
Jacopo Musicco
@jacopomusicco
Sono anni che ormai non guardo più la TV: basta pubblicità interminabili per i film di Rete 4, basta programmi con pacchi, lacrime e veline, basta serie tv tedesche scadenti e sì, basta anche a Fabio Fazio, il David Letterman de no’ artri.
Per carità, ho lasciato indietro anche anni felici, passati in compagnia di Simpson, Griffin, La Signora in Giallo e tanti altri, ma ormai sentivo che era giunto il momento di voltare pagina. E dato che la mia sete di entertainment audiovisivo sembra inesauribile la scelta per la successiva fonte da cui dissetarsi sembrava alquanto ovvia: YouTube.
Per chi non fosse così avvezzo ai contenuti della piattaforma di Google i vantaggi rispetto alla televisione possono essere riassunti in due parole: fruizione e varietà.
La fruizione dei contenuti YouTube risulta immediata, ma soprattutto in linea con le esigenze dello spettatore; quando vuoi e quando puoi vai a ripescare il video che ti eri salvato nella playlist Guarda piú tardi e te lo godi libero da qualsiasi palinsesto.
Al metodo di consumo si affianca la varietà dei contenuti, ovvero un’infinita moltitudine di format esistenti in grado di dare a chiunque l’intrattenimento che cerca.
In questo mare magnum fatto di videotag, classifiche, recensioni, PewDiepie, VEVO e tanto tanto (ma tanto) altro, una categoria che sta prendendo sempre più piede è appunto il vlog.
Personalmente non sono mai stato un appassionato del vlogging, ma recentemente mi sono avvicinato – e successivamente appassionato – ai vlog di un certo tizio newyorkese chiamato Casey Neistat.
Stream of consciousness post globalizzazione
Il primo a sperimentare questa tipologia di blog fu, nel lontano 2000, Adam Kontras, che decise di raccontare alla famiglia il suo spostamento a Los Angeles attraverso video quotidiani. Un big bang.
Da allora sono passati quindici anni e l’evoluzione del fenomeno vlogging non ha accennato a fermarsi. Ad oggi YouTube è il sito prediletto da coloro che vogliono raccontare la propria vita attraverso video (non a caso lo slogan è broadcast yourself) e non stupisce che il portale sia al terzo posto nel global ranking per sito con più traffico dati; come resistere infatti alla tentazione di raccontare se stessi e la propria vita ad un potenziale pubblico di più di un miliardo di utenti.
Ovviamente non c’è solo l’aspetto egocentrico, YouTube – furbescamente – offre anche un programma di partnership che permette ai suoi uploader più fedeli di monetizzare i click ricevuti, il tutto creando veri e propri giganti del tubo.
Intorno alla piattaforma si è andato via via costruendo un vero e proprio circo mediatico, tra meeting, eventi e convention (vedi VidCon) YouTube ha monopolizato l’entertainment su internet.
Tra i primi 100 canali più seguiti su YouTube ben 17 usano il vlogging come strumento primario di comunicazione, apparentemente innocuo questo dato risulta molto significativo. Non bisogna infatti cadere nella trappola: la differenza qualitativa fra un vlog e i programmi citati a inizio articolo è molto sottile.
Non è detto che un palcoscenico trasformi chiunque in un bravo attore — sebbene YouTube abbia dato la possibilità a tutti di esprimersi, non è detto che tutti siano in grado di esprimersi in maniera costruttiva e coinvolgente.
Ma come un programma a premi non necessariamente deve risultare scadente, così un vlog non deve per forza essere noioso, mal fatto e ripetitivo.
Casey Neistat: tre motivi per iniziare.
Tre motivi per iniziare a seguire i vlog di Casey Neistat, se siete alla ricerca di qualcosa di gripping.
Per capire meglio di cosa parlerò qua sotto un buon punto di partenza è il primo vlog fatto dal newyorkese.
The Man.
La chiave di ogni storia è il protagonista. In questo caso nulla di più vero, il concetto di vlog infatti prende vita solo se il soggetto sotto i riflettori è una persona capace di stimolare l’attenzione del pubblico. In questo campo Casey Neistat è il re, non solo perché riesce a conferire una visione uniforme della sua vita, coinvolgendo lentamente più protagonisti e più vicende, ma poiché – più importante – riesce a costruire una storia intorno a sé stesso e non viceversa.
Protestantesimo e Stacanovismo.
Giustamente vi chiederete: cosa centrano due paroloni come questi in relazione al vlogging? Diciamo che esprimono la filosofia del vlog. Perché sì, questi due concetti sono principalmente connessi a Casey Neistat, la persona, ma finiscono inevitabilmente per influenzare l’intero prodotto, conferendo un valore aggiunto alla visione.
New York, New York.
Quale sfondo migliore per un vlog se non la Grande mela, il melting pot per eccellenza, dove tutto accade. Ormai attraverso serie tv e film provenienti da oltreoceano pensiamo di conoscere almeno un po’ l’America e le sue città—sbagliando.
Attraverso i vlog di Casey Neistat si ha la possibilità di entrare (riflettete bene sull’uso di questa parola) in contatto con realtà americane – più nello specifico newyorkesi – a noi sconosciute e con una cultura che, seppur con difetti e ambiguità, mantiene comunque un fascino senza tempo.