Del: 15 Ottobre 2015 Di: Tommaso Sansone Commenti: 0

Tommaso Sansone

 

Secondo le attuali documentazioni storiche, il primo elicottero ad aver spiccato il volo risale al 400 AC, ed era fatto interamente di bambù. Ma il velivolo in questione altri non è che un antichissimo giocattolo cinese.

Il cosiddetto “Bamboo-copter” o “Bamboo dragonfly” (libellula di bambù) era costituito da un’elica bipala fissata ad un sottile bastoncino che serviva a imprimergli la rotazione necessaria al decollo, generata mediante lo sfregamento delle mani in senso opposto.

La forma piuttosto elementare fa supporre che il suo ideatore abbia preso spunto dall’apparato seme-foglia di alcune varietà arboree (ad esempio Acero, Frassino, Tiglio, ecc.), il quale, una volta staccatosi dalla pianta, tende a roteare su sé stesso, rallentando la caduta e consentendo al vento di spingere il seme più lontano, così da favorire la diffusione della specie.

Per quanto di facile manifattura, sembra che l’intrigante balocco sia rimasto un’esclusiva ludica dei bambini sino-nipponici per quasi due millenni.

bamboo dragonfly

Bamboo Copter, detto anche Bamboo Dragonfly

D’altra parte, alcune opere d’arte risalenti al XV e al XVI secolo testimonierebbero che il Bamboo-copter abbia fatto la propria comparsa in Europa durante il Rinascimento, periodo durante il quale riscosse grande apprezzamento da parte del popolo.

Si vedano ad esempio i dipinti La Vierge à l’enfant avec Saint Benoît, The Virgin and Child in a Landscape e Kinderspelen, in cui il Bamboo-copter viene ritratto come un giocattolo molto comune, tanto da essere prediletto anche dal bambino Gesù.

Si tratta di una circostanza curiosa se si considera che, contemporaneamente, un oggetto vagamente simile venne sviluppato anche dal celeberrimo Leonardo Da Vinci (1452 – 1519).

Tra i numerosi progetti contenuti nel Codice Atlantico ve n’è infatti anche uno denominato “Vite Aerea”, raffigurato in bozza come una macchina costituita da una piattaforma circolare su cui è montata una girante spiroidale, che ricorda una vite senza fine.

È forse possibile che Da Vinci abbia concepito il proprio marchingegno traendo ispirazione dall’allora popolare libellula di bambù?

dipinti bamboo copter

 

 

 I dipinti che testimonierebbero la popolarità del Bamboo-copter nell’Europa rinascimentale.
A: particolare di “La Vierge à l’enfant avec Saint Benoît”, Le Maitre de Vivoin, 1460, musée de Tessé.
B: particolare di “The Virgin and Child in a Landscape”, Jan Provoost, inizio XVI secolo, national gallery (UK).
C: particolare di “Kinderspelen”, Pieter Bruegel de Oude, 1560,  Kunsthistorisches Museum.

Malgrado non ci siano le prove per dimostrare un tale collegamento, sembra che i due velivoli avessero esattamente lo stesso principio di funzionamento.

Difatti, secondo gli studiosi della vite aerea, la base, ancorata al suolo, sarebbe servita come una piattaforma di lancio per l’elica, che, azionata dalle funi tirate dagli uomini, si sarebbe invece sganciata e sollevata in aria non appena raggiunta una sufficiente velocità di rotazione (proprio come un bamboo-copter).

 

All’insaputa di ciò, la stragrande maggioranza delle fonti (soprattutto sul web) descrive erroneamente una macchina che avrebbe dovuto decollare nella sua interezza, rendendo l’immagine di un fantomatico mezzo di trasporto aereo –al punto da essere stato battezzato come “il primo elicottero della storia”– quando invece il suo scopo sarebbe stato puramente accademico.

Sembra infatti che Leonardo intendesse utilizzarla per dimostrare che l’aria è un fluido, e che quindi un oggetto dotato di elica può “avvitarsi” all’interno di esso, comprimere l’aria verso il basso e sollevarsi così da terra.

Questa tesi è avvalorata dal fatto che l’intera struttura della vite aerea, l’insieme di base e girante, non sarebbe mai stata in grado di volare, principalmente per due motivi, che il genio fiorentino avrebbe probabilmente intuito.

Primo, per far decollare un oggetto di peso e geometria simili sarebbe stata necessaria una velocità di rotazione dell’elica elevatissima, e quindi una coppia motrice di entità irraggiungibile per l’argano manuale illustrato nello schizzo.

vite aerea

Secondo, anche se l’elicottero di Leonardo venisse dotato di un motore moderno, rimarrebbe comunque un grosso problema: non appena avvenuto il decollo, la piattaforma inferiore inizierebbe a roteare con la stessa velocità della girante (in senso contrario), generando una tremenda forza centrifuga che sballotterebbe violentemente i passeggeri a bordo e smonterebbe all’istante il telaio.

Inoltre, per una serie di ragioni tecniche, è difficile pensare che la creazione di Leonardo possa funzionare anche solo nel modo da lui sperato.

D’altro canto, non c’è motivo di prendersela col povero Da Vinci visto che la teoria in grado di predire tale risultato sarebbe stata introdotta solo nel secolo seguente, con l’avvento della dinamica (“Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, 1687, Isaac Newton).

Malgrado la gaffe, c’è ragione di credere che in futuro l’invenzione di Leonardo si sarebbe imposta come nuovo archetipo della macchina volante; tant’è che la parola “elicottero” deriva da “helix”, che in greco significa “spirale” — la forma della Vite Aerea.

A dispetto di ciò, la storia vuole che il termine elicottero sia stato coniato nel 1861 da Gustave de Ponton d’Amécourt (1825 – 1888), un inventore francese che ne costruì un modellino a vapore, seppur non funzionante.

