Jacopo Musicco
@jacopomusicco
Viaggiare è conoscere, e il modo più facile, più diretto, di arrivare a conoscere un Paese è praticare la cucina della gente che lo abita. Nei cibi e nella maniera di cucinarli c’è tutto.
— Mario Soldati
Oggi si concludono i primi due mesi di Expo 2015, che, secondo i media italiani, ha fatto enormi passi avanti – ascensori bloccati a parte – rispetto a quel primo maggio segnato dalle violente proteste dei manifestanti. Le lezioni gastronomiche impazzano, i turisti aumentano, le cucine fervono e il grande palcoscenico milanese continua il suo spettacolo. E visto che in tutto ciò l’Italia guarda sempre più renzianamente avanti, io vorrei – per una volta – guardare indietro, al nostro passato culinario e televisivo, per riscoprire un cantore di quel Belpaese oggi lontano, una personalità la cui leggerezza d’animo ha raccontato il cambiamento dell’Italia del dopoguerra.
Mario Soldati, il viaggiatore
Scrittore, giornalista e regista, Mario Soldati fu soprattutto una di quelle rare voci che interpretarono l’identità italiana nella crisi del dopoguerra, prima, e nel boom economico degli anni Cinquanta, poi.
Nato a Torino nel 1906 da famiglia benestante, la sua adolescenza è costantemente caratterizzata dall’attenzione verso l’arte e la cultura, e non a caso decide di laurearsi in storia dell’arte, arrivando a curare il catalogo della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Ben presto però la vita lo porta sulla più sfarzosa via del cinema, prima come ciacchista e poi, pian piano, come sceneggiatore e regista affermato – tra le sue opere ricordiamo Piccolo mondo antico, tratto dal romanzo di Antonio Fogazzaro, e La Provinciale, anch’esso tratto da un romanzo breve di Alberto Moravia.
In questo tourbillon produttivo – non solo film, ma anche articoli e tante opere letterarie – il viaggio rimane una costante per l’intellettuale torinese, sia come azione fisica sia come riflessione sulla condizione umana.
In gioventù prova a diventare cittadino americano passando qualche mese a New York ma, una volta rifiutata la sua richiesta, si avvicina al mondo cinematografico della capitale; inizialmente respinto anche da quell’ambiente si rifugia a Corconio, frazione di Orta San Giulio – piccolo paese sul lago d’Orta – per poi tornare sui suoi passi una volta richiamato da Mario Camerini.
Durante la guerra è costretto, questa volta per necessità, a rifugiarsi insieme a Dino De Laurentis a Napoli, dove tra le altre cose collabora con Radio Napoli.
Una volta concluso il conflitto Mario Soldati riprende il percorso (potremmo anche dire il viaggio) che aveva cominciato prima della guerra, dedicandosi pienamente alla cultura in tutte le sue forme.
Si diceva “viaggio come filosofia di vita” — non è un caso dunque che nel 1956, agli albori della televisione italiana, Mario Soldati idea l’inchiesta televisiva Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, dando vita al reportage enogastronimico.
Il Cibo e il Viaggio
Il cibo è il motore del corpo, ma da qualche tempo sembra esserlo diventato anche per la televisione. Pensateci: Masterchef, Hell’s Kitchen, Man Vs. Food, Cotto e Mangiato, Unti e Bisunti e via così per una serie apparentemente infinita di programmi i cui titoli alternano le parole cucina, cotto, food e chef.
Siamo nel 2015 e il cibo, da protagonista di storie televisive, è diventato prodotto televisivo —prodotti che diventano prodotti, per quella che ormai è una fabbrica nei salotti di tutti gli italiani.
Proviamo a fare un passo indietro, dalla realtà globale a quella locale, tornando a quando la TV muoveva i primi passi e per vederla bisognava andare al bar o dal vicino di casa.
Nel 1956 la pubblicità televisiva esisteva solo nel formato del Carosello e la TV era un veicolo culturale più che di intrattenimento. C’era il bisogno di rifondare l’Italia e gli italiani, doveva passare il messaggio che la cultura era una necessità, un bisogno.
È proprio in questo contesto di grande apertura culturale, in unione alle risorse economiche provenienti dall’America, che Mario Soldati ha la possibilità di creare il primo format di reportage enogastronomico: Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini.
«Se aveste la possibilità di fare un viaggio, pagati e spesati di tutto, che viaggio fareste?»
Da questa domanda nasce il percorso di Mario Soldati alla ricerca di cibi genuini lungo la valle del Po, composto da 12 puntate per ricercare le realtà locali dell’Italia degli anni Cinquanta e la cultura della cucina che tanto contraddistingue il nostro Paese.
Mentre la telecamera riprende un’Italia minore, Soldati, intervistatore fuori dagli schemi, parla con contadini, pescatori, imprenditori del mondo alimentare. L’immediatezza dei dialoghi si alterna alla bellezza delle immagini, commentate dalla magnifica musica di Nino Rota. Quella che appare sullo schermo è un’Italia mai vista in TV, molto lontana dalla retorica e dalla magniloquenza delle città d’arte. Dietro l’apparente divertissement Soldati
anticipa tematiche di grande attualità: si parla di agricoltura, di storia, di antropologia, e ricorda agli italiani, alle soglie del boom economico che non sempre lo sviluppo coincide col progresso, indicando nell’opera straordinaria di artigiani e piccoli produttori, una strada alternativa a quella che anni dopo verrà imposta dal mercato.
— Dalla mostra Mario Soldati. La scrittura e lo sguardo, a cura di Anna Cardini Soldati e Giuliana Zagra.
Come un buon pranzo lascia soddisfatto il corpo e la mente, così il programma del regista torinese riesce a soddisfare la totalità dei sensi: uno sguardo lucido a quella che era la società italiana del tempo e al suo lato più genuino, la cucina – il tutto condito dalle cullanti musiche di Nino Rota.
E come in ogni ricetta che si rispetti c’è un ingrediente segreto: lo stesso Mario Soldati, che, con la semplicità d’animo che lo contraddistingueva, riesce ad entrare in sintonia con tutti i protagonisti della sua storia – dipingendo un’Italia fiduciosa delle sue capacità, dentro e fuori dalle cucine.
Così commentava Pier Paolo Pasolini lo stile dello scrittore torinese: «La assoluta “leggerezza” della scrittura di Soldati significa fraternità. Il suo rapporto con il lettore non è autoritario, ma mitemente fraterno», mancanza di autoritarismo che «conduce Soldati a fare il demone nel senso dostojevskiano del termine».
Sebbene la pagina di Rai TV conservi alcuni estratti del programma, è un peccato non trovare sul web le puntate intere, soprattutto vista l’attualità dell’argomento nell’anno di Expo Milano e dato il valore pedagogico del programma stesso. Ennesima prova dell’allontanamento della televisione pubblica – ma in generale della TV –
da questo tipo di programmi, per far posto a ricette fai da te e talent show che pongono l’entertainment culinario prima della cultura culinaria.
Ma dopo tutto io sono qua solo per rompere le scatole.