Del: 28 Ottobre 2015 Di: Ilaria Guidi Commenti: 0

Ai Weiwei, noto artista, architetto, designer e convinto attivista contro la corruzione e la negazione della libertà di espressione in Cina, è da diversi anni bersaglio del governo cinese, che lo considera una pericolosa minaccia per la stabilità del Paese. L’apice è stato raggiunto nel 2011, quando Ai Weiwei fu arrestato sulla base di accuse inesistenti, e rinchiuso per 81 giorni in un laogai (dal 2 aprile al 22 giugno 2011). Sparì completamente, essendogli negata qualsiasi via di comunicazione, fino al 15 maggio 2011, quando gli fu concesso di parlare con la moglie, Lu Qiong, la quale fu rassicurata almeno sul fatto che le sue condizioni di salute fossero salvaguardate e che non avesse subito torture o maltrattamenti fisici.

Una delle opere d’arte più note con cui Ai Weiwei tornò ad operare dopo la reclusione fu «S.A.C.R.E.D.» (Super, Accusers, Cleansing, Ritual, Entropy, Doubt), esposta alla Biennale di Venezia del 2013 e composta da sei enormi parallelepipedi di ferro che simulavano la cella in cui l’artista era stato rinchiuso. Evidentemente la cella non aveva finestre, infatti questi parallelepipedi erano dotati di una sola, piccolissima, apertura: un foro dal quale gli spettatori potevano sbirciare all’interno della cella, spiare Ai durante le sue attività quotidiane, proprio come lo spiavano le due guardie, onnipresenti. All’interno delle grandi scatole nere vi sono infatti delle sculture rappresentati Ai Weiwei con le due guardie che lo controllavano ininterrottamente, qualsiasi cosa facesse.

Ma i guai di questo artista politicamente impegnato non si sono ancora conclusi. Nel luglio del 2015 gli è stato restituito il passaporto che era stato sequestrato per impedirgli di uscire dalla Cina, ma recentemente ci sono stati nuovi scontri.

In particolare si tratta dell’episodio legato alla Lego, grande azienda produttrice di giocattoli danese, che si è rifiutata di vendere ad Ai Weiwei i mattoncini di lego che gli sarebbero serviti per fini artistici, per dare cioè vita a un’opera realizzata sulla scia di un precedente progetto comprendente i ritratti di 175 prigionieri di coscienza, interamente realizzati con mattoncini lego, ed esposto ad Alcatraz. La nuova opera d’arte sarebbe basata sullo stesso principio, ma nel contesto di una mostra dedicata a Andy Warhol, in programma alla National Gallery of Victoria, in Australia, che prevedeva una serie di ritratti di attivisti australiani da realizzare proprio con quei mattoncini motivo di discussioni.

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Ai Weiwei ci ha messi a conoscenza della notizia tramite il suo profilo di Instagram.

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Il motivo del rifiuto da parte della Lego sarebbe, a detta della stessa azienda, il fatto di voler “fornire una esperienza creativa ai giochi per bambini” e non di usare i propri prodotti per scopi politici:

“The LEGO trademark cannot be used commercially in any way to promote, or name, the art work […]. The motive(s) cannot contain any political, religious, racist, obscene or defaming statements”.

In realtà, Ai Weiwei ha collegato il rifiuto da parte del produttore di giocattoli all’accordo recentemente stipulato tra un’azienda edile britannica e il presidente cinese Xi Jinping, dove si dichiara che la Lego aprirà presto un parco divertimenti Legoland a Shanghai, notizia diffusa dallo stesso presidente durante il suo viaggio in Gran Bretagna.

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In questi termini, il rifiuto da parte della Lego di fornire all’artista – acerrimo nemico del governo cinese – i mattoncini necessari, si potrebbe ricondurre a un interesse da parte dell’azienda di non inimicarsi la grande potenza economica cinese.

Secondo Ai Weiwei, sarebbe il rifiuto stesso della Lego di vendergli il suo prodotto ad avere uno sfondo politico: “Lego’s refusal to sell its product to the artist is an act of censorship and discrimination”.

Ilaria Guidi

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