Va anche detto che la Vite Aerea rimase sconosciuta fino al 1797, quando il fisico Giovanni Battista Venturi decise di pubblicarne il progetto assieme ad altre parti del Codice Atlantico.

Ma gli appunti di Da Vinci non riscossero grande attenzione e il suo elicottero precipitò nel dimenticatoio: all’alba del XIX secolo, nessun pioniere del volo avrebbe avuto interesse a visionare le obsolete teorie di uno studioso vissuto trecento anni prima.

In quell’arco di tempo la scienza si era evoluta freneticamente e l’antropocentrismo rinascimentale era stato soppiantato dal massiccio impiego delle macchine e dalla prodigiosa risorsa dei combustibili fossili.

La scoperta della fluidodinamica (1738), del motore a vapore (1765), del gas idrogeno (1852) e del motore a combustione interna (1863), aveva partorito una generazione di inventori che confidava ciecamente nelle capacità della tecnologia.

Forti di questo ottimismo e del sempre più vasto sapere cui potevano attingere, gli ingegneri del XIX secolo si sbizzarrirono a sfornare una quantità impressionante di idee e apparecchi che avrebbero sollevato l’uomo nel cielo.

Per quanto riguarda gli elicotteri, gli esperimenti iniziarono verso la fine del Settecento, coinvolgendo dei modellini che erano poco più che giocattoli. Sarebbe stato proprio uno di questi a fungere da ispirazione per i fratelli Wright, che nel 1903 avrebbero compiuto il primo volo a bordo di un aeroplano.

Tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la necessità dell’installazione di un motore portò ad un aumento delle dimensioni dei prototipi, fatto che si tradusse nell’ulteriore complicazione del problema aerodinamico.

A conseguenza di ciò, la maggior parte degli esperimenti si concludeva con una misera levitazione (come nel caso del “Gyroplane No.1” dei fratelli Breguet e dell’elicottero di Paul Cornu), oppure con un brusco decollo di qualche metro seguito da un brutale schianto al suolo (accadde all’aerogiro di Enrico Forlanini) e alla peggio solo con una violenta esplosione (capitò a Thomas Edison, che se la sarebbe cavata meglio con le lampadine).

stravinski

 

 

 

 

Igor Sikorsky a bordo del suo VS-300,”il primo vero elicottero”, durante un volo di prova del 6 maggio 1941

Nonostante le difficoltà, i pionieri dell’aviazione non si arresero e, a partire dagli Anni Venti del nuovo secolo, diedero vita alla sfilata dei primi veicoli funzionanti.

Proprio a causa della gran quantità di concorrenti in gara, è difficile stabilire chi tagliò per primo il traguardo: secondo alcuni storici sarebbe stato lo spagnolo Juan de la Cierva (1895 – 1936), inventore del cosiddetto Autogiro, un bizzarro mix tra un’elicottero e un’aeroplano che solcò il cielo nel 1923.

Ma la Fédération Aéronautique Internationale attribuì ufficialmente il record del primo volo in elicottero al francese Étienne Edmond Oehmichen (1884 – 1955), che il 14 aprile 1924 si sollevò con il suo quadrirotore fino ad un’altezza di ben 360 metri.

Dopo di lui, molti altri scienziati spiccarono il volo a bordo di nuovi modelli altrettanto validi, ma l’uomo ad essere ricordato come il padre del moderno elicottero è Igor Ivanovich Sikorsky (1889 – 1972), ideatore del VS-300 (o S-46), il primo esemplare dotato di rotore di coda e pattini galleggianti, che si librò in aria il 14 settembre 1939.

Il VS-300 fu un successone e Sikorsky ne sviluppò un derivato molto simile, l’R-4, che fu il primo ad essere prodotto in serie dall’industria bellica, principalmente quella britannica e statunitense.

Infatti i conflitti successivi alla Seconda Guerra Mondiale, soprattutto quello in Vietnam, alimentarono la metamorfosi che trasformò la fantasiosa creatura dell’aerodinamica in una temibile macchina dispensatrice di morte, ora prediletta da tutti gli eserciti del mondo.

Malgrado ciò, tra tutti i mezzi di trasporto costruiti dal genere umano, l’elicottero ha il pregio di essere il più versatile, una caratteristica intrinseca che lo rende predisposto a scopi pacifici.

L’elevata autonomia di volo, unitamente alla capacità di trasportare pesanti carichi, di atterrare sia a terra sia in acqua e di modulare a piacere la velocità di crociera permettono all’elicottero di eseguire operazioni delicate e di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, rendendolo così il fido alleato dei soccorritori.

 

Note

  1. Il progetto e la riproduzione della vite aerea e di altre invenzioni di Leonardo Da Vinci sono visitabili alla mostra “Il mondo di Leonardo – Leonardo3” presente a Milano fino al 31 dicembre 2015.
  2. Sembra che esistano almeno altre due opere d’arte del periodo rinascimentale in cui compaia il Bamboo-copter, l’autore ha provato a rintracciarle, ma senza successo.
    Una di queste sarebbe una vetrata istoriata di origine normanna, risalente alla prima metà del XVI secolo e custodita presso il Victoria and Albert Museum di Londra. Purtroppo non se ne conosce né il nome, né l’autore, né il soggetto.
    La seconda invece è la seguente, ma anche di questa non si conosce il nome.
  3. bamboo rinascimentale

Se il lettore conosce il nome dei dipinti può segnalarlo in commento a questo articolo o su Twitter a @TSansoneVulcano.

 

 

Tommaso Sansone
Mi piace fare e imparare cose nuove. Di me non so quasi niente.

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