Del: 30 Dicembre 2015 Di: Bianca Giacobone Commenti: 0

Abbiamo incontrato Francesca Ferrario, che ha lavorato per Your Story, una piattaforma web fondata in India da Shradha Sharmaper raccontare le storie di imprenditori indiani. Accanto a questo progetto nasce anche Migrant Entrepreneurs Europe sulle esperienze degli imprenditori migranti in Europa.

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Che cos’è Your Story?

Your Story è una piattaforma che raccoglie storie di imprenditori in India. L’idea è particolare perché in India il mondo del lavoro è più tradizionalista: i giovani devono lavorare in una grande azienda per mantenere tutta la famiglia. L’imprenditoria è il concetto opposto, secondo il quale si lascia tutto, ci si rende disponibili a non guadagnare tanto e si inizia qualcosa di cui si è veramente appassionati. In India fare l’imprenditore è trasgressivo, motivo per cui Your Story è così originale. Il progetto ha avuto molto successo, con 3 milioni di visualizzazioni  al mese sul sito e 2 milioni sull’applicazione. A luglio ha ricevuto 5 milioni di finanziamenti da vari investitori privati e venture capitalists, tra cui Ratan Tata, uno dei più grandi imprenditori indiani.

Come è nato?

L’ha fondato Shradha Sharma nel 2009, dopo aver lavorato per grandi aziende di media indiane, come il quotidiano The Times of India. Nel fare il suo lavoro si è resa conto che c’erano pochissimi media che parlavano in modo specifico di imprenditoria, quindi si è licenziata e ha creato una piattaforma che parlasse esclusivamente di questa realtà lavorativa, partendo dalla base, ovvero dalle storie degli imprenditori. Per imprenditori in questo caso si intendono persone normali, non famose, senza per forza un passato glorioso di imprese e business. Così pian piano ha costruito la più grande piattaforma di storytelling sull’imprenditoria indiana. Il modello non è innovativo di per sé: esiste anche TechCrunch, che ha base a San Francisco negli Stati Uniti. In generale, l’imprenditoria nel mondo è un business che va molto bene, soprattutto quella legata alla tecnologia: Facebook è una startup, come anche Twitter o Instagram. Siamo nell’era delle startup.  

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Quanto è significativo il fatto che Shradha Sharma sia una donna di successo, in India?

Sicuramente è un’eccezione. Nel mondo del business in India ci sono poche donne. Sono sempre di più, è vero, e quelle che ce la fanno sono veramente toste. Lei lo è abbastanza da poter avere successo. È quella che si dice una “workaholic”, lavora 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, e pensa solo alla sua startup. È indubbio che, soprattutto all’inizio, abbia dovuto affrontare difficoltà maggiori rispetto a un imprenditore uomo, per esempio nel trovare finanziamenti. Prima di trovare finanziamenti ha dovuto aspettare che Your Story diventasse una piattaforma importante. Bisogna dire, però, che lei non dà molta importanza alle difficoltà che ha incontrato come donna. Le riconosce, ma pensa che lamentandosi dei propri problemi non si vada più avanti. Vero è, comunque, che passando del tempo in India si inizia presto a notare come sia più facile per gli uomini che per le donne lavorare nel mondo dell’imprenditoria e non solo.

Ho notato che sul sito c’è una sezione dedicata alle donne, “Her Story”.

All’inizio Your Story aveva una piattaforma unica per tutti gli imprenditori. Dopo aver fatto esperienza sui tipi di imprenditoria che si potevano raccontare, il sito è stato diviso in tre parti. Una parte è dedicata alla tecnologia ed è una delle più seguite, perché in India l’interesse a riguardo è alto e ci sono molti ingegneri. Una parte è Social Story, dedicata all’imprenditoria sociale. E poi c’è Her Story, dedicata alla donne in generale, e non solo alle donne imprenditrici. Si tratta più che altro di trovare storie di donne che si sono messe in affari e che possono essere d’ispirazione. Non tutti erano d’accordo con la creazione di “Her Story”. Alcune imprenditrici, come anche dei membri del team, hanno protestato dicendo che non era giusto considerare le donne da un diverso punto di vista solo per il loro essere donne. Ma le storie che si trovano su Her Story hanno protagoniste che hanno avuto vantaggi o difficoltà proprio per il loro essere donne e l’elemento femminile è sottolineato con forza.

Un esempio?

