Del: 11 Giugno 2015 Di: Redazione Commenti: 0

Pietro Repisti

Banche, locali, ristoranti e poi ancora banche. È questo quello che sta prendendo il posto delle piccole librerie milanesi del centro, schiacciate dalla crisi e dalla concorrenza dei siti internet. L’anno scorso aveva chiuso i battenti l’Ambrosiana, poi la libreria Azalai di via Mora 15 e ad aprile di quest’anno Milano Libri, la celebre libreria che aveva dato vita ai Peanuts in Italia. Ora il turno sembra essere quello della libreria Coop di Festa del Perdono, che dal giugno di quest’anno ha chiuso la sua sede di fronte alla polo storico dell’Università degli Studi di Milano, lasciando così il monopolio della via alla vicina Libreria Cortina.

Una chiusura che si è consumata in silenzio: un breve comunicato dei sindacati lanciato come un sasso nello stagno d’indifferenza del web, e le serrande si sono abbassate.
Non c’è ancora la certezza di chi rileverà i locali, forse una birreria o l’ennesimo localino, ma è poca la speranza di vedere lo spazio nuovamente destinato a quei servizi fondamentali rivolti agli studenti che sempre di più si stanno assottigliando all’interno della sede della Statale.

Lo spazio di via Festa del Perdono 12 ha un lungo trascorso librario, già negli anni ’70 era attivo un punto vendita Einaudi, divenuto poi Libri e Cose ed infine Cuem.
Verso la metà degli anni 2000 l’aumento degli affitti non è più sostenibile per la cooperativa universitaria Cuem, e lo spazio viene rilevato dalla catena Librerie.Coop, fondata nel 2006 come costola della più conosciuta Coop Italia, da quattro delle nove sorelle fondatrici della rete di cooperative consumatori: Coop Adriatica, Coop Consumatori Nordest, Coop Liguria e Novacoop. Nel 2010 la controllata Librerie.Coop S.p.A apre quindi la sua sede in via Festa del Perdono, proponendosi di continuare il percorso di vocazione libraria già precedentemente tracciato dai suoi predecessori.

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La società, però, non si era mai trovata a gestire il settore scolastico universitario e incontra inizialmente qualche difficoltà nella stesura del catalogo, aprendo forse troppo il ventaglio dell’offerta e non concentrandosi sui testi di studio invece richiesti dal mercato studentesco. Difficoltà che sono ad ogni modo presto superate nel corso del secondo anno di apertura, ma che devono fare i conti con l’inasprirsi della crisi economica che attraversa anche il mercato librario.
In più l’affitto richiesto dal proprietario dello stabile, oltre a non presentare alcun piano di ammortamento dei costi, rimane alto per una libreria universitaria, che non può contare sui grossi margini di guadagno offerti invece dalla saggistica e la filiale perde circa 200.000€ di fatturato in due anni.
Da qui la decisione di Librerie.Coop S.p.A di chiudere la sede, abbandonando – forse troppo prematuramente – il progetto di una catena universitaria che offra un servizio essenziale per la vita di un Ateneo – quale è la vendita dei libri – a prezzi competitivi sul mercato.

Anche questa chiusura è figlia di cause già troppo spesso sentite e ripetute: calo delle immatricolazioni a cui consegue un calo delle vendite, sconti molto vantaggiosi  offerti dai siti internet o da catene più grosse, caro degli affitti e un generale ed incessante calo delle vendite del mercato librario.
Secondo l’AIE (Associazione Italiana Editori) infatti il fatturato complessivo del mercato librario nel 2014 è stato di 2 miliardi e 873 milioni di euro con un calo del 3,8% sull’anno precedente. I dati più preoccupanti, riguardano proprio il mercato universitario – formato cioè da saggistica specialistica e da quella più propriamente orientata alla didattica – che occupa una fetta di 350 milioni di euro, pari cioè a circa il 12% del totale librario e che ha visto un crollo del 18,3% rispetto al 2013.
Un crollo che è dato certamente da un clima generale di crisi, unito all’aumento delle fotocopie dei libri di testo e alla riformulazione del sistema di studio voluto dai decreti Mussi, con la conseguente ripartizione del carico di lavoro secondo tabelle prestabilite che equiparano un CFU (credito formativo universitario) a un impegno di 25 ore di studio ipotizzato e che ha provocato un inevitabile adattamento dei testi ai nuovi criteri.

A questa situazione, e nello specifico a quella della sede di via Festa del Perdono, non sembra però volersi interessare l’Università degli Studi che rimanda a terzi il problema – diffuso quanto trasversale – dell’editoria universitaria e dei servizi che ruotano intorno alla didattica, trascurando così uno degli aspetti fondamentali della vita studentesca.

La situazione del polo milanese sembra infatti essere tornata ai livelli pre-‘68 a causa dell’eccessiva burocratizzazione e reticenza del sistema e alla forse poca volontà dell’amministrazione di far entrare gli studenti all’interno del funzionamento e della proposta universitaria limitando, invece che incentivare, iniziative che vedrebbero la presenza di cooperative librarie gestite dagli stessi studenti all’interno dell’Università. Sembrerebbe perciò profilarsi così un’altra occasione perduta per il nostro Ateneo, portato spesso a guardare con sospetto e a disincentivare quelli che invece si sono rivelati essere punti di forza di molte università europee.

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