Posted on: 10 Aprile 2016 Posted by: Nicolò Tabarelli Comments: 0

Duilio Forte è un architetto e artista italo-svedese, nato e laureatosi a Milano. Le sue opere si concentrano sulla “ricerca delle infinite identità di Sleipnir, impareggiabile destriero del dio Odino della mitologia norrena” che “è occasione per ripensare il rapporto tra l’essere umano e la natura.” Fuor di prosa echeggiante, le sue opere consistono in enormi sculture in legno che rappresentano animali ispirati alla mitologia scandinava.

In occasione della XXI Triennale, Duilio Forte è stato invitato dal curatore Beppe Finessi a partecipare alla rassegna “Stanze, altre filosofie dell’abitare”, che si concentra sulle possibili evoluzioni dell’architettura d’interni.
Ho avuto l’occasione di imbucarmi alla Triennale e di trascorrere una giornata di lavoro con Duilio Forte e i suoi collaboratori.

La mattina del 24 marzo mi reco alla Triennale per dare il mio, minimo, contributo alla realizzazione di un’installazione intitolata VRSVS. L’inizio dei lavori è previsto per le dieci in punto. Alle dieci vengo informato che l’ora a cui presentarsi è stata spostata alle 10:30.

Alle 10:20 mi addentro nei meandri della Triennale, che è nel pieno dello scatto finale per essere pronta per l’inaugurazione del 2 aprile. Dopo aver sorpassato una serie di piccoli cantieri, arrivo di fronte ad un’imponente struttura di legno in cui mi sembra riconoscere il tratto di altre opere di Forte. Ai piedi della struttura chiacchierano due ragazze, paiono in attesa. Mi avvicino e chiedo se mi trovo nel posto giusto. Sembrerebbe di sì. Loro sono stagiste dell’atelierFORTE, mi dicono di stare tranquillo, che raramente Duilio è puntuale.

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Verso le 11 si presenta Carlo, un collaboratore di Duilio e i lavori possono iniziare. Io e una delle ragazze veniamo assegnati al taglio delle assi. “Venti assi da 105 centimetri” ci dice Carlo, noi eseguiamo. Superate le prime difficoltà, tra cui capire per che verso si tiene la squadra, vengo inserito nella forza lavoro con una naturalezza che mi stupisce.

Alle 11:20 arriva anche Duilio Forte. Mi presento. Non accenna risposta. Mi preoccupo, non sarà che sono d’impaccio? Mi imbarco in spiegazioni arzigogolate, dico che lavorerò gratis, per un solo giorno, che cercherò di dare una mano. Le mie parole non sembrano tangerlo per nulla, nel senso più materiale del termine, paiono proprio non arrivargli alle orecchie. Senza aver proferito risposta, con aria distratta si arrampica per la struttura e si mette all’opera. Ne deduco che conta solo che il lavoro sia fatto, il resto sono chiacchiere vuote.

Intanto gli ordini si accavallano. Duilio vuole dodici assi da 102cm, Carlo altre dieci da 105. Poi si scopre che c’è stato un errore, le assi da 102cm devono essere da 87, vanno rifatte tutte.

Durante la pausa pranzo, mentre mangiamo i nostri panini, Duilio ci legge un estratto della didascalia che ha scritto per il progetto: “l’opera VRSVS nasce per dare la possibilità di provare un’esperienza di vita minima all’interno di una forma zoomorfa.”
Tutto chiaro.

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La giornata prosegue tra trucioli, viti e misure che continuano a cambiare.
Quando Duilio lavora è fuori dal mio campo visivo, quando lo vedo sembra che si stia aggirando svagato. Verso le otto di sera però, quando la giornata lavorativa volge ormai al termine, i suoi assistenti e io aspettiamo solo di andare a casa, lo vedo avventurarsi agile in cima alla scultura con un’ascia in mano. Assestando due colpi col cuneo dell’ascia, in pochi minuti, raddrizza un’intera parete di assi sconnesse che noi giovani aiutanti avevamo incastrato malamente.

La sera, tornato a casa, cerco informazioni su Duilio e incappo in queste righe di Beppe Finessi: “La sua vita è tutta una bottega. Lui è l’“uomo artigiano” dell’architettura italiana, contemporaneamente progettista ed esecutore. Non ha bisogno di parlare con le maestranze, […] fa tutto in prima persona” e finalmente capisco il suo modo d’intendere l’arte.
In quei due colpi d’ascia sta tutto Duilio Forte.

Nicolò Tabarelli
Zelante burocrate zarista, più per dispetto che per convinzione.

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