Per esempio la storia molto travagliata di una ragazza, Kalpana Saroj, della casta degli intoccabili, la più bassa, nata in una zona dell’India in cui le caste sono ancora molto sentite. Viene costretta a sposare un uomo più vecchio di lei, dal quale però riesce a scappare per tornare dalla sua famiglia. Ma rifiutare il marito in India è considerato un gesto estremamente oltraggioso e la sua famiglia, fatta eccezione per il padre, la rifiuta. Lei cade in depressione, si avvelena e viene portata dal padre in ospedale. A questo punto si trasferisce a Mumbai, dove, per vari motivi, prende in gestione un’azienda in fallimento, la risana e diventa milionaria. 

Oppure un altro esempio è la storia di una ragazza che ha attraversato in moto l’India dalla punta sud fino all’Himalaya. Non si parla di business, ma per una donna viaggiare da sola in India è considerato estremamente pericoloso, e la sua è una storia che può ispirare.

Your Story vuole espandersi in Europa?

Vorrebbero espandersi un po’ ovunque. Per l’Europa, io e Shradha Sharma abbiamo pensato a un target specifico. In questo momento uno degli argomenti più diffusi è quello dell’immigrazione. Se ne parla tanto, ma in modo limitato: o con solidarietà o con rifiuto. L’immigrato in questo modo è oggettificato, e non è mai protagonista. Le storie che parlano dei migranti ci sono, ma si concentrano sempre e solo sul loro viaggio e su quanto hanno sofferto ad arrivare qui.
Ho pensato di poter continuare a fare quello che facevo in India parlando proprio di imprenditori immigrati. In qualsiasi parte del mondo, e con qualsiasi background, gli immigrati sono sorprendentemente utili al PIL dei vari stati europei, proprio perché contribuiscono all’economia come imprenditori.
Statistiche specifiche per ogni Paese europeo sono di base concordi nel dire che i migranti sono più disposti a correre rischi con le loro imprese, sono più in grado di farcela con risorse economiche ristrette e che, anche se magari per poche persone, comunque creano lavoro.
Tutto ciò rimane in sordina.

Come Shrada Sharma ha iniziato a parlare di imprenditori indiani perché nessuno lo faceva, così io ho iniziato a parlare di imprenditori migranti. È un percorso parallelo a quello di Your Story ed è una cosa nuova di cui parlare in Europa.

Per ora ho raccolto una dozzina di storie su MigrantEntrepreneurs Europe. È un progetto pilota che andrebbe a convergere con Your Story in caso di successo. Ha la sua base su Medium, l’equivalente di Twitter, a lungo formato. Abbiamo iniziato a pubblicare un mese e mezzo fa e ha funzionato. In tanti mi hanno scritto perché l’idea piace o gli articoli piacciono, e mi hanno chiamata da Spagna, Inghilterra, Italia e New York per avviare collaborazioni. Io per ora sto facendo la cosa più semplice, ovvero racconto storie di migranti che sono già imprenditori, che hanno già avviato qualcosa. I progetti che si possono sviluppare partendo da qui sono tanti. Per esempio una signora mi ha contattata dall’Inghilterra per creare un network di imprenditori migranti in Europa, che possa essere utile per trovare investitori e creare collaborazioni con i paesi nativi degli imprenditori.

In breve, una delle belle storie che hai trovato?

Le storie le ho trovate in paesi diversi, Germania, Italia, Francia e Inghilterra. Una di quelle che mi ha più colpito ha come protagonisti due ragazzi che presero parte agli scontri di Rosarno nel 2010. Una volta scappati da Rosarno, sono andati a Roma. Uno di loro, Suleman, che viene dal Mali, ha proprio lo spirito da imprenditore, nel senso che ci crede che le cose possano andare bene con i propri sforzi. Suleman e Seydou hanno deciso di inziare a produrre yogurt, e grazie a varie conoscenze si sono fatti dare un pezzo di terra, fuori Roma. Poi hanno trovato qualcuno da cui comprare i primi 15 litri di latte, con un capitale iniziale di 30 euro. Hanno venduto il primo yogurt ai mercatini e pian piano hanno dato il via a un ciclo di produzione che adesso è di 200 litri di yogurt a settimana. Vanno in giro per Roma in bicicletta e vendono porta a porta lo yogurt e anche le verdure che coltivano nel loro pezzo di terra. Nella loro squadra hanno dato lavoro anche a due ragazze autistiche romane. Suleman mi ha detto che il loro sogno è quello di riuscire a dare lavoro a tanti altri rifugiati, perché se non inizi a lavorare non solo non ti integri, ma nemmeno impari l’italiano, che è fondamentale per iniziare a trovare lavoro in Italia.

(Storia completa qui)

Bianca Giacobone
Studentessa di lettere e redattrice di Vulcano Statale. Osservo ascolto scrivo. Ogni tanto parlo anche. E faccio il mondo mio, poco per volta.

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