
Slava’s Snowshow va in scena ed è subito magia e incanto. Il tema della neve è già annunciato dal titolo e suggerito dai manifesti sparsi per Milano, eppure lo stupore che si prova nell’entrare in una sala cosparsa di coriandoli bianchi, accompagnati dal suono tagliente di una bufera, è inaspettato. Il visionario regista e attore Slava Polunin dichiara che il suo è “un teatro rituale magico e festoso costruito sulla base delle immagini e dei movimenti, sui giochi e sulla fantasia” e questo spettacolo non smentisce, ma anzi conferma con zelo le sue parole.
Lo spettacolo comincia con l’entrata del personaggio più conosciuto (e riconosciuto da numerosi premi) di Slava Polunin, e cioè Asisyai, un clown vestito di giallo e con delle soffici pantofole rosse, che presto viene raggiunto da un folto gruppo di clown verdi con ai piedi delle scarpe decisamente fuori misura e sulla testa dei cappelli strani, le cui estremità ricordano le ali degli aerei o delle buffe orecchie sempre tese.
Gli sketch si susseguono uno dopo l’altro, trascinando lo spettatore in un vortice di emozioni e suggestioni: la tristezza del tentato suicidio che apre lo spettacolo viene presto spazzata via da una serie di gag divertenti e coinvolgenti, come quella che vede impegnato Asisyai a solcare un mare di nebbia sopra un improbabile vascello fatto con un letto e un lenzuolo, minacciato da un pesce cane che abbaia, oppure quella in cui cerca di sbarazzarsi di una ragnatela, ma finisce a imprigionare il pubblico che dovrà liberarsi da solo mentre lui sul palco cerca di scacciare un ragno gigante; si passa poi ad una scena di tenera malinconia quando Asisyai deve partire, salutando con molta fatica un cappotto di donna appeso ad un appendiabiti con tanto di cappello — cappotto che verrà animato dallo stesso protagonista, come se partendo stesse lasciando una parte di sé sulla banchina.
La nostalgia è subito scansata da un ritorno di fiamma, dove la cricca di clown verdi torna in scena per giocare con il pubblico, lanciando acqua, coriandoli bianchi e camminando per la platea per scegliere qualche ignaro (e spesso timoroso) spettatore per ballare o per farsi aiutare a risalire sul palco.
La presenza di bambini nel pubblico è molto alta e le conseguenze sono un clima di gioia, risate spontanee senza ritegno, piccole grida di stupore, mani alzate per scoppiare bolle e raccogliere neve impedendo la visuale completa. Il pubblico adulto, inizialmente composto e misurato, si fa coinvolgere dal crescente clima giocoso e alla fine fa a gara con i bambini a chi acchiappa più fiocchi di neve.
In questo senso il finale è sorprendente: dopo la classica chiusura con l’uscita singola dei vari attori e il caloroso applauso del pubblico, la platea si trasforma in un enorme campo da gioco, sorvolata da palloni giganti che il pubblico si diverte a far rimbalzare da una parte all’altra; gli adulti prendono parte alla festa lasciando da parte il contegno e divertendosi con e come i bambini.
Ecco qual è la vera magia di questo spettacolo: oltre allo straordinario impianto scenografico, alla rottura totale della quarta parete e alla pantomima di questi magnifici attori, resta soprattutto il potere di Slava di far ridere e far tornare la spensieratezza e lo stupore di quando si era bambini.