Posted on: 5 Febbraio 2016 Posted by: Redazione Comments: 0

Susanna Causarano
@SueSbimbloz

Sembrerebbe una barzelletta o un articolo di Lercio, eppure è la realtà. E per il professore di filosofia Stefano Rho, 43 anni, una moglie e tre figlie, non c’è da ridere.

Agosto 2005. Dopo una serata passata a chiacchierare davanti a una birra nella ridente cittadina di Averara, provincia di Bergamo, Rho e un amico, Daniele, sentono il bisogno impellente di “farla”. Dopo vani tentativi di trovare un bar aperto si arrendono e decidono di urinare in un cespuglio vicino a un lampione, quando vengono notati dai carabinieri che chiedono loro i documenti e li rimproverano bonariamente di aver scelto un posto vicino a fonte luminosa. Certi che la vicenda fosse conclusa, si stupiscono di ricevere un avviso del giudice di pace “perché in un piazzale illuminato adiacente alla pubblica via compivano atti contrari alla pubblica decenza orinando nei pressi di un cespuglio”. Sono 200 euro di multa. Nessuno dei due ha voluto fare ricorso e affidarsi a un avvocato.

2 settembre 2013. Rho, insegnante precario di filosofia da quattordici anni, firma una’autodichiarazione per il Ministero in cui afferma “di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario giudiziario ai sensi della vigente normativa”.

Tre mesi dopo il dirigente scolastico del liceo in cui lavora gli comunica che risulta “destinatario di un decreto penale passato in giudicato” e fissaappuntamento a fine gennaio 2014 per spiegare come stanno le cose. Ascoltata la storia, il preside decide che non ci sono gli estremi per nessun tipo di condanna e decide di dargli solamente la censura. Due anni dopo, la Corte dei Conti decide che Rho non sia degno di ricoprire il ruolo di insegnante, essendosi macchiato di questa vergogna e, nonostante la fedina penale pulita, decide di fare pressione al preside perché lo sollevi dall’incarico, facendo anche decadere la validità dei contributi versati in tutti gli anno di lavoro precario.

Sedici anni di lavoro buttati in un cespuglio.

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