Del: 6 Ottobre 2016 Di: Gianluca Lardo Commenti: 0

“Hitler ha ucciso tre milioni di ebrei, ora ci sono tre milioni di narcotrafficanti. Sarei felice di massacrarli”.

Queste sono le parole rilasciate da Rodrigo Duterte, presidente filippino, l’1 ottobre scorso; egli però non risulta nuovo alla cronaca per le sue dichiarazioni.

Durante la sua campagna elettorale palesava un parere scandaloso verso il Papa definendolo testualmente:”Figlio di puttana”. Lo stesso attacco viene scagliato contro il Presidente degli Stati Uniti il 5 settembre scorso aggiungendo il 4 ottobre che Barack Obama “può andare al diavolo”. L’Unione Europea, dal canto suo, può accontentarsi di incassare “solo” un dito medio, dopo che il Parlamento europeo chiedeva di cessare le sommarie esecuzioni extragiudiziali.

Nella sua lotta al narcotraffico, in soli quattro mesi, il governo filippino ha infatti condotto alla morte più di 3000 cittadini. Oltre all’organo di Bruxelles, diverse organizzazioni a difesa dei diritti umani si sono mosse per regolare tale politica di sterminio, nella quale viene presunto il coinvolgimento di giovani innocenti, tra cui giornalisti. Duterte gode però di un assai ampio consenso da parte della popolazione, il quale ammonta al 91%, secondo un sondaggio condotto a luglio da Pulse Asian Research.

Oltre a ciò, vi è una fortissima collaborazione fra governo e forze armate, alle quali è stata affidata una black list dei principali sospettati all’interno del territorio nazionale. Così afferma l’ufficiale del PNP, polizia nazionale filippina, intervistato in incognito dal giornale britannico The Guardian: “Noi siamo come angeli, esattamente come San Michele e San Gabriele”. Quale passato si svela dietro una simile tempra? Duterte frequenta la scuola primaria a Davao dove subisce, insieme ad altri compagni, abusi sessuali dal frate Mark Falvey, il quale viene coinvolto in altri scandali nella città di Los Angeles. Il fratello, Arthur Falvey, viene condannato per i medesimi reati. Superata l’adolescenza studia scienze politiche a Manila e consegue la laurea in giurisprudenza.

Negli anni dell’università viene a contatto con il movimento studentesco di sinistra Kabataang Makabayan, i Giovani Patrioti. Alcuni dei suoi componenti daranno vita al CPP, Partito Comunista Filippino. Dal 1988 al 2016 assume la carica di sindaco di Davao, città dall’alto tasso di criminalità, rigenerata dalle sue politiche. Permette la costruzione di numerosi centri di recupero per consumatori di stupefacenti, operanti 24 ore su 24 e si impegna a preservare i diritti delle comunità musulmane e Lumad, in un paese all’81% fede cattolica. Nel 2015 Numbeo.com definisce Davao la quarta città più sicura al mondo.

Infine il 30 maggio 2016 viene eletto Presidente delle Filippine con il 37% dei consensi dando inizio ad un mandato già pieno di controversie.

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