Lo chiamano “Il Tedesco”. Jürgen Mossack ha 68 anni e tutto ciò che un uomo possa desiderare: soldi, auto sportive, case di lusso, uno yacht e un elicottero. Ha tutto, anche gli agganci giusti. E’ membro illustre di varie associazioni professionali e del Rotary Club; è stato persino membro del Consiglio Nazionale per gli Affari Esteri del governo panamense per qualche anno. Nella Ciudad de Panama è una vera autorità, gode del rispetto e dell’ammirazione dei cittadini, del sostegno dei colleghi e dei concorrenti. E’ l’emblema del self made man, dell’uomo che ce l’ha fatta, che si è fatto da solo.
Ed effettivamente è così. Mossack è un vero professionista nel suo campo, complice un’esperienza pluridecennale: da quasi quarant’anni vende scatole cinesi.
Nato nel 1948 in Baviera, a Fürth, il Tedesco viene catapultato giovanissimo in America Centrale, al seguito dei genitori. Studia a Panama, si laurea in legge, lavora in vari studi legali fino all’apertura di un’attività in proprio: nel 1977 fonda a Panama-City la Mossack Law Firm.
C’è chi, dopo una laurea in legge, si dà al diritto familiare, chi a quello penale. A Panama si può anche scegliere di offrire la propria competenza ai poveri ricchi del globo per aiutarli a nascondere denaro, pulito o sporco che sia, sotto il tappeto. Non a caso viene ribattezzata “la Svizzera americana”.
La Mossack Law Firm fa esattamente questo: gestisce gli stratosferici flussi di denaro che da tutto il mondo vengono dirottati annualmente verso il Pacifico, proprio a Panama, per poi farli sparire nel nulla. Offre società off-shore, solitamente munite di registri fittizi, che consentano al cliente interessato di usufruire a piacere delle sue liquidità occultando il proprio nome.
Sono gli anni a cavallo fra la giunta militare di Torrijos e il colpo di Stato del dittatore Manuel Noriega del 1983. Anni di fuoco. Proprio in questo periodo Panama diventa pedina fondamentale del cartello di Medellín: la celeberrima rete del narcotraffico colombiano riversa nelle banche del Paese miliardi e miliardi di dollari ottenuti grazie all’esportazione e allo spaccio di coca. E fa la fortuna di molti, Mossack compreso, che fra gli altri può vantare un cliente d’eccellenza come il boss messicano Rafael Caro Quintero, uno dei massimi esponenti del narcotraffico mondiale.
All’inizio del 1986 Mossack diventa socio in affari di Ramón Fonseca Mora e fonda l’omonimo studio legale, la Mossack-Fonseca.
Anche Fonseca è uno che la sa lunga. Oggi, a 64 anni, al pari del suo socio è uno degli uomini più influenti del Paese. Parallelamente alla sua attività di consulente, ha pensato bene di buttarsi in politica. Dopo essere stato consigliere di diversi presidenti, è attualmente vicepresidente del partito di governo e uomo di fiducia del presidente Varela.
Il core value della Mossack-Fonseca è semplice e allettante: bastano mille dollari per aprire una società anonima. Di questa, amministratore reale e contenuto rimangono invisibili, e in caso di necessità, in cambio di un leggero sovrapprezzo il Tedesco offre anche un prestanome cui intestare il tutto. Giunti a questo punto, il cliente è libero di usufruire come più lo aggrada della sua società, lontano da sguardi sgraditi. Perché questa è la grande forza del gruppo: la totale riservatezza e sicurezza.
Gli affari vanno a gonfie vele: di anno in anno vengono contattati da nuovi clienti provenientida tutto il mondo, aprono centinaia di migliaia di società-fantoccio, fondano filiali e studi associati in Europa, in Asia, negli USA. Lavorano prevalentemente sulle Isole Vergini, su Panama e alle Seychelles, ma anche in Gran Bretagna, dove grazie al loro tramite vengono aperte circa 150 società off-shore.
I due ci tengono all’affidabilità e organizzano persino degli workshop di formazione del personale, workshop dai temi a dir poco eloquenti. Nel 2012, ad esempio, tra un rinfresco e l’altro, un dipendente dello studio illustra un pacchetto di riforme fiscali appena approvato alle Isole Vergini, e dopo la pausa caffè, come si chiude una società off-shore.
L’anno fortunato della Mossack Fonseca è il 2005, anno in cui entra in vigore un nuovo ordinamento fiscale europeo. La riforma punta alla trasmissione automatica di informazioni e dati tra i Paesi membri rispetto ai movimenti di capitale, e prevede accordi stringenti con Svizzera, Lussemburgo e Austria. Ma come spiegano i giornalisti della Süddeutsche, le nuove norme colpiscono i privati, le persone fisiche, non le società. E’ così che nel corso di un solo anno vengono create migliaia di nuove società. Nel solo mese di maggio, lo studio firma contratti per 20 companies alle Isole Vergini, 10 alle Seychelles, 85 a Panama.
