Davide Banis
@davidebanis
La prima pagina del Giornale del 27 marzo è brutta e stupida che più non si potrebbe.
Sembra davvero stampata con l’inchiostro dell’ignoranza più becera ed auto-compiaciuta. In particolare, è pruriginosa in modo intollerabile l’accoppiata “sadomasochismo” e “problemi mentali” come a ricreare una morbosa, bigotta e repressa atmosfera da sottoscala — quando l’unica cosa che hanno in comune DSM e BDSM sono tre lettere dell’alfabeto.
Ma in ogni caso è evidente che questo genere di prime pagine sono fatte soltanto per tirare un sasso nelle acque fognarie dell’informazione italiana.
Che si tratti di un ministro che mangia un gelato o di un disastro aereo con 150 vittime, tutto è buono per far discutere di sé per qualche giorno.
Parlarne è ovviamente solo fare il loro gioco, oramai dovremmo averlo capito.
E infatti il vero problema dei media italiani, e della conseguente opinione pubblica nell’affrontare la tragedia dell’airbus Germanwings, non sta tanto in questa prima pagina quanto piuttosto nell’incapacità di riuscire a trattare con un po’ di – non dico sensibilità – ma quantomeno intelligenza il tema dei problemi mentali.
È un argomento a ridosso del tabù in quasi tutte le culture ma in Italia la situazione è di gran lunga peggiore che in numerosi altri Paesi europei.
A parte le solite merle bianche, mai una volta che ci sia un documentario o un servizio al telegiornale, mai un volta che un talk show come Fazio intervisti qualche vip che abbia lottato con la depressione o con un altro male psicologico. Tutte cose che aumentano di frequenza mano a mano che ci si muove a Nord della nostra latitudine. E no, il motivo non è che in Scandinavia hanno il record mondiale di suicidi, visto che è una statistica falsa.
Il risultato di questa completa disinformazione è che quando poi accade una tragedia come questa l’opinione pubblica da social network non sa fare altro che aggrapparsi disperatamente a quel concetto vago e sfocato di “sanità mentale”.
“È mai possibile che solo dopo che siano morte 150 persone fra cui due neonati e una classe intera di studenti si scoprano i retroscena psichiatrici sul pilota?” È il tipo di commento che va per la maggiore sulla mia newsfeed di Facebook.
Certo, i test psicologici per i piloti dovrebbero probabilmente essere più elevati ma non è questo il punto della discussione. Davvero crediamo che esista una correlazione così costante e diretta fra problemi mentali e istinti da stragista? Davvero pensiamo che un concetto così wittgensteiniamente vuoto come quello di “sanità mentale” possa essere l’etichetta che previene l’accadere di queste tragedie?
Non pretendo che tutti possano volare alto come il New Yorker che pubblica in front page un bellissimo pezzo di Philip Gourevitch — sofisticato ma semplicissimo nell’accarezzare problemi terribili e profondi come le gole montuose vicino a cui si è schiantato il volo Germanwings 9525 — ma davvero non ci rendiamo conto che questo disastro aereo non è principalmente la conferma di uno stigma sociale ma una tremenda dimostrazione che l’assurdità e l’imperscrutabilità della natura non colpiscono soltanto nelle alluvioni e nei terremoti ma anche nella nostra mente, e che dovremmo quindi piuttosto continuare a studiare piuttosto che esorcizzare in un fuoco mediatico così medioevale?
Parliamone di più, parliamone pubblicamente. O non stupiamoci della prima pagina del Giornale di oggi, che è però soltanto la punta dell’iceberg fatto di quell’acqua fognaria ghiacciata dell’informazione italiana di cui scrivevamo sopra.