Donald Trump è un mattatore, si sa, e si diverte con poco.
Pare che la sua ultima uscita sia stata la parodia al malore di Hillary Clinton che si era sentita male durante la commemorazione dell’11 settembre a New York.
Per rincarare la dose, inoltre, ha continuato a sottolineare il fatto durante il primo dei tre dibattiti finali prima delle elezioni di novembre.
Il tycoon ha sostenuto che Hillary non sarebbe in grado di sopportare la pressione e nemmeno di camminare per 5 metri di fila.
Ciliegina sulla torta, la finta che Trump, tornando verso la sua tribuna, ha fatto, fingendo di cadere.
La Clinton effettivamente ha davvero avuto un mancamento, dovuto alla polmonite che i medici le hanno diagnosticato, monitorata e curabile con antibiotici.
Nonostante le minacce alla salute, tuttavia, la candidata democratica è comunque in testa – con il 43% delle preferenze, secondo un sondaggio condotto per Fox News – mentre l’avversario Trump è in ribasso al 40%.
Uno dei punti più oscuri del programma di Hillary Clinton riguarda l’argomento delle armi: l’ex senatrice sarebbe propensa a renderne più difficile l’acquisto, motivo di un alto tasso di morti in tutti gli USA.
Non è così semplice, però, abbattere il monopolio delle lobbies delle armi negli Stati Uniti.
L’associazione che controlla la vendita e lo smercio delle armi è la National Rifle Association (o RNA), che agisce a favore dei detentori di fuoco negli Stati Uniti. Creata espressamente per il sostegno dell’autodifesa armata, si richiama agli antichi diritti civili statunitensi, secondo cui il possesso di un’arma costituisce un diritto civile sostenuto nella Carta dei Diritti.
Il suo peso politico risiede nella sua natura di lobby che, in quanto tale, spesso finanzia compagnie politiche e si batte per il diritto di autodifesa.
Non a caso, la NRA è considerata una delle più influenti lobby politiche negli Stati Uniti, molto abile nell’accumulo di voti alle elezioni. In un modo o nell’altro, la vittoria è sempre assicurata.
Ci aveva già provato Obama, ora sta ritentando (o così pare) la Clinton, ma la battaglia è persa in partenza.
Non sono servite le 800 stragi in tre anni a smuovere le coscienze dei cittadini americani, lo sdegno e gli attivisti per abbattere l’immenso potere della lobby.
Il Congresso è interamente nelle mani della NRA.
A riprova del potere illimitato esercitato a Capitol Hill è il fatto che non sia ancora stata approvata (e non sembra nemmeno un’intenzione futura) una legge che indichi un criterio di vendibilità delle armi – almeno – ai malati di mente.
Le motivazioni, in realtà, non sarebbero da ricercare solo nella ferma morale dei senatori, ma nei loro ben più venali interessi economici. Banalmente, si tratta di soldi e consenso.
Negli ultimi anni, la National Rifle Association avrebbe speso mezzo milione di dollari all’anno solo per “finanziare” il voto dei congressisti.
Sulla lista compaiono anche nomi di una certa importanza: Marco Rubio e Ted Cruz, senatori di Texas e Florida da poco esclusi dalla corsa alla Casa Bianca (ma legalmente concorrenti fino a pochi mesi fa).
Tra i 46 senatori che avevano votato contro maggiori controlli per il possesso delle armi, 43 avevano ricevuto soldi dalla lobby delle armi nei dieci anni precedenti.
Il loro compito, inoltre, non è solo quello di bloccare ogni possibile legge contro la libera vendita delle armi, ma consisterebbe anche nel totale rifiuto di ogni possibile legge restrittiva.
Una delle battaglie più ardue vinte dalla lobby è stata quella sulla reciprocità statale: per legge è possibile trasportare un’arma da uno stato all’altro, qualora ci fossero coincidenze nell’amministrazione.
Obama non è stato ascoltato, nemmeno dopo 800 stragi. In caso di vittoria democratica, la situazione sarebbe dubbia, ma, propensa ad una soluzione.
In caso di sconfitta i Repubblicani manterrebbero – se non addiruttura aumenterebbero – gli interessi nei confronti della NRA.
Sul piatto della bilancia, morale e sdegno non contano nulla contro ricatti e sotterfugi economici. Nemmeno nella patria della libertà.