
In passato, l’estremo bisogno di acqua in luoghi deserti o soggetti alla siccità portò l’immaginazione degli antichi popoli a pensare che la pioggia potesse essere in qualche modo controllata dall’uomo.
Fu probabilmente questa la logica da cui ebbe origine la danza della pioggia, un rito che veniva praticato non solo dagli indiani del nord America (i Cherokee soprattutto), ma anche dai popoli dell’antico Egitto e dei territori balcanici, i quali, vuoi per la fiducia nelle proprie capacità di comunicare col divino, vuoi per la carenza scientifica dell’epoca, non si cimentarono mai in un approccio pratico.
Questo fu avvicinato solo nel XX secolo, quando l’estroso Wilhelm Reich (1897 –1957), uno psicoanalista austriaco di origine ebraica, ebbe l’idea di costruire una macchina per provocare la pioggia.
[toggle title=”il Cloudbuster”] Content here [/toggle]
Si stabilì negli Stati Uniti, dove condusse i suoi studi, orientandoli principalmente su due campi: la sessualità e il marxismo. Promettente discepolo di Sigmund Freud, il giovane Wilhelm fu costretto a lasciare l’Austria nel 1939 per sfuggire alle persecuzioni naziste.
Il primo campo lo portò a sviluppare l’assurdo meccanismo pseudoscientifico che sarebbe stato alla base del funzionamento della sua invenzione (che ebbe comunque un ruolo marginale nella sua carriera di psicoanalista).
Il secondo, gli diede il coraggio e la risolutezza di credere che la macchina utopica che aveva costruito potesse effettivamente funzionare.
La teoria sessuale proposta da Reich postula una forma di energia cosmica, che egli denominò “orgone” (parola derivante da “orgasmo”), la quale dovrebbe permeare l’universo, concentrandosi particolarmente in alcuni corpi, tra cui l’acqua e gli esseri viventi, l’uomo in particolare.
Sarebbe proprio la presenza di una dose eccessiva o insufficiente di energia orgonica all’interno del corpo umano a dare origine alle nevrosi di un individuo.
Inoltre, sempre secondo lo psicoanalista austriaco, mettendo in comunicazione due corpi pervasi da orgone tramite un materiale conduttore (acqua o metallo), questa bizzarra energia si muoverebbe dal corpo che ne contiene di meno verso quello che ne contiene di più, secondo una logica che cozza apertamente col concetto fisico di potenziale.
Forte delle proprie convinzioni, Wilhelm costruì, fra tante altre invenzioni, il cosiddetto “Cloudbuster” (dall’inglese letteralmente: “L’Acchiappanuvole”): un apparecchio metallico che ricorda un’arma da contraerea.
Secondo Reich, avendo collegato i fili conduttori ad un corpo contenente una grande quantità di energia orgonica (come ad esempio un fiume o un lago) e avendo indirizzato la punta del Cloudbuster verso una nuvola, il congegno avrebbe agito come una sorta di parafulmine per orgone, attirando il corpo a bassa concentrazione “energetica” (il vapore delle nuvole) verso quello ad alta concentrazione (il fiume/lago), provocando così la pioggia.
Potete immaginarvi l’efficacia che dimostrò questo marchingegno e come l’opinione pubblica giudicò il suo eccentrico inventore – un sessuologo filomarxista – in un Paese come gli Stati Uniti durante gli anni della Guerra Fredda.
Reich, che in passato aveva cercato insistentemente di diffondere le proprie idee scrivendo lettere e richieste di colloquio a diversi personaggi illustri (tra cui Albert Einstein e il capo dell’FBI Alvin Johnson), ricevette un’ingiunzione da parte del tribunale per aver sviluppato e applicato sui propri pazienti dei metodi non riconosciuti dalla medicina tradizionale.
Sempre per questo motivo, gli ispettori dell’organizzazione sanitaria americana Food & Drug Administration (FDA) sequestrarono e bruciarono moltissimi dei suoi libri, e quando Wilhelm si rivolse alla corte d’appello per difendere le proprie opinioni diventò un personaggio talmente scomodo che fu fatto arrestare.
L’ironia della sorte vuole che in carcere fu diagnosticato come”mentally ill“, sentenza che bollò definitivamente le sue teorie e le sue invenzioni come l’opera di un folle.
Nel frattempo però, Vincent Schaefer (1906 –1993), chimico e meteorologo americano, aveva scoperto un vero modo per provocare la pioggia, scientificamente basato e funzionante.
Durante un esperimento in laboratorio, Schaefer pose una piccola quantità di CO2 sul fondo di un rudimentale congelatore, ci soffiò sopra e osservò che nella nube di vapore liberatasi dal proprio alito si erano formate delle piccole schegge di ghiaccio fluttuanti.
In quel momento, Schaefer aveva scoperto che le gocce di pioggia hanno origine proprio dalla lenta crescita di microcristalli di ghiaccio all’interno delle nuvole, i quali fungono da nuclei di addensamento per il vapore acqueo circostante.
Allora, pensò il meteorologo, per accelerare il processo, sarebbe stato sufficiente “impiantare” nella nuvola dei nuclei di addensamento artificiali che velocizzassero lo sviluppo dei microcristalli.
Nel 1946, dopo una lunga serie di esperimenti con altri scienziati, Schaefer diede vita alla tecnica del “Cloud Seeding” (dall’inglese letteralmente: “inseminare le nuvole”), una meraviglia dell’ingegneria ambientale che consente di modificare l’entità e la natura delle precipitazioni (pioggia, neve, grandine, nebbia, ecc.) senza danneggiare l’ecosistema.
Infatti, gli agenti chimici utilizzati per “inseminare” le nuvole (ghiaccio secco, cloruro di sodio, ioduro di potassio, ecc.), hanno generalmente un basso impatto sull’ambiente, oltre che un costo monetario relativamente modesto.
Lo spargimento in atmosfera delle suddette particelle può avvenire in modo diretto o indiretto: nel primo caso, le sostanze vengono rilasciate in loco da un aereo, nel secondo invece, vengono proprio “sparate in aria” con l’ausilio di un apposito cannone, che all’apparenza ricorda decisamente un Cloudbuster.
A giorno d’oggi moltissimi Paesi del mondo, Cina in primis, fanno un largo uso di questa tecnologia, dato che i suoi benefici non si limitano al settore agricolo.
Viene infatti impiegata anche per diradare la nebbia nei pressi degli aeroporti, per mitigare le precipitazioni di intensità troppo elevata e per abbattere la concentrazione di sostanze inquinanti in atmosfera (come è stato fatto per l’incidente di Chernobyl).
Tuttavia si tratta di un’invenzione recente e, come tale, non esiste ancora una teoria in grado di associarne gli input operativi alla risposta dell’ecosistema locale: un fatto da cui discendono grosse limitazioni applicative.
Nell’attesa che la ricerca che ne esplori il potenziale e ne valuti i rischi, il Cloud Seeding rimane un prezioso strumento meteorologico che fa sognare: un domani potrebbe contribuire a contrastare il preoccupante fenomeno del cambiamento climatico1.
Nota:
[1]: Si parla allora di “geoengineering” o “climate engineering”, ma si tratta solo di idee ancora in fase di studio:
Video: clip tratta da “Five Ways to Save the World” – documentario della BBC
http://www.bbc.com/news/science-environment-19371833
N.B: Il lettore non confonda le allettanti prospettive d’impiego del Cloud Seeding con le teorie complottiste sulle cosiddette “scie chimiche” o “chemtrails”, in quanto prive di fondamento.
http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273641