Pare che la cancelliera Angela Merkel abbia sottovalutato l’ascesa della destra populista del partito Afd: la batosta è arrivata dopo le votazioni che si sono tenute per le elezioni regionali nel Land di Meclemburgo-Pomerania – in cui i populisti hanno sorpassato il suo Cdu, incolpando la politica migratoria attualmente approvata dalla cancelliera – e, molto più recentemente, nella città-Land di Berlino.
Secondo gli ultimi risultati, i consensi sarebbero calati rispetto a 5 anni fa, passando dal 23,3% al 18% nel primo caso, abbassandosi inesorabilmente e aprendo uno spiraglio (e forse più di uno spiraglio) per il partito conservatore, e al 17,6% (in calo di 5,7 punti) nella capitale.
Il primato tuttavia è andato al partito socialdemocratico della Spd, che si è confermato in testa con una percentuale di consensi che oscilla fra il 30% e il 30,4%.
Con la fine della grande coalizione Cdu-Spd e l’ascesa dell’Alternative für Deutschland (Afd), la leader del partito, Frauke Petry, non ha solo incamerato parecchi consensi, ma ha anche esultato alla sconfitta della Merkel, attribuita alla sua “catastrofica politica migratoria”: il riferimento è certamente alla decisione, presa un anno fa dalla cancelliera, di aprire i confini tedeschi ai migranti momentaneamente stanziati in Ungheria.
Per tamponare le perdite, la Merkel avrebbe promesso di fare un passo indietro, garantendo che non si ripresenterebbe più una situazione analoga a quella del 2015.
Pur godendo di un discreto seguito, a preoccupare l’opinione pubblica è la frangia più estremista del partito, molto composito, popolata da esponenti neonazisti; non a caso, il maggior bacino di consensi risulta essere quello dei Länder dell’Est – come il Meclemburgo-Pomerania – territori in cui è stata riscontrata una alta percentuale di ideologia filo-xenofoba.
Ferma nel suo proposito, la Merkel è intenzionata a riconquistare questo ampio bacino elettorale, convinta di poter continuare a portare avanti una politica di apertura delle frontiere agli immigrati.
Su queste proposte si gioca lo scontro fra le due donne, per il mantenimento – o la conquista – del ruolo di cancelliera alle prossime elezioni federali che si terranno nell’autunno 2017.
Sembra però che non molti, lontano dalle coste baltiche, apprezzino le idee sostenute dalla Petry: risale a pochi giorni fa, infatti, la notizia di un incendio doloso appiccato alla sua auto, a Lipsia, nella parte Est della Germania, alla vigilia del voto a Berlino. Qualcuno non deve aver gradito la sua proposta di negare l’asilo politico ai rifugiati e di spedirli su non precisate “isole fuori dall’Europa gestite dall’Onu”, su esempio dell’Australia a Nauru.
La candidata si è espressa anche su burqa e burkini, sostentendo – in un’intervista per Repubblica.it – “noi siamo per il divieto del velo integrale. E non ci convince l’argomentazione per cui il bando sarebbe incompatibile con la libertà religiosa. Noi partiamo dal presupposto che i diritti fondamentali debbano essere intoccabili. Ma esistono diritti che possono entrare in conflitto l’uno con l’altro. In Germania il fatto di riconoscersi, di guardarsi nel viso, fa parte della vita quotidiana. Il velo integrale ha già creato tanti problemi, nella sfera pubblica”.
Lo slogan della Merkel, da 5 anni, è “ce la faremo”: non resta che sperare che lo sia ancora per un altro mandato.