Giulia Pacchiarini
@GiuliaAlice1
“La polizia ha privilegiato il dialogo”.
Così recita un comunicato del ministero dell’interno messicano in merito agli scontri avvenuti martedì 24 febbraio presso l’aeroporto di Acapulco, nello stato di Guerrero. Gli scontri hanno coinvolto alcune centinaia di insegnanti, impegnati in una manifestazione e numerosi esponenti delle forze dell’ordine.
Il gruppo di docenti era sceso in piazza e nelle strade di Acapulco per partecipare a una manifestazione regolarmente organizzata, a nemmeno trecento chilometri da Ayozinapa, dove ormai 5 mesi fa scomparivano 43 studenti mentre protestavano per le stesse ragioni dei docenti.
Il fulcro di entrambe le manifestazioni infatti resta la riforma dell’istruzione messicana del 2013 –che ha penalizzato il ruolo dei docenti rendendolo ancor più precario e sempre più difficile da svolgere efficacemente, sottoponendolo a valutazioni – affiancata d mancato pagamento delle ultime due mensilità per 94.000 lavoratori.
Il corteo pacifico di martedì, organizzato dalla Coordinadora Estratal de los Trabajadores de la Educaciòn de Guerrero (CETEG) e dal Sindacato Unico de Servidores Pùblicos de Estado de Guerrero (SUSPEG), coinvolgeva circa 5000 persone tra insegnanti e sostenitori arrivati da ogni zona dello stato e sarebbe stato il coro operativo della delegazione di sindacati che avrebbe dovuto incontrare nella mattinata il sottosegretario agli interni Luis Enrique Miranda.
La manifestazione pacifica, iniziata presso il porto di Acapulco intorno alle ore 11.00, stava sfilando senza intoppi lungo il Boulevard de la Naciones, quando alle 13.00 è giunta la notizia che l’incontro tra sindacati e sottosegretario era stato improvvisamente cancellato per volontà di quest’ultimo, senza preavviso o motivazione apparenti.
A questo punto lo scopo della manifestazione ha preso una piega differente. Nel tentativo di imporre la necessità di un incontro ufficiale con il sottosegretario, i manifestanti hanno bloccato la circolazione stradale nei due sensi di marcia, per poi dirigersi verso l’aeroporto internazionale Juan Álvarez. Al variare del percorso le forze dell’ordine si sono frapposte tra il corteo e l’aeroporto ed è iniziato un precario dialogo tra le due fazioni durato tre ore ed interrotto improvvisamente da un autobus che, guidato da alcuni dei manifestanti, si è diretto contro la folla ferendo 5 docenti e 7 agenti.
La reazione delle forze dell’ordine è stata immediata e violenta, il corteo si è ritrovato al centro di ripetute cariche e i docenti, colpiti con manganelli e lacrimogeni, hanno risposto difendendosi con ciò che trovavano: bastoni, pietre, braccia. Gli però agenti non si sono limitati a disperdere i manifestanti, hanno dato fuoco ad automobili e piccoli camioncini parcheggiati ai lati della strada, frantumato i vetri delle finestre dei negozi e delle attività commerciali nei paraggi, lanciato lacrimogeni all’interno per poi tentare di entrare. Molti negozianti si sono rifiutati di aprir loro e hanno fatto il modo che non entrassero, pur di proteggere alcuni degli insegnanti rifugiatosi all’interno.
Lo scopo evidente delle forze di polizia ormai non era più sciogliere i cordoni del corteo ma scovare i manifestanti uno per uno ed arrestarli senza far caso ai modi.
Il bilancio finale è stato di 15 civili e 7 agenti feriti e un morto tra i manifestanti, il sessantacinquenne Claudio Castillo, insegnante in pensione, deceduto per trauma cranico dovuto alle percosse ricevute durante gli scontri. L’uomo collaborava da anni alle manifestazioni dei docenti, faceva parte del nutrito contingente di ex insegnanti in pensione che partecipava al corteo e, a causa di alcuni problemi di deambulazione, si trovava all’interno di un furgoncino dal quale seguiva la folla e scandiva slogan tramite un megafono. Secondo la testimonianza di Juan Angulo, direttore del giornale locale El Sur, Castillo, individuato dagli agenti, sarebbe stato trascinato fuori dall’abitacolo del proprio veicolo e colpito una prima volta, poi a terra – da dove si sarebbe potuto alzare solo a fatica a causa delle percosse e della disabilità alle gambe – è stato raggiunto da altri agenti che hanno proseguito il pestaggio. Lo scontro ha coinvolto anche un fotografo di El Sur al quale è stata anche distrutta la macchina fotografica, contenente – forse – alcune immagini di quello che si è rapidamente rivelato un omicidio. Castillo infatti è morto in ospedale poche ore dopo; oggi sull’accaduto è aperta un’inchiesta.
A seguito degli scontri sono stati arrestate 106 persone, di cui 8 risultano ancora in custodia, tra queste coloro che hanno preso possesso dell’autobus dando inizio agli scontri.
Il coordinatore del CETEG Manuel Salvador Rosas ha però successivamente annunciato che mancano all’appello anche 12 docenti, di cui non vi sono state più notizie da dopo gli scontri. Con la denuncia della scomparsa degli insegnanti il pensiero della comunità messicana di Acapulco è tornato immediatamente ai 43 studenti scomparsi a settembre, uccisi da un connubio criminale tra forze dell’ordine e cartelli locali. Il timore che i docenti possano essere annoverati nella lunga lista dei desaparecidos del territorio è oggi, a sei giorni dagli scontri e dalla scomparsa, più che mai presente.
Apulco, un tempo famosa località balneare è diventata negli ultimi anni tra le città con un maggior tasso di violenza e criminalità del Messico: nel 2011 sono stati registrati 1800 omicidi per i quali è stata definita la quarta città più pericolosa al mondo, più di Baghdad o Kabul. L’instabilità – data dall’incrocio sul territorio di 5 cartelli della droga messicana che lottano per il controllo, la vendita e l’esportazione di sostanze stupefacenti – oggi è tale che molte aziende, tra cui The Coca-Cola Company, hanno riportato enormi perdite e vi sono dubbi sulla possibilità di organizzare sul territorio le elezioni programmate per il 7 giugno.
Il settore che rimane più colpito, però, rimane quello dell’istruzione, che conta negli ultimi anni la chiusura di 140 scuole – decimate dall’assenza di insegnanti che temono per la propria vita – la scomparsa di decine di studenti e le continue sollevazioni dei docenti piegati dalle riforme che tolgono dignità, denaro e strumenti. Sono infatti le scuole i centri culturali più attivi nello stato del Guerrero e in tutto il Messico, è da lì che giungono le idee e le nuove forze di coloro che continuano a manifestare, contro il governo o contro i cartelli criminali, e sembra che entrambi lo abbiano compreso — fin troppo bene.