Jacopo Musicco
@jacopomusicco
Il 20, 21 e 22 aprile si terrà, in varie sedi dell’Università Statale di Milano, la nuova edizione di Docucity – Festival/Rassegna di Cinema Documentario.
Quest’anno il festival, a causa di una riduzione di fondi dovuto al calo di partecipazioni nel corso delle edizioni precedenti, è stato sospeso e sostituito da un convegno. Nella pratica diventa quindi una serie di incontri sul tema delle culture urbane che avranno come culmine Docucity rewind, proiezione serale – aperta al pubblico – di documentari tratti dai festival passati.
Il tutto in un clima di delusione generale per qualcosa che poteva essere un’occasione di attenta riflessione sulle realtà urbane che ci circondano nell’anno di EXPO e che invece rischia di essere la battuta finale di Docucity, e quindi un’opportunità in meno per gli studenti della Statale.
Ma facciamo un passo indietro.
Docucity nasce nel 2006 con l’intenzione di riflettere sulla città contemporanea attraverso l’utilizzo del cinema documentario, con lo scopo di coniugare l’analisi del testo filmico e la riflessione su tematiche urbane specifiche, identificando nell’interculturalità il suo nucleo di ricerca più importante.
Di anno in anno cresce e nel 2010 inaugura un concorso riservato ad autori e case di produzione italiane, con lo scopo di valorizzare le realtà indipendenti della scena cinematografica nostrana e dare spazio a prodotti non in linea con il mercato nazionale ma in sintonia con i principi del festival – e, aggiungerei, con lo spirito della Statale di Milano. La selezione dei titoli viene affidata ad un gruppo composto da tecnici del CTU (centro per le tecnologie e la didattica universitaria multimediale e a distanza) e docenti provenienti dai Corsi di Laurea in Mediazione Culturale e dal Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali, tentando di abbracciare i più vari linguaggi e generi del mondo documentaristico.
Altri due elementi fondanti della filosofia di Docucity sono la gratuità delle proiezioni e la messa a disposizione – per didadittaca e consultazioni – delle pellicole. Tutte le proiezioni delle varie edizioni infatti sono sempre state aperte al pubblico, a sottolineare quell’idea di cultura accessibile a tutti tanto agognata dalla politica italiana e che, purtroppo, nella concretezza di tutti i giorni è difficile da individuare.
I nobili intenti contrastano con i risultati al di sotto delle aspettative, causa una scarsa ricezione degli ambienti universitari e una comunicazione che ha difficoltà a far breccia nelle abitudini studentesche. Un primo tentativo per abbattere questo muro di noncuranza è stato fatto introducendo una seconda giuria – che va ad affiancare quella costituita da giornalisti, professori ed esperti di settore – composta da una cinquantina di studenti dell’università, con il compito di assegnare il Premio del Pubblico.
Per evolversi Docucity dovrebbe creare un immaginario rinnovato nella visione studentesca, staccato dall’impostazione accademica e sempre più vicino ad una realtà giovane, senza ovviamente dimenticare lo scopo ultimo: la divulgazione di un pensare diverso, fuori dagli schemi, e proprio per questo necessario.
Ed è dunque in quest’ottica che da quest’anno Docucity espande le sue collaborazioni entrando ufficialmente nel circuito Milano Film Festival e avvalendosi del supporto di Radio Statale, la web radio di Ateneo; uno slancio che speriamo ottenga i risultati sperati, anche in previsione delle future edizioni.
La riscoperta del Documentario.
«In feature films the director is God; in documentary films God is the director.» – Alfred Hitchcock.
Grazie a Docucity si apre la più ampia riflessione sul mezzo-documentario, che nelle ultime decadi è stato riscoperto in quanto strumento perfetto per coniugare arte e informazione.
Tutto negli ultimi anni ha giocato a favore dell’evoluzione di tale linguaggio espressivo, i mezzi per produrre un documentario alla portata di tutti e, attraverso la nascita di nuovi canali di comunicazione (vedi YouTube), un pubblico più vasto su cui contare. Ma il primo, vero, cambiamento avvenne negli anni 90 grazie al contributo di registi come Michael Moore, Warner Herzog, Alex Gibney e tanti altri, che con le loro opere ridiedero valore al linguaggio documentaristico.
Dagli anni 90 in poi l’evoluzione è stata inarrestabile, anche grazie al supporto dei festival cinematografici che ogni anno danno sempre più spazio a questo genere di produzioni; non a caso all’ultima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ha vinto il premio della giuria The Look of Silence, seconda parte di un dittico – diretto da Joshua Oppenheimer – dedicato alle epurazioni indonesiane del 1965. O ancora, il crescente interesse dell’Accademy, sempre dagli anni 90, verso le produzioni documentaristiche e consegnando nel corso degli anni la statuetta d’oro a pellicole con un forte impatto sociale come The Fog of War: Eleven Lessons from the Life of Robert S. McNamara o An Inconvenient Truth; ma questi sono tutti indizi di una verità più grande.
Abituati ormai a informazioni in pillole che viaggiano a velocità iperboliche, in una società che mastica notizie 24 ore al giorno, ma che non ha il tempo per digerirle, il mezzo-documentario rappresenta il rifugio dall’agonia informativa in cui i media di oggi stanno cadendo. Non una semplice riscoperta dunque, ma un modo di fare informazione più equilibrato e in grado riflettere su se stesso avendo a disposizione tempistiche più dilatate.
E come un cane che si morde la coda, alla fine torniamo all’inizio: Docucity. Un’occasione di (ri)scoperta del mondo documentaristico e dei suoi linguaggi e l’opportunità per un ambiente complesso, ma variegato, come quello universitario per farsi un esame di coscienza e capire così quali sono le iniziative che vale la pena promuovere per il bene degli studenti.
Per approfondire l’edizione 2015 di Docucity, e più in particolare la serata Docucity Rewind, proponiamo il podcast di Radio Statale al riguardo.
Speciale Docucity | [2015, Milano] by Radio Statale on Mixcloud