33,7 % dei casi le acque superficiali potabili contengono quantità superiori di quelle consentite, e del 9,5 % per quelle profonde.
I rischi connessi all’ingerimento o all’assorbimento per via respiratoria o cutanea di tali sostanze sono maggiori per l’uomo, si legge nel documento: “Poiché l’uomo si trova al vertice della catena alimentare che egli stesso controlla, attraverso l’agricoltura e l’allevamento, l’esposizione alimentare ai pesticidi da parte della popolazione umana rappresenta una potenziale minaccia per la salute pubblica”.

Uno studio condotto in Italia e pubblicato nel 2011 su La Rivista di Scienza dell’Alimentazione ha evidenziato che in un pasto completo si concentrano dagli 8 ai 13 pesticidi, con punte massime di 91.

Non meno gravi sono i danni causati in termini di perdita della biodiversità, i cui effetti negativi si ripercuotono prima di tutto sull’uomo. Ogni essere vivente vive in relazione ad altri esseri viventi e l’introduzione di organismi estranei, in questo caso l’inquinamento chimico, altera il naturale funzionamento degli ecosistemi: basti ricordare le gravi ripercussioni sull’agricoltura che ha provocato la diminuzione drastica degli insetti impollinatori in Europa e anche in Italia negli ultimi anni.

Purtroppo per quanto riguarda la conta reale dei danni bisogna tener conto del fatto che “la valutazione degli effetti riguarda non solo gli individui e le popolazioni ma soprattutto le comunità biologiche, vale a dire sistemi a organizzazione infinitamente più complessa”.
Insomma, le conseguenze sui biosistemi richiedono in alcuni casi decenni, se non secoli, a manifestarsi: questo porta gli studiosi di ISDE Italia a dubitare che le previsioni realizzate oggi, anche con i metodi scientifici più evoluti, si possano considerare precise e definitive.

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Quanto agli effetti sull’uomo, questi possono gravare sul sistema nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio. E secondo l’Agricultural Health Study, un’analisi prospettica di coorte ancora in corso, gli agricoltori rischiano più di altri particolari neoplasie e malattie neuro-degenerative. Sempre secondo L’AHS l’esposizione a pesticidi porterebbe all’insorgenza di cancro alla mammella, alla prostata, al polmone, al cervello, al colon retto, al testicolo, al pancreas, all’esofago, allo stomaco, oltre a quello del melanoma e, come sottolineato in precedenza, del linfoma di Hodgkin.

Quanto alle malattie non tumorali, diversi studi indicano una correlazione tra l’esposizione a pesticidi e diabete, patologie cardiovascolari, obesità, disordini riproduttivi, malformazioni congenite, difetti di sviluppo, malattie endocrine e patologie renali.

Le patologie neurodegenerative dovute a questo fenomeno sono soprattutto il morbo di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la malattia di Alzheimer – ricordiamo che in Francia nel 2013 il Parkinson è stato decretato la malattia professionale degli agricoltori.
Esistono inoltre dati che confermano che l’esposizione a pesticidi durante la gravidanza aumenti il rischio di insorgenza di autismo nel bambino.

Nel Position Paper viene evidenziato che nonostante la Direttiva 91/414/CEE affermi che l’uso di un pesticida può essere autorizzato soltanto se “non ha effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta sulla salute dell’uomo o degli animali”, le politiche europee non vi si attengono coerentemente. Viene però da chiedersi se può esistere pesticida che abbia tali caratteristiche, visto che come abbiamo detto ogni organismo vivente, pur a primo acchito nocivo o inutile per l’uomo, è inserito all’interno di un sistema delicatissimo, di cui è parte essenziale.

E’ chiaro che una totale marcia indietro sull’utilizzo della chimica nell’agricoltura non è concretamente possibile, sebbene negli ultimi anni l’agricoltura biologica abbia mostrato di poter produrre quasi quantità assimilabili all’agricoltura “tradizionale”. Ma la regolamentazione sembra andare in direzione del tutto contraria: l’accordo internazionale TTIP (il Transatlantic Trade and Investment Partership ) potrebbe spazzare via le tutele alla salute e all’ambiente che per ora sono determinate da regolamenti e legislazioni nazionali, che nel nostro caso hanno garanzie maggiori di quelle statunitensi. Citando dall’articolo Non esistono pranzi gratis apparso su Vulcano lo scorso aprile: «Ad esempio per più di un ventennio la legislazione europea ha vietato la circolazione di carni bovine statunitensi per ragione di salute pubblica, visto che il bestiame d’oltre Atlantico viene abitualmente trattato con ormoni della crescita. A febbraio 2014 L’Informatore Agrario dà la notizia di un accordo preliminare fra le due potenze per la circolazione di “alcune” carni bovine americane, definite da Bruxelles “di qualità”».
Insomma, una revisione delle regole di produzione è quanto mai necessaria: sostanze chimiche nei terreni che producono ciò che mangiamo ogni giorno significa sostanze chimiche nel nostro corpo, sostanze estranee e dannose. E spesso, come abbiamo visto, mortali.

Maria C. Mancuso
Scrive di agricoltura, ambiente e cibo. Mal sopporta chi usa gli anglicismi per darsi un tono.

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