Fra gli aficionados della premiata ditta figurano nomi pesanti: grandi industriali e manager, capi di Stato, élites politiche e personaggi illustri dello sport, ma anche criminali di guerra e clan mafiosi, da Oriente e da Occidente. Tutti interessati a trasferire capitali in un qualche paradiso fiscale per sottrarli agli artigli dell’erario nazionale, per farli sparire e ripulirli; tutti interessati alla Mossack Fonseca, che diventa in breve una delle più grandi agenzie del settore al mondo.
Nomi con cui – a detta di Fonseca – i due legali non hanno mai avuto contatti diretti, ma sempre e solo indiretti, attraverso la mediazione di istituti bancari. Peccato che tra i 2,6 terabyte di documentazione pervenuti alla redazione della Süddeutsche Zeitung vi siano anche migliaia di e-mail indirizzate a personaggi come Harry Potter o Winnie Pooh in cui si parla di transazioni, operazioni finanziarie e incontri. A meno che non si ammetta che da Hogwarts vi sia qualcuno interessato ad aprire attraverso la Gringott un conto alle Cayman per sfuggire alle grinfie del Ministero della Magia, c’è da credere che si tratti di pseudonimi sotto i quali si nascondono persone ben più scomode di Tigro e Cristopher Robin.
Sono coinvolti, fra gli altri, circa centotrenta uomini politici, tra cui molti ministri e dodici capi di governo. Tra questi c’è Mauricio Macri, attuale presidente argentino, che avrebbe fondato grazie alla Mossack Fonseca la Fleg Trading Ltd., con sede alle Bahamas, nel 1998, quando ricopriva la carica di sindaco di Buenos Aires, per poi scioglierla nel 2009. Durante i dieci anni di vita della società, Macri non ne ha mai dichiarato l’esistenza al fisco. C’è SigmundurDavíð Gunnlaugsson, Primo Ministro islandese, già co-proprietario al 50% della Wintris ltd. prima del 2009, anno della sua elezione, ha poi venduto la sua quota alla moglie, da quel momento in poi socio unico.
Ci sono poi Iyad Allawi, ex presidente iracheno, il re saudita Salman bin Abdulasis al Saud, il premier pakistano Mian Mohammed Nawaz Sharif, l’ex primo ministro giordano Ali Abu al-Ragheb, Khalifa bin Zayid bin Sultan al-Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti, e il presidente sudanese Ahmad Ali al-Mirghani.
C’è il figlio dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarack, Alaa Mubarack, proprietario tra il 1993 e il 2015 della Pan World Investments Inc., registrata alle Isole Vergini.
C’è il passato re di Spagna Juan Carlos, la moglie del defunto presidente di Guinea Contè, il miglior amico di Vladimir Putin, l’ex presidente georgiano Bidsina Iwanischwili.
E c’è pure Poroshenko, che mentre dichiarava durante la campagna elettorale per la presidenza ucraina che avrebbe venduto tutte le sue attività, fondava con l’aiuto della Mossack Fonseca una società off-shore alle Isole Vergini.
Nelle parole di Fonseca però c’è del vero: i principali interlocutori del gruppo non erano e non potevano essere i diretti interessati, ma le banche, prima fra tutte la HSBC. Oltre alla HSBC, cui vengono attribuite almeno 2.300 fondazioni di società off-shore, altri grandi partner dello studio sono le svizzere Credit Suisse (1.105) e UBS (1.100), la Société Générale(979), la Royal Bank of Canada (378), la Commerzbank (92). Solo la Deutsche Bank ne ha aperte nel 2007 più di 400. Sono più di 500 gli istituti che hanno collaborato con la MossackFonseca negli anni, per un totale di circa 15.600 società fantasma aperte. Spesso non fungono solamente da tramite, ma forniscono pure i soldi utili al cliente per gestirle.
Il problema è sempre il solito: di fatto non c’è nulla d’illegale – d’altronde, è proprio la legislazione fiscale lassa a rendere tale un paradiso fiscale. Illegali sono le operazioni che questo sistema rende possibili, prime fra tutte l’evasione del fisco e il riciclaggio di denaro. In sé, la fondazione di società off-shore non rappresenta un reato, può essere un’azione necessaria o doverosa per alcuni enti o firme. Lo stesso studio però ammette che «il 95 per cento del nostro lavoro coincide con la vendita di sistemi per evadere le tasse» senza infrangere la legge.
Per questo motivo è difficile che i Panama Papers abbiano ripercussioni legali sul gruppo. Piuttosto, è prevedibile un danno d’immagine: la Mossack Fonseca, uno dei più grandi enti di creazione e gestione di società off-shore al mondo, incastrato da un’inchiesta in cui vengono fatti nomi e cognomi. Difficile che un potenziale cliente possa fidarsi del Tedesco e del suo socio, da oggi in poi. Ma di certo non sarà una fuga di notizie a fermare la pluridecennale fuga di capitale verso Panama.
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