Città è il luogo in cui siamo quando non siamo in viaggio.
Nel viaggio il luogo lascia il posto allo spazio e lo spazio vissuto si riduce al tempo che separa la partenza dall’arrivo.
Questa distanza – il tragitto – è il tratto che unisce tra loro centri in cui la possibilità di vivere è più concreta.
Se il tragitto è temporaneo, la città è permanente; se il tragitto allontana, la città accoglie; se il tragitto è aspettativa, la città è certezza; se il tragitto è tratto di movimento, la città è punto di riferimento.
Dal 1976, ogni vent’anni, per tre giorni all’anno, si svolge una conferenza delle Nazioni Unite su housing, sviluppo urbano e futuro delle città: Habitat. Si tratta di una delle iniziative politiche contemporanee più apprezzabili e globalmente decisive, che coinvolge grandi personalità della politica e dell’urbanistica e nell’ambito della quale emergono interessanti posizioni e proposte radicalmente innovative rispetto a tematiche che, nel loro complesso, ci riguardano da molto vicino. L’ultima edizione, tenutasi a Quito, si è aperta lunedì 17 ottobre 2016, concludendosi giovedì 20.
Una delle posizioni più interessanti emerse in questo convegno è quella sostenuta da Enrique Peñalosa, sindaco della capitale della Colombia, Bogotà, nonché figlio dell’organizzatore (suo omonimo) della prima conferenza Habitat, tenutasi a Vancouver.
Peñalosa, in un’intervista a Mike Herd (The Guardian) e in una conferenza per il giornale online Ted, dichiara che ogni sua decisione e azione in capo urbanistico nasce come conseguenza di mirate riflessioni politiche.
La città stessa è πόλις (pòlis), in effetti, ed è qui che dev’essere possibile realizzare l’astratto, ovvero che i principi teorici contenuti nei diritti fondamentali e nelle Costituzioni devono poter avere forma. Questo comporta, di conseguenza, che la città rispecchi tali principi. Che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge lo si deve riscontrare nella vita di tutti i giorni: non solo, quindi, nei rapporti che si determinano all’interno di istituzioni (istruzione/lavoro), ma anche — e soprattutto — nel tempo libero.
Prima fra tutti, nella mobilità. E’ questa l’indice dell’evoluzione di una città ed è da qui che deve muovere ogni strategia politica intelligente.
Se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, allora, non è legittimo che un cittadino che dispone di una costosa automobile sia tenuto in maggior considerazione di uno che possiede una bicicletta. Non è nemmeno corretto che a un’auto che contiene una sola persona e a un autobus che ne contiene ottanta sia concesso lo stesso spazio.
Proprio dalla necessità di gestire gli spazi urbani nasce la proposta rivoluzionaria di Erique Peñalosa: sfavorire la rete di trasporti privati fino a — utopicamente — eliminarli, finanziando, di contro, progetti di mobilità sostenibile e alternativa che prevedono piste ciclabili, spazi verdi pubblici e trasporto urbano (metropolitana e autobus).
Bogotà, sotto l’amministrazione di Peñalosa, è diventata la prima città – anche prima di New York e Londra – a disporre di 350 km di pista ciclabile sicura e di una rete di corsie preferenziali per il trasporto pubblico. L’obiettivo è sensibilizzare i cittadini a sostenerlo e, attraverso l’urbanistica, risolvere il conflitto tra pedoni e automobili e spianare disuguaglianze sociali.
“An advanced city is not one where poor residents drive – it’s where rich residents use public transport” E. P.
Intensificare la rete di trasporti pubblici non significa semplicemente — come è stato sottolineato da posizioni critiche — complicare, limitandola, la viabilità; rappresenta, anzi, un abile tentativo di conciliare ingegnosamente ecologia, politica urbana, sociale ed economica.
Peñalosa afferma di mirare principalmente al benessere dei cittadini, mettendo in primo piano l’opportunità, se non il diritto, che hanno di godere dello spazio a loro disposizione. Il suo progetto — ai limiti tra l’utopistico e il rivoluzionario — si rivolge alle città future e a quelle in espansione, si snoda nella città considerata, prima di tutto, come luogo di accoglienza della comunità politica e come punto di partenza per la sua più completa crescita.
E’ un ideale politico, prezioso e raro da riscontrare, che ha, sia come occasione che come fine, la persona.