
Stefano Colombo
@Granzebrew
La proposta di risolvere l’emergenza immigrazione affondando i barconi è la più stupida delle pur tante che abbiamo dovuto sentire negli ultimi anni.
A lanciare la palla è stato il Premier Matteo Renzi che – poco dopo la strage del Canale di Sicilia – l’ha citata in un lungo post su Facebook tra gli strumenti principe da usare nella lotta all’immigrazione:
Il piano prevederebbe di affondare i barconi direttamente nei porti libici, bombardandoli con droni. A sentire il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, questa mossa sarà risolutiva dal momento che gli scafisti sarebbero a corto di barche — convinzione provata, a suo dire, dalla caparbietà dimostrata nelle scorse settimane dagli scafisti stessi nel riprendersi le barche una volta ”affidato” il carico di migranti alla Guardia Costiera.
E giovedì la Commissione Europea ha rilanciato il gioco nel suo documento straordinario sull’immigrazione, al secondo punto del quale si legge: “Uno sforzo sistematico per individuare, confiscare e distruggere i natanti prima che siano usati dai trafficanti”.
Prima di capire perché questa convinzione è sbagliata o almeno molto azzardata, va sottolineato come quella proposta non sia una soluzione umanitaria. Anche se per assurdo tutti i barconi venissero distrutti e i profughi non avessero davvero più modo di raggiungere l’Europa, cambierebbe qualcosa nelle ragioni profonde dei fenomeni migratori? Che ne sarebbe delle migliaia e migliaia di profughi che ora si trovano in Libia, in Egitto, in Turchia, pronti a partire e in un limbo tra la vecchia patria e quella futura? Il loro destino sarebbe a dir poco incerto, specie considerate la temperatura politica di molti di quei luoghi. Si rischierebbe di porre fine a un’emergenza umanitaria per crearne un’altra ugualmente grave — come sigillare una pentola a pressione per non sentire il fastidioso fischio del vapore e sorprendersi di vederla esplodere.
I governi europei e in primo luogo quello italiano hanno elaborato questa proposta innanzitutto per calcoli di politica interna, dimostrando il rifiuto di offrire una risposta concreta e di lungo termine alla marea di disperati che preme sulle coste meridionali del Mediterraneo.
Concentrare l’attenzione sulla distruzione dei barconi e sugli scafisti — che, per quanto criminali, non sono la causa di quanto sta accadendo, ma semplicemente un tassello del quadro — serve solo ad evitare di dover affrontare il problema da un punto di vista concreto e umanitario.
I Paesi UE sperano di rimandare all’infinito la risoluzione del problema. Ciò che resta sottointeso nelle dichiarazioni dei loro leader di questi giorni, è: “Se bombardiamo i barconi, i morti in mare finiranno”. Non è così. Bombardare i barconi soddisferebbe gli istinti bellici che sono risorti in modo preoccupante anche a casa nostra, ma non metterebbe fine al dramma dei migranti. Nel migliore dei casi questa soluzione farebbe diminuire il numero di sbarchi per un certo periodo, evitando di toccare il nocciolo della questione ma mostrandosi in qualche modo attivi nel ”fare qualcosa”.
Bombardare i barconi, però, non solo è improponibile sul piano umanitario, ma è anche inutile, quasi impossibile da realizzare e potenzialmente molto pericoloso. Non si andrebbe a bombardare una terra di nessuno: le coste inotrno a Tripoli – quelle dalle quali partono la maggior parte dei barconi per l’Italia – sono controllate dal Governo non riconosciuto e dalle sue forze armate, in particolare da Fajr Libya di cui tante volte abbiamo parlato.
Il Generale Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, ha dichiarato che «dobbiamo convincerli a farlo insieme anche dicendogli “decidete voi quando e cosa colpire” perché non è una guerra alla Libia ma è una azione di polizia per il perseguimento di un obiettivo comune».
Letta la bozza UE, il Ministro degli Esteri di Tripoli ha replicato al volo: «Non accetteremo mai che l’Europa bombardi presunte basi di trafficanti di esseri umani. Tripoli si opporrà. Nessuno dall’Europa ha mai consultato Tripoli su tali azioni, mentre la stessa Europa ha dichiarato più volte di non voler riconoscere lo stesso Governo di Tripoli. Come saprete se verrà colpito un innocente o uno scafista?»
Per quanto i Governi UE e la Commissione vogliano far passare l’attacco ai barconi come una noiosa ma necessaria gita al mare, c’è da aver ben chiaro che si tratterebbe di un’azione e una dichiarazione di guerra — si chiama così bombardare i porti e le navi alla fonda in un Paese straniero.
La situazione in Libia è nota e già qualche giorno fa sottolineavamo come la minima azione militare in quel territorio vorrebbe dire mischiarsi in dinamiche insidiosissime. Inoltre, non ci si potrebbe non aspettare (legittime) ritorsioni sotto varie forme — siano atti di terrorismo o contrattacchi veri e propri.
Le incursioni, poi, andrebbero effettuate attraverso droni da combattimento. Qualche settimana fa vi abbiamo parlato del progetto MALE per dotare di droni la Comunità Europea, ma questi non saranno pronti prima del 2020 e difficilmente si potrà accelerarne la costruzione. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha pensato dunque di chiederli in prestito al governo americano nella sua recente visita a Washington – nonostante la vicenda Lo Porto sia ancora freschissima – offrendo in cambio un prolungamento della permanenza del contingente italiano in Afghanistan, secondo quanto riporta Il Manifesto.
Sull’ affidabilità dei droni nel colpire solo ed esclusivamente i cattivi di turno parlano da sé statistiche come quelle che abbiamo citato qualche settimana fa nel nostro podcast, e che preoccupano in modo piuttosto legittimo anche il Ministro libico. Nonostante ciò, sempre il Generale Tricarico ha affermato che l’uso di droni renderebbe possibile l’eliminazione delle imbarcazioni “senza nemmeno spargere una goccia di sangue”.
L’idea che distruggere i barconi in Libia sia la medicina miracolosa per l’immigrazione clandestina è viziata da un’ingenuità di fondo nauseante — sembra impossibile che i Governi la propongano seriamente come soluzione per fermare gli sbarchi e le morti.
Ad esempio, non tutte le navi partono dalla Libia. Il barcone sul quale si è consumata la strage di settimana scorsa sembra essere di origine egiziana. Quello naufragato sulle coste di Rodi proveniva invece dalla Turchia. Che fare? Si bombardano i porti egiziani e turchi?
E poi un discorso squisitamente economico: alcuni scafisti, secondo un articolo pubblicato qualche giorno fa dal Corriere della Sera, si vantano di guadagnare 80.000€ a viaggio. Quanto può costare un peschereccio sul mercato nero? Se si affondano davvero tutti i barconi, è difficile pensare che una rete criminale organizzata e con solidi sostegni nella politica locale come quella degli scafisti non riesca a procurarsene di nuovi. E in quel caso che si fa, si affondano pure quelli? Forse converrebbe affondare direttamente tutti i pescherecci del Mediterraneo.