Secondo un noto vocabolario italiano, una groupie è una fan accanita e “molto appariscente” di un personaggio famoso. La definizione rende l’idea, ma rimane inaccurata e in qualche modo riduttiva.
Alla fine tutti sappiamo bene o male chi sono le groupies: sono ragazze che fanno sesso con i musicisti, che ogni tanto li accompagnano in tour e che magari alla fine se li sposano anche. Spesso questo è tutto quello che ci viene in mente, e non si pensa a quanto possa essere stato importante, in un modo o nell’altro, il ruolo della groupie nella storia della musica rock.
Il rock raggiunge alte vette di popolarità negli anni ’60 e ’70, come un mondo musicale nuovo, rivoluzionario, ribelle, sia socialmente che politicamente, rispetto alle norme culturali dominanti. Ma l’euforia di questa inedita “evasione psichica globale”, come l’hanno chiamata alcuni, non prevede donne nel ruolo di protagoniste.
Il rock si rivela subito un ambiente popolato prevalentemente da uomini e fortemente maschilista in tutte le sue declinazioni, artistiche e non.
Le musiciste che riescono a farsi strada e a imporsi come icone sono molto poche, e per farlo devono lottare con le unghie e con i denti (tra tutte, Janis Joplin).
Ma queste donne non possono accettare di non partecipare a un movimento che sta stravolgendo, grazie alla musica, così tanti paradigmi, ed entrano in quel mondo apparentemente a loro precluso nell’unico modo che sembra possibile: con il sesso. Ragazze giovani e giovanissime si guadagnano il titolo di groupies seguendo le band nei loro tour e andando a letto con pochi o molti, e così facendo diventano protagoniste della rivoluzione sessuale e culturale in atto, portando un nuovo modo di vedere il sesso sulle copertine dei giornali.
Il 1969, quando sia Rolling Stone che Time Magazine dedicano loro copertine e articoli, è l’anno in cui il mondo scopre che cosa sono le groupies.
O anche Bebe Buell, madre della famosa attrice Liv Tyler, avuta con il cantante degli Aerosmith Steven Tyler. Bebe Buell rifiuta il termine groupie e lo sostituisce con quello, altrettanto ambiguo, di rock girlfriend, e ha scritto un’autobiografia intitolata Rebel Heart: an American Rock’n’Roll Journey, nella quale, tra le altre cose, descrive la prestanza sessuale di non poche superstar del rock.
Tra tutte si distingue poi, per originalità di modi e di intenti — oltre che per la bellezza del suo sito internet — Cynthia Plaster Caster, timida studentessa d’arte che decide che il modo migliore per avvicinare le rockstar è chiedere loro di prestarsi come modelli per fare calchi dei loro peni. La sua ampia collezione, che comprende anche Jimi Hendrix, fu sponsorizzata nientemeno che da Frank Zappa, affascinato dal progetto artistico.
Ma che ne è delle groupies adesso?
Oggi il giudizio nei confronti delle ragazze che “oggettificano” il proprio corpo, o lasciano che sia oggettificato da altri, è estremamente negativo, soprattutto da parte di altre donne, ma anche da parte delle rockstar stesse. Di fan che fanno sesso con i propri idoli di sicuro ce ne sono ancora moltissime, ma la rivoluzione sessuale è finita, e con essa l’orgoglio del proclamarsi groupies e di esibire la libertà delle proprie scelte in questo campo.