Del: 12 Giugno 2015 Di: Arianna Bettin Commenti: 0

Arianna Bettin Campanini
@AriBettin

Dopo gli smottamenti interni di quest’inverno in molti speravano che PEGIDA (acronimo di “Europei patriottici contro l’islamizzazione d’Occidente”) stesse finalmente collassando su se stesso, ricacciando nell’armadio vecchi scheletri e fantasmi del passato tedesco.

Lo dicevamo già a febbraio: era una mutazione, non un esaurimento, e quelle migliaia di persone che di settimana in settimana, per mesi e mesi, hanno sfilato per Dresda, Hannover, Monaco, Köln, Bonn, Düsseldorf, Duisburg, Lipsia, non potevano essere svanite nel nulla, redente e convertite da un paio di baffetti sbattuti sulla prima pagina del Bild.

“[il movimento PEGIDA], per sopravvivere, ha bisogno necessariamente di un’evoluzione in senso istituzionale. Un nuovo volto per una nuova facciata: dietro, gli stessi medesimi sentimenti, la stessa violenza populista e reazionaria.”

Con le elezioni comunali di domenica scorsa, questo processo di istituzionalizzazione può dirsi definitivamente compiuto.

Quel popolino rabbioso e spaventato che da febbraio aveva iniziato a ritirarsi nel proprio guscio, assentandosi pian piano dalle “passeggiate” del lunedì, nel segreto dell’urna – dove nessuno può vederti e darti del neonazista – ha messo la sua croce sul nome di Tatjana Festerling, candidata a Dresda per lo pseudopartito di Lutz Bachmann.

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Cinquantenne in carriera, imprenditrice e pubblicitaria, sposata, divorziata, con due figli, ha viaggiato, ha studiato a Chicago. Una donna tutta d’un pezzo, apparentemente realizzata e apparentemente moderna, apparentemente aperta alla vita e al mondo. La persona adatta a raccogliere il consenso anche di chi è apparentemente moderato.

Ma dietro l’apparenza Tatjana non è né moderna, né aperta, né tantomeno moderata: quando ad ottobre hooligans neonazisti e polizia si scontrarono a Köln – scontro in cui vennero feriti quarantaquattro poliziotti – dichiarò di “togliersi il cappello” al cospetto degli HoGeSa.

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Nemmeno a dirlo, per la signora Festerling il grande problema del Paese sono “le ondate di migranti con cui i distruttori della patria sommergono la nostra Dresda e la nostra Germania”, questa fiumana di musulmani che “piantano in asso la loro famiglia e la loro patria, perché qua si vive meglio e c’è la paghetta dello Stato.” Date le premesse, nessuno si aspettava che la signora partorisse un’analisi più profonda del fenomeno migratorio.

Sono parole che alle orecchie degli italiani suonano oramai familiari.
Stavolta però a parlare in questi termini degli immigrati – immigrati che porterebbero “agitazione, criminalità e squilibri nelle nostre intatte cittadine” – non è un padanista in verde con la passione per le ruspe, è una valchiria della bassa Sassonia, e, forse per questioni d’accento, risalire all’antica matrice comune diventa incredibilmente più semplice.

“Costruiremo un muro, un muro questa volta davvero alto!”, grida dal palco.

Strano – nota Alan Posener del Welt – strano sentir parlare di muri e della “sua” Dresda, di “orientalizzazione” e d’invasione una Wessi, una della Germania Ovest. La valchiria Festerling infatti è sassone, ma solo d’adozione. La “sua” città, quella vera, è Amburgo, non Dresda, fino al 1989 dall’altra parte del muro, nella vecchia DDR. Fino a non troppo tempo fa i migranti erano proprio gli Ossi – il muro venne costruito appositamente per impedire loro la fuga. E dopo la caduta, negli anni della riunificazione, i flussi migratori da Est a Ovest divennero così intensi da suscitare diffidenza, risentimento e talvolta sincero astio negli Wessi, i tedeschi occidentali, oltre che svariati problemi di carattere economico.

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Ma la campagna d’odio intrapresa da PEGIDA nei confronti di tutto ciò che è diverso e si muove su due gambe non si concentra più solo sui migranti islamici.

Da aprile Tatjana si scaglia contro “il regime terroristico dei gay, lesbiche, minoranze sessualmente deviate” che renderebbero la Germania un “manicomio a cielo aperto”. Contro queste “fuori di testa fissate col gender” che “vogliono traumatizzare i nostri bambini con le loro eccentriche stronzate sessuali”.
I prossimi, se la memoria non m’inganna, dovrebbero essere zingari e comunisti.

E giusto per sottolineare quale sia l’orientamento sessuale più confacente alla sua Germania e alla sua Dresda, la Festerling non rigetta il nomignolo di “Lady Bitch Recht”, anzi, se ne appropria e ne fa motivo di vanto.

L’esito del primo turno di votazioni per eleggere il nuovo sindaco di Dresda ha visto la candidata di PEGIDA sfiorare il 10% dei consensi: un risultato sconvolgente per un movimento nato solo a ottobre, ancor più sconvolgente, se si pensa che il nucleo programmatico del Volk consti sostanzialmente e quasi esclusivamente di formule fascistoidi, come si è visto nemmeno troppo celate.

Ma, nonostante il buon risultato, la Festerling ha ritirato la sua candidatura per il secondo turno. Appoggerà la lista indipendente di Dirk Hilbert, l’unico candidato a non avere alcun tipo di rapporto con il sistema partitico tedesco.

Il motivo è abbastanza chiaro. PEGIDA – lo si sapeva sin dall’inizio della campagna – non avrebbe mai potuto sperare in una vittoria, ma, al di là dei contenuti, un quarto posto è sufficiente a confermare il successo di una linea improntata all’aggressività e alla violenza verbale, alla chiusura di qualsiasi possibilità di dialogo coi partiti e coi giornalisti. Fin dai primi mesi d’attività, i Pegidisten hanno rifiutato qualsiasi contatto coi media, con la “stampa bugiarda”, ottenendo mediante questo espediente una risonanza immediata in tutto il Paese. Una modalità non dissimile a quella del Movimento5Stelle, specialmente ai suoi esordi, che ha permesso a Grillo di arrivare in un brevissimo lasso di tempo al testa a testa con le principali forze politiche italiane alle elezioni politiche del 2013.

A fronte dell’atteggiamento oscillante e ambiguo delle istituzioni nazionali e transnazionali, della palese frammentazione delle forze europee in merito alla gravissima emergenza immigrazione, è verosimile che PEGIDA possa arrivare, in concorso con l’AfD, l’altra forza euroscettica e di estrema destra presente in Germania, a ottenere una discreta rilevanza nazionale in un futuro non troppo remoto. D’altronde, sarebbe in linea con quanto sta già avvenendo diffusamente nel resto d’Europa.

In quest’ottica, le elezioni di Dresda non sono state altro che un banco di prova in vista di un’ascesa nazionale, se non addirittura europea. La città che ha dato i natali al movimento è solo una delle tante in cui hanno preso piede le Spaziergänge, persino oltre i confini tedeschi, nonostante la pressoché unanime condanna da parte delle forze istituzionali e dei maggiori organi d’informazione del Paese. Dresda è la prova provata che a questa linea aggressiva e distruttiva è sensibile persino la compassata, moderata Germania.
L’apparentemente compassata, apparentemente moderata Germania.

Arianna Bettin
Irrequieta studentessa di filosofia, cerco di fare del punto interrogativo la mia ragion d'essere e la chiave di lettura della realtà.
Nel dubbio, ci scrivo, ci corro e ci rido su.

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