Del: 26 Settembre 2016 Di: Nicolò Tabarelli Commenti: 0

unnamed In foto il ‘Grande Atto’

Chi vive a Milano, prima o poi, si è sicuramente imbattuto in uno dei manifesti del MEP, il Movimento per l’Emancipazione della Poesia.

Non a tutti il nome richiamerà immediatamente alle poesie che questo collettivo affigge per tutta la città, ma l’aspetto dei loro volantini, dalla firma con il nome in codice al timbro rosso del gruppo è sicuramente noto alla maggior parte dei milanesi.

Sul loro sito si definiscono così: “Il Movimento per l’Emancipazione della Poesia, fondato a Firenze nel marzo 2010, è un movimento artistico che persegue lo scopo di infondere nuovamente nelle persone interesse e rispetto per la poesia nelle sue differenti forme.”.

Nel corso delle notti di sabato 24 e domenica 25 settembre il MEP ha compiuto un’azione affiggendo numerosi muri nei dintorni della Statale. Notevole soprattutto, l’opera che loro chiamano Grande Atto che consiste nell’ utilizzare un foglio A4 per ogni lettera per comporre una poesia a caratteri cubitali

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Uno degli esponenti del MEP, B.03, ha accettato di farsi intervistare da Vulcano Statale per spiegarci l’intento delle loro azioni, a patto che mantenessimo il suo anonimato.

Come e quando nasce MEP?

Il MEP è nato a Firenze nel marzo del 2010 dal desiderio di portare la poesia contemporanea in strada, senza intermediari, smarcandola dalle librerie, dai salotti e dando spazio a tutte quelle voci che si trovano nella forbice tra l’autore affermato e il dilettante. Siamo partiti con un sito, un manifesto e una casella mail. Dal 2010 ad oggi, sono nati una quarantina di nuclei in tutta Italia e tre all’estero (Berlino, Parigi, Siviglia). Quello milanese è stato il secondo dopo Firenze.

A cosa si deve la scelta di non usare canali istituzionali per far conoscere le vostre poesie?

Il MEP nasce in netta contrapposizione al mercato editoriale. Un editore ha forse più mezzi di un Movimento come il nostro ma è anche innegabilmente limitato dalla logica della vendita e del guadagno. Con il risultato, spesso, di relegare la poesia a ruoli marginali. Negli anni abbiamo ricevuto diverse proposte di pubblicazione, ma abbiamo sempre rifiutato di vedere associate a un prezzo le poesie dei nostri autori.

Ci sono, poi, autori del Movimento che hanno pubblicato libri propri, o in antologie. In quei casi viene chiesto loro di non diffondere con il MEP quelle stesse poesie che sono pubblicate altrove (per varie ragioni: esposizione del MEP a rischi legali per violazione del copyright, impossibilità di far salvo l’anonimato e dunque immediata riconoscibilità dell’autore, incoerenza teorica per il Movimento anche circa la gratuità di fruizione).

Quale significato ha l’anonimato dei vostri frammenti? Rifiutate la paternità delle vostre poesie? O addirittura quella della poesia in generale?

Il MEP non rinnega la paternità delle proprie poesie: ogni autore mantiene la proprietà di quello che “presta” al Movimento. Ogni poesia è firmata da una sigla che indentifica in modo univoco l’autore del testo, senza però permettere che alla sigla si associ il nome del poeta. Ogni poesia è protetta dal copyleft, che permette a chiunque di usare le poesie del MEP a patto di non modificarle, di citare la fonte e di non usarle a scopo di lucro.

Con quale criterio decidete dove affiggere le vostre poesie?

L’affissione delle poesie è la nostra attività principale ed è pertanto ben disciplinata da norme che rispettiamo rigorosamente: non attacchiamo mai poesie su monumenti e opere di street art, dal momento che nutriamo profondo rispetto nei confronti di tutto ciò che ha un valore culturale o artistico. Cerchiamo di attaccare il meno possibile anche su muri puliti perché non vogliamo che le nostre poesie siano un regalo, non un ulteriore elemento di degrado.

Le vostre opere sono pura poesia o vogliono essere un ibrido con la street art?

Più che “poesia di strada”, la nostra è poesia in strada.

Le nostre attività non si limitano all’attacchinaggio, ma comprendono anche l’inserimento di poesie in libri esposti in biblioteche, librerie e allestimenti di vario genere (a Milano, tra gli altri, abbiamo collaborato con la Fabbrica del Vapore, Lume, Mudec).

Dalle modalità con cui proponete le vostre opere al pubblico ci si aspetterebbe che fossero semplici strumenti di denuncia sociale, invece, spesso, le vostre poesie hanno toni intimistici. Perché affiggere una poesia intimistica ad un muro?

Diciamo che la denuncia sociale, più che nei contenuti delle poesie, è tutta nell’atto di attaccare il foglio al muro. Preferiamo lasciare agli autori la possibilità di esprimersi liberamente, senza indicazioni di forma o di contenuto.

Zelante burocrate zarista, più per dispetto che per convinzione.

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