Posted on: 10 Settembre 2015 Posted by: Guido G. Beduschi Comments: 3

Guido Giulio Beduschi
@gg_beduschi

Le colonne di Palmira sono testimonianza di una fiorente città, una specie di “melting pot” dell’antichità. La città, sorta su una via carovaniera, era il punto dove l’Occidente incontrava l’Oriente, e dove popoli di diversa etnia –siriani, greci, romani, arabi– e fede –pagani, ebrei, cristiani – convivevano pacificamente.

Non solo, queste maestose rovine ci ricordano anche il trionfo e la rovina di una donna, la potente regina Zenobia, “Nuova Cleopatra” (come dicono si facesse volentieri chiamare), che riuscì a creare un impero orientale ai danni dello Stato Romano.

Palmira

A metà del III secolo, Roma sta attraversando un periodo di forte crisi: nell’interno dello Stato si avvicendano gli usurpatori, mentre ai confini le pressioni dei nemici si fanno sempre più forti, soprattutto a oriente. La situazione è tanto disperata da spingere l’imperatore Valeriano a condurre personalmente una campagna contro i Persiani, questa però finisce tragicamente nel 260 d.C. a Edessa, con l’imperatore stesso fatto prigioniero dal nemico.

A Valeriano succede il figlio Gallieno. Di fronte alle ribellioni e alle tendenze delle province a governarsi da sole, Gallieno deve tollerare che all’interno dell’Impero si formino due regni separati: quello delle Gallie a ovest, e quello di Palmira a est. Quest’ultimo comprende la Siria, la Palestina e la Mesopotamia, ed è guidato da un certo Settimio Odenato. Le invasioni dei Goti e dei Persiani, l’incertezza economica e la sostanziale impotenza del governo centrale, permettono a Odenato di diventare luogotenente imperiale per l’Oriente (Corrector Totius Orientis), formalmente dipendente da Roma ma di fatto indipendente da questa.

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Nel 267, Odenato, muore insieme al figlio maggiore in circostanze misteriose. Secondo alcuni sarebbe stato ucciso in una congiura dinastica, a cui non sarebbe estranea sua moglie Zenobia.  Pur non sapendo le cause della sua morte, sappiamo che a succedergli è la stessa Zenobia, governando in nome del figlio Vaballato. Questa assume la reggenza poco più che ventenne, e fa quello che il marito non ha fatto, o forse non ha osato fare: usurpare completamente il potere, rendendosi del tutto indipendente da Roma. La regina assume da questo momento il titolo di Augusta, e cerca l’appoggio dei Persiani, eterni nemici dei Romani.

Non solo, si spinge anche oltre i confini della Siria e conquista rapidamente l’Egitto e buona parte dell’Anatolia, conducendo personalmente a cavallo le sue armate; nel 271 la regina si è già impadronita di quasi un terzo dell’Impero Romano.

Le testimonianze letterarie ci tramandano l’immagine di una regina guerriera, che vanta di discendere dalla grande Cleopatra e dagli altri Lagidi, i sovrani ellenistici che regnarono sull’Egitto fino alla conquista da parte di Roma. Proprio attraverso questo legame con la tradizione orientale e anti-romana, la regina si sarebbe accattivata l’ambiente siro-ellenisitico e avrebbe legittimato le proprie pretese dinastiche e la propria politica espansionistica.

Zenobia, ricordata come una donna di grande bellezza (per quanto gli unici suoi ritratti pervenutici parrebbero essere quelli impressi sulle monete del suo regno), non solo dimostra un’attitudine sorprendente per la guerra, ma è anche donna colta che si interessa di filosofia, e che parla indistintamente siriaco, greco, latino e egiziano. Sotto il suo regno si compie del tutto e ufficialmente quel sincretismo culturale connaturato alla città di Palmira.

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Nel frattempo a Roma, a Gallieno – ucciso in una congiura – succedono prima Claudio II e poi Aureliano. Nel 272 d.C., Aureliano guida una campagna contro il Regno di Palmira, e riesce rapidamente ad impadronirsi della Siria, cingendo d’assedio la capitale Palmira. La città, abbandonata la speranza di un salvataggio in extremis da parte dei Persiani, cade infine nella mani dei Romani, e Aureliano la punisce con la parziale distruzione e il saccheggio.

Quanto alla fine della regina, le fonti sono discordi. Secondo alcune, la grande ammirazione che Zenobia avrebbe provato per la sua (presunta) antenata Cleopatra, l’avrebbero spinta a emularla commettendo il suicidio prima di cadere nelle mani dei Romani. Secondo altri, invece, la regina sarebbe stata catturata da Aureliano con il figlio, mentre cercava di raggiungere i Persiani. In seguito sarebbe stata  condotta a Roma per il trionfo dell’imperatore, ma avrebbe avuto salva la vita. Sembra infatti che la regina abbia concluso la sua esistenza con onore, soggiornando in una villa donata dallo stesso Aureliano nei pressi di Tivoli. Secondo alcuni, si sarebbe addirittura risposata con un senatore, integrandosi in questo modo nell’aristocrazia romana.

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Quanto di vero ci sia in tutto ciò non ci è dato saperlo. È però interessante notare come l’immagine di Zenobia sia rimasta per secoli nell’immaginario collettivo di Occidente (la regina compare infatti nelle opere di Petrarca, Boccaccio, Chaucer, de la Barca…) e Oriente. Qui, gli storici arabi del IX secolo affermano con certezza che Zenobia fosse di origine araba, dando così corpo all’immagine di una regina che, opponendosi all’occidente romano, è in realtà una precorritrice della grande conquista islamica di quattro secoli dopo. Zenobia è da identificarsi con al-Zabba, semi leggendaria figura regale, una donna bellissima “con occhi celesti e lunghi capelli che procedendo trascina dietro di sé”. Non solo l’aspetto fisico, ma ne vengono lodati anche l’acume, la prudenza unita al coraggio e al valore militare, l’aspirazione a compiere grandi imprese e l’energia per compierle. Il suo potere e la sua forza sono oggetto di proverbi: “Più potente di al-Zabba” si diceva tra gli arabi per indicare colui che aveva raggiunto l’apice del potere.

Il contenuto delle opere degli storici arabi non è affidabile, si tratta infatti di una tradizione episodica, abbellita e accresciuta di particolari, in cui la vicenda di Palmira e della sua regina Zenobia è vista come un frammento della storia del popolo arabo. Ironia della Sorte che proprio coloro che affermano di essere gli eredi del grande Stato Islamico, in questi giorni distruggano sistematicamente le antiche rovine della città di Zenobia!

Guido G. Beduschi
Studente di Storia, da grande voglio incastellarmi. Ho una bicicletta